Esteri

Sabotaggio sottomarino nel Baltico: arrestati i membri dell’equipaggio della petroliera russsa Eagle S

La petroliera, parte della "flotta fantasma" russa, avrebbe anche operato come nave spia per raccogliere informazioni sulla Nato

di Francesco Crippa

Cavo danneggiato, spionaggio e arresti: la Finlandia alza il tiro contro la Russia nel Baltico

Otto membri dell’equipaggio della nave Eagle S, sequestrata dalla Finlandia a dicembre, sono stati arrestati in seguito alle indagini sul danneggiamento di un cavo sottomarino nel Mar Baltico. È la prima volta che avviene per episodi di questo tipo e potrebbe essere sintomo di un impegno più concreto nel contrasto alla guerra ibrida portata da Mosca. Lo scorso 26 dicembre la Finlandia ha sequestrato la Eagle S, petroliera della “flotta fantasma” usata dalla Russia per aggirare le sanzioni imposte dall’Occidente, in quanto ritenuta responsabile del danneggiamento del cavo Estlink 2, che è lungo 170 kilometri e collega Estonia e Finlandia.

Il cavo è stato danneggiato il giorno di Natale da un trascinamento dell’ancora, per ora non ritrovata, e secondo le autorità finlandesi si tratterebbe di un’azione volontaria fatta per conto del Cremlino al fine di danneggiare i paesi europei. Di qui, il sequestro e quindi l’ispezione a bordo nella giornata di ieri 2 gennaio che ha portato all’arresto di otto membri su 24 dell’equipaggio. Terzo in pochi mesi, l’episodio aveva subito fatto puntare il dito verso la Russia, non solo da parte della Finlandia ma anche della stessa Unione europea, la cui Alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Kallas aveva affermato che “i recenti tentativi di sabotaggio nel Mar Baltico non sono eventi isolati, ma fanno parte di una strategia deliberata volta a colpire le nostre infrastrutture energetiche e digitali”.ù

Il caso della Eagle S, tra l’altro, comprenderebbe anche una parte di spionaggio. Come riporta il The Economist, secondo i dati del servizio di informazioni sulle spedizioni Lloyd’s list intelligence la nave era stipata di attrezzature usate per raccogliere dati sulle imbarcazioni e sugli aerei della Nato presenti in zona. Per rafforzare il contrasto a questa minaccia, il 30 dicembre la Nato ha tenuto un vertice a Bruxelles, annunciando che avrebbe rafforzato la propria presenza militare “per mantenere la vigilanza, aumentare la consapevolezza della situazione e scoraggiare futuri incidenti”, mentre il giorno precedente la prima ministra della Lettonia Evika Silina aveva dichiarato che “dovremmo impedir loro [le navi che fanno parte della “flotta fantasma”] di attraversare il Mar Baltico” e che “il nostro governo ha il potere di sequestrare quelle navi che non rispettano il diritto internazionale”. Una risposta muscolare, almeno nei toni, approvata dagli altri attori regionali e dal segretario dell’Alleanza Mark Rutte. Quanto fatto finora dalla Nato, che in primavera ha inaugurato a Northwood, nel Regno Unito, il Centro navale per la sicurezza delle infrastrutture sottomarine critiche, non sembra sufficiente.

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“La Nato non ha mai avuto una strategia che abbia avuto un impatto deterrente sulla flotta oscura”, ha commentato con l’Economist Charlie Edwards dell’International institute for strategic studies di Londra. Non a caso, i danneggiamenti sono frequenti. Tuttavia, limitare la libera circolazione delle navi, protetta dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, non è semplice. La Convenzione, però, si basa sul concetto di “passaggio inoffensivo” delle imbarcazioni ed è qui che si può intervenire. Sequestrando una nave che ha causato danni, si può riuscire a colpire la “flotta fantasma” russa (se la nave ne fa parte). Per questo, l’azione intrapresa dalla Finlandia può segnare un precedente importante e dare una svolta nel contrasto alla guerra ibrida che, ancora nascosta, sembra sempre più evidente