Esteri

Usa 2020, Biden/Cina e Asia, voto Myanmar, RECP e... pillole asiatiche

La settimana della (geo)politica asiatica

E così, alla fine, ha vinto Joe Biden. Nelle ultime pillole asiatiche di due settimane fa ci eravamo lasciati con la conclusione (appena avvenuta) del quinto plenum del Partito comunista cinese. Ci ritroviamo con il nome del presidente eletto americano, dopo giorni di suspense prima e veleni poi, che ancora potrebbero durare a lungo. Dopo qualche giorno di attesa, la Cina si è congratulata con Biden per la vittoria elettorale. In precedenza, si era pensato che Xi Jinping potesse aspettare l'andamento dei ricorsi legali di Donald Trump, anche per non dare un assist al già battagliero presidente uscente per azioni in grado di minare ulteriormente i rapporti bilaterali nei prossimi due mesi, nei quali (ricordiamo), il tycoon resterà comunque alla Casa Bianca. 

NUOVA STRETTA SU HONG KONG, NUOVI DIVIETI

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Poi però Washington ha introdotto nuovi divieti agli investimenti in aziende legate in qualche modo alla sfera militare cinese (mentre il ban di TikTok è stato rinviato). E sono arrivate le minacce di nuove sanzioni dopo l'ulteriore stretta a Hong Kong, dove l'esclusione di quattro candidati dell'opposizione dalle elezioni in programma il prossimo settembre hanno portato alle dimissioni in blocco del campo pro democrazia. La sensazione è che i due dossier, rapporti con gli Usa e Hong Kong, siano slegati per Pechino, sempre più vicina a completare la transizione dell'ex colonia britannica in una città al 100% cinese.. Ma la coincidenza di tempi è interessante e può aver portato a un'accelerazione sul riconoscimento di Biden.

La spiegazione più semplice, però, è che a Pechino si sono accorti prima di Trump che la partita era davvero conclusa. Poche ore dopo il messaggio cinese, infatti, è arrivata la conferma che il candidato democratico ha vinto non solo in Pennsylvania, ma anche in Georgia e Arizona. Due stati tradizionalmente repubblicani che cambiano casacca. 

COME CAMBIA IL RAPPORTO USA/CINA CON BIDEN

Che cosa può cambiare adesso nei rapporti tra Stati Uniti e Cina? Ne hanno scritto in tanti, per esempio Giulia Pompili e Alessandra Colarizi. Io ho provato ad analizzare la situazione prima del voto (qui) e dopo il voto (qui).  Staremo a vedere, intanto possiamo mettere in fila qualche spunto di riflessione:

-Cina e Stati Uniti resteranno rivali anche con Biden, ma cambieranno i modi

-Meno decoupling economico. La maggiore prevedibilità della nuova amministrazione possono avere ripercussioni positive sul dialogo in sede commerciale o sulla cooperazione su clima e sanità

-Resta l'attenzione sul tema tecnologico. Secondo indiscrezioni, Biden potrebbe nominare una personalità dell'industria dei semiconduttori al dipartimento che si occupa di "entity list" e di minacce alla sicurezza nazionale 

-Maggiore focus sui diritti umani. Aspettiamoci un Biden meno timido di Trump su Xinjiang e la stessa Hong Kong. Ma anche sul Tibet, dove già si immagina un incontro col Dalai Lama

-Ci si attende una maggiore presenza americana nelle organizzazioni internazionali. Già annunciati i rientri nell'accordo di Parigi sul clima e nell'Oms. Nel frattempo, a proposito di organismi globali, la WTO ha rinviato l'elezione della sua nuova guida a data da destinarsi, anche qui forse in attesa di Biden?

-I prossimi due mesi di Trump possono fornire nuovi argomenti a chi vuole sottolineare le disfunzioni della democrazia americana, come per esempio ha fatto la Cina durante le elezioni.

I RAPPORTI CON IL RESTO DELL'ASIA

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Questo schema a due è però incompleto, perché vanno considerati gli effetti dell'arrivo di Biden sugli altri paesi asiatici (qui avevo analizzato la situazione prima delle urne). Biden dovrebbe provare a ristabilire i legami messi in discussione da Trump, che con l'approccio del "non farsi fregare" applicato alla geopolitica ha fatto vacillare le posizioni di vari paesi dell'area. Così che, come abbiamo scritto tante volte, le potenze medie come Giappone e India si stiano muovendo per costruire un'alternativa "autoctona" alla Cina, in cui possano provare a fare a meno anche di un'America diventata improvvisamente instabile e imprevedibile. 

I RAPPORTI DI USA E CINA CON GIAPPONE E COREA

Tra le prime telefonate di Biden, non a caso, figurano quelle con Suga Yoshihide e Moon Jae-in, rispettivamente primo ministro del Giappone e presidente della Corea del sud. Il presidente eletto ha ribadito gli impegni e garantito la presenza americana. Tokyo e Seul hanno bisogno di un'America che si confronti con la Cina, senza però arrivare allo scontro. Un'America pronta a limitare l'ascesa di Pechino senza però chiedere agli alleati di recidere tutti i rapporti bilaterali. 

Nel frattempo, però, sembra che nelle prossime settimane Xi Jinping sarà a Seul, per il viaggio in Corea del sud che all'inizio dell'anno aveva dovuto rimandare a causa della pandemia. Nessuna nuova invece dal Giappone, dove il presidente cinese avrebbe dovuto a sua volta recarsi in visita di Stato. Tokyo e Seul hanno un rapporto complesso ma differente con Pechino, soprattutto in questo momento.

Il Giappone appare più assertivo (come nel caso delle isole Senkaku/Diaoyu, altro tema su cui sono arrivate le rassicurazioni di Biden), la Corea più dialogante anche perché sa che senza la Cina non può risolvere la questione del dialogo intercoreano. A proposito di assertività di Tokyo, potrebbe arrivare una legge per sanzionare i funzionari del Pcc considerati colpevoli di abusi nello Xinjiang. Una mossa che sarebbe senza precedenti.

Seul, tra l'altro, teme che Pyongyang possa provare azioni dimostrative in questa fase di transizione. 

Giappone e Stati Uniti daranno invece formalmente avvio nei prossimi giorni ai negoziati per la ridefinizione degli oneri economici relativi allo stanziamento delle forze statunitensi sul territorio giapponese.  I due paesi rinegozieranno il bilancio stanziato dal Giappone per la presenza militare Usa nel paese nell'arco dei cinque anni a partire da aprile 2021. Ma si potrebbe andare verso il rinnovo provvisorio di solo un anno.

IL MEGA ACCORDO ASIATICO RECP

Ecco che allora potrebbe venire riesumato il TPP obamiano, anche se prima arriverà il RECP, un accordo di libero scambio di dimensioni mastodontiche in grado di cambiare gli equilibri mondiali, con "il peso economico della Cina", scrive Alessandra Colarizi, che "rischia sempre più di arginare l’ascendente politico-militare degli Stati Uniti".

COME CAMBIANO I RAPPORTI USA/TAIWAN

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Nessuna telefonata invece a Tsai Ing-wen, la presidente taiwanese. Sull'isola in molti temono che senza Trump gli Stati Uniti possano disinteressarsi della sorte dell'isola. E la mancata telefonata, rispetto a quella avvenuta nel 2016, sembra rappresentare il primo termine di paragone scomodo per Biden rispetto ai tawanesi. Il Global Times ne approfitta per segnalare le possibili difficoltà di dialogo tra Taipei e Washington dopo il rapporto così stretto tra l'amministrazione Tsai e quella Trump. La realtà sembrerebbe in realtà molto diversa, con Biden che potrebbe essere più forte nelle azioni che non nelle parole o nelle azioni dimostrative. A livello politico, in realtà, molti a Taiwan potrebbero tirare un sospiro di sollievo con una presidenza americana che agisce con più concertazione e meno impulsività, esponendo chi è in prima linea come nei casi Oms e Tsmc (ne ho scritto diffusamente qui).

Nel frattempo, però, aspettiamoci nuovi sviluppi nei prossimi due mesi. Dopo la chiacchierata, e smentita, esercitazione militare guidata dai marines Usa a Taiwan, Pompeo ha annunciato per il prossimo 20 novembre un forum economico bilaterale dove si potrebbe parlare della possibilità di un accordo di libero scambio. 

 

CINA

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Come ormai abbiamo imparato a ricordare anche in Italia, l'11.11 è il Singles Day di Alibaba, una sorta di Black Friday all'ennesima potenza. Ma nonostante i record per le vendite online, la creatura di Jack Ma non può festeggiare visto che l'ipo di Ant Group, pronta a stabilire altri record, è stata fermata a pochi giorni dal via. E i giganti del tech cinese sono nel mirino delle autorità di Pechino, che ha annunciato una bozza per nuove regole anti-trust per le aziende che operano su internet. Tutto sarebbe partito da una decisione diretta di Xi Jinping. 

Xiaomi si sta avvantaggiando delle difficoltà di Huawei per aumentare le proprie vendite, in particolare all'estero. Italia compresa. Il colosso di Shenzhen vende Honor.

A Nanchino, intanto, nasce la prima "università dei chip" per provare a recuperare il terreno perduto in materia di semiconduttori. Tutto per andare verso l'autarchia tecnologica richiesta dal nuovo piano quinquennale con vista 2035 approvato dal plenum.

Ah, nei giorni scorsi si è tenuto l'annuale vertice della Shanghai Cooperation Organization (Sco). Xi Jinping ha invitato gli stati membri dell’organizzazione – India, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Tagikistan, Uzbekistan e Russia – a opporsi fermamente alle interferenze delle forze esterne negli affari interni. 

 

ASIA ORIENTALE

Giappone. Il principe Fumihito ha ricevuto formalmente il titolo di erede al trono di Crisantemo ieri, 8 novembre, a seguito dell'incoronazione del fratello maggiore, Naruhito, quale imperatore del Giappone, lo scorso anno.

Il sindaco di una piccola cittadina giapponese è diventato famoso perché il suo nome può essere pronunciato Jo Baiden.

Corea. Problemi per la super girl band delle Blackpink dopo un video con un cucciolo di panda.

 

INDO PACIFICO

Sono andati in scena in India i test militari in ambito Quad, con la partecipazione delle forze di Usa, India, Giappone e Australia.

Tornando per un momento agli Usa, l'India ha accettato di buon grado il nuovo accordo militare tra Stati Uniti e Maldive, dopo che negli anni scorsi si era opposta. Segno che la tensione anti cinese a Nuova Delhi si fa sentire.

Non a caso l'India ha regalato un sottomarino al Myanmar, proprio con un occhio sull'espansione marittima del Dragone.

A proposito dello scontro al confine dei mesi scorsi, la Cina sembra aver guadagnato terreno ma potrebbe arrivare presto un accordo.

Si apre però un nuovo fronte dopo che il progetto cinese di una mega diga non lontana dal confine conteso.

Le dispute territoriali, come sappiamo, non si limitano ai due big. Tensioni anche tra India e Pakistan da una parte, tra Cina e Nepal (quantomeno l'opposizione nepalese, più vicina a Nuova Delhi di quanto non sia l'attuale governo).

Nonostante la pandemia, il partito di maggioranza indiano ha vinto alle elezioni locali.

I rapporti tra Cina e Australia restano molto tesi. Pechino continua ad alzare barriere sull'import di prodotti australiani, mentre a Melbourne è entrata per la prima volta in azione la legge sulle interferenze straniere, ai danni di un esponente della comunità cinese.

 

SUD EST ASIATICO

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Asean

Fino a domenica, come si legge nella rubrica di China Files a cura dell'Associazione Italia-ASEAN, la comunità Asean è chiamata a uno dei più importanti appuntamenti del 2020, la 37° edizione dell’ASEAN Summit. Si tratta dell’ultimo vertice ospitato e presieduto dal Vietnam e avrà come tematiche principali il contrasto alla pandemia di coronavirus ancora in atto e le strategie per una ripresa rapida e agevole, l’aumento della cooperazione e dell’integrazione sia regionale che con i partner internazionali e la designazione delle priorità per il futuro. Principale oggetto di discussione del Summit sarà però la ratifica del Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP).

Nel terzo trimestre aumenta intanto l'interscambio commerciale tra la Cina e i paesi dell'area Asean, in molti i casi primi a riprendersi dalla pandemia.

Al via progetti di cooperazione e interconnessione economica e logistica tra Cina e Singapore. Passi avanti nel dialogo anche sul delicato tema della valle del Mekong.

E' uscito il nuovo numero di Rise, il periodico di T.wai (Torino World Affairs Institute) sul Sud-est asiatico. Il volume è interamente dedicato alle Zone Economiche Speciali e ai loro effetti, positivi e negativi, sui paesi dell'area.

Myanmar

Mentre in Thailandia continuano le proteste, in Myanmar si è votato per le elezioni generali. La Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi ha vinto di nuovo, nonostante le tensioni etniche irrisolte, in particolare nello stato del Rakhine. Segno che il tema è più sentito all'esterno che non all'interno, anche se in diverse zone le minoranze non hanno potuto votare e chiedono di tornare alle urne, appoggiate dall'opposizione che chiede di ripetere il voto.

Come ho raccontato qui, il clima del voto era stavolta molto diverso rispetto a quello del 2015, quantomeno tra gli osservatori internazionali. Gli stessi osservatori che hanno costruito una fiaba diventata distopia, come raccontato nella recensione dello splendido libro di Thant Myint-U (pubblicato da add editore), "L'altra storia della Birmania". Qui un'analisi del voto con Giulia Sciorati e Raimondo Neironi.

Il Giappone concederà al Myanmar un prestito di 414 milioni di dollari per investire nello sviluppo di infrastrutture stradali e facilitare il finanziamento di piccole e medie imprese.

Papa Francesco ha nominato Vescovo Ausiliare dell'Arcidiocesi di Yangon (Myanmar) il Rev. Noel Saw Naw Aye, del clero di Yangon, finora Procuratore dell'Arcidiocesi di Yangon e docente di Sacra Scrittura nel Seminario Maggiore, assegnandogli la Sede titolare di Malamocco.

Vietnam

Il ministro dell'Informazione del Vietnam accusa Netflix di non pagare le tasse.

Indonesia

La vittoria di Biden potrebbe, secondo Asia Times, complicare il piano di Giacarta di lanciare un fondo sovrano da 5 miliardi di dollari nel 2021.

Il leader islamista Rizieq Shihab è tornato in Indonesia dopo un auto esilio di tre anni in Arabia Saudita.

Filippine

Da capire come si può strutturare il rapporto tra Biden e il presidente filippino Duterte. Nel frattempo, Manila rinvia di altri sei mesi la decisione per un possibile rinnovo dell'accordo difensivo con gli Usa.

 

TAIWAN

Nuova ondata di polemiche sull'Oms dopo che Taiwan è rimasta ancora fuori dalle riunioni dell'organizzazione nonostante gli ottimi risultati nella gestione della pandemia.

Tsai manda ancora una volta il fondatore di Tsmc al vertice Apec, mentre la Cina cerca di sedurre manager taiwanesi con un progetto di integrazione economica basato sulla provincia del Fujian.

Negli scorsi giorni si è votato in due piccoli paesi insulari che hanno rapporti diplomatici con Taiwan: Palau e Belize. In entrambi i casi, sembra che la relazione possa continuare, al contrario di altri casi recenti in cui le urne avevano portato a un cambio geopolitico con alcune cancellerie che avevano deciso di schierarsi con Pechino, come per esempio Isole Salomone e Kiribati.

La Turchia ha ribadito la sua aderenza al principio dell'unica Cina e ha rimosso un tweet di Erdogan nel quale compariva la bandiera di Taiwan insieme a quella di altri paesi che hanno spedito materiale sanitario ad Ankara per la pandemia.

In Cina si è diffusa la voce che il presidente del Senato della Repubblica Ceca, andato in visita a Taipei lo scorso agosto, abbia ricevuto una somma in denaro per convincerlo alla missione diplomatica. Ricostruzione smentita.

Segnali pro Taipei in arrivo dalla Lituania.

 

CINA/EUROPA

L'offensiva anti cinese degli Stati Uniti in Europa si allarga. E fa presa anche laddove si pensava che non potesse mai farlo. Per esempio in Europa orientale, dove si moltiplicano gli stop al 5G cinese, e persino nei Balcani

Pressing americano anche su Grecia e Portogallo.

Un round per Huawei in Svezia.

 

CINA/AFRICA

La Cina, il più grande importatore mondiale di semi di soia, sta aprendo il suo mercato alla Tanzania nel tentativo di ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti e dal Brasile per le forniture di semi oleosi.

Huawei ha presentato in Africa il suo nuovo smartphone Mate 40 che per la prima volta viene preinstallato con un portafoglio elettronico integrato che utilizza lo yuan digitale. La presa tecnologica cinese in Africa è molto forte.

 

CINA/SUDAMERICA

Il Brasile ha bloccato la sperimentazione del vaccino cinese Sinovac, anche se dietro ci sarebbero motivazioni politiche e non solo sanitarie.

Secondo Foreign Affairs, le politiche di Trump e il rinnovo della dottrina Monroe in America Latina hanno danneggiato l'influenza americana in Sudamerica e favorito l'ascesa cinese.