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Bud Light e testimonial trans, da birra più amata d'America a birra più odiata

a cura di Redazione

E' bufera sulla campagna pubblicitaria dell'azienda statunitense affidata all'influencer Dylan Mulvaney. Chieste le dimissioni del ceo Brendan Withworth

Bufera su Bud Light dopo le accuse dell’influencer transgender: "Il ceo si deve dimettere"

E' ufficiale. Bud Light ha perso il titolo di birra più venduta negli Stati Uniti e adesso nemmeno il suo futuro è più così roseo. Quello della Bud Light è stato un vero e proprio crollo verticale, che ha un nome e cognome – quelli di Dylan Mulvaney, influencer transgender a cui lo scorso aprile Bud Light consegnato alcune lattine-omaggio personalizzate come parte di un accordo di sponsorizzazione.

Peccato che la Mulvaney ha accusato l’azienda di averla abbandonata alla mercé degli haters durante la campagna di boicottaggio scatenata dalla sua pubblicità. Da quel momento la Bud Light è stata protagonista di un caso mediatico e ha perso una enorme percentuale dei suoi introiti sul mercato. Oltre alle accuse dell’influencer, anche il ceo Brendan Withworth deve difendersidagli attacchi della società madre, la Anheuser-Busch, e da alcuni ex esponenti di livello della compagnia che hanno pubblicamente chiesto le sue dimissioni.

Da aprile, quando l'influencer ha sponsorizzato alcune lattine di Bud Light in un video su Instagram, Mulvaney ha dovuto affrontare stalking e attacchi personali, senza alcun tipo di supporto da parte della casa produttrice di birra, come ha raccontato lei stessa sui social. "Da quel video sono emersi bullismo e transfobia in una maniera che non avrei mai potuto immaginare. Sono stata seguita e ho provato una solitudine che non auguro a nessuno. Stavo aspettando che il marchio mi contattasse, ma non l'hanno mai fatto, per un'azienda assumere una persona trans e poi non sostenerla pubblicamente è peggio, a mio parere, che non assumerla affatto", così Mulvaney in un nuovo video su Instagram.