Green
Caldo record, gli esperti ad Affari: la rapidità della crisi ambientale preoccupa

di Paola Serristori
Il 2015 potrebbe essere l'ultimo “anno di fuoco” del pianeta Terra, attaccato dai disastri - dalle alluvioni agli incendi, uragani ed inondazioni - causati dal cambiamento climatico, che ha alla base l'inquinamento. O meglio, lo sfruttamento sregolato delle risorse naturali necessarie alla vita. Al contrario, l'ultimo anno utile per invertire il processo in atto che porta alla catastrofe. E' urgente un accordo tra i Paesi industrializzati e per questo a fine anno si terrà a Parigi la ventunesima sessione della Conferenza dell'Onu dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro sul Cambiamento Climatico (COP21/CMP11). In vista del summit, anche l'Università Sorbonne ha organizzato un programma di conferenze “Sciences à coeur. Le climat. Enjeux scientifiques et sociétaux”. Affari ha sentito alcuni degli esperti del prestigioso ateneo sugli effetti del riscaldamento del pianeta.
La premessa dell'urgenza di trovare un'intesa mondiale per ridurre l'inquinamento, soprattutto attraverso i cosiddetti “gas serra”, che si spera venga firmata durante la conferenza dell'Onu, ci viene spiegata da Sylvie Crasquin, Direttore del Centre de Recherche sur la Paléobiodiversité et les Paléoenviroments, Université Pierre et Marie Curie, Parigi: “Ci sono state altre crisi climatiche nella storia della Terra, attraverso le epoche, ma di questa il dato che preoccupa è la rapidità con cui avanza. Erano state fatte delle stime iniziali che, col passare degli anni, sono state superate dall'evolversi dei fatti. Purtroppo siamo già in grado di dire che alcune specie animali si estingueranno a causa dell'impoverimento di ossigeno degli oceani”.
Sull'interazione tra clima e politiche tra sviluppo e conservazione, Luc Abbadie, Institut d'écologie et des Sciences de l'environment de Paris, specializzato in Ingegneria dell'ecosistema, sottolinea: “Esiste un'interazione reciproca del clima sull'ambiente e dell'ambiente sul clima. Più aumenta la temperatura e più si perdono specie: alcune di loro vanno incontro alla morte. Ci stiamo chiedendo quale sarà l'habitat e lo stato delle specie animali nel 2080, e questo vale sia per quelle senza migrazione che migratorie. E' evidente che è cambiata la durata delle stagioni. Dunque gli organismi devono adattarsi sia fisicamente che nei comportamenti all'ambiente. Cambierà il sistema di regolamentazione di alcune specie sulle altre, con selezioni di nuove, che possiamo definire 'post-darwiniane', con minori differenze genetiche tra coloro che sopravvivono”.
Il pericolo passa attraverso i buchi nell'ozono, ma anche sulla superficie terrestre l'equilibrio è compromesso: il “polmone” verde della Terra è stato fatto ammalare dall'uomo e non ossigena abbastanza il pianeta. “Ci sono molti elementi ed interazioni su comportamenti vegetali che producono CO2 - prosegue Abbadie – e la natura morfologica della vegetazione ha la sua importanza, ad esempio se abbiamo piante a foglia larga si ha maggiore traspirazione. E' già stato osservato che le piante tropicali hanno diminuito la fotosintesi perché fa troppo caldo. In queste condizioni cambia totalmente il funzionamento dell'ecosistema. Se ci si chiede se le foreste possono contribuire al raffreddamento o riscaldamento del pianeta rispondere diventa molto complicato. Se si impiantano in zona tropicale raffreddano l'atmosfera tramite l'evaporazione, in zona temperata invece si contribuisce a riscaldare per l'emissione di anidride carbonica (CO2). Anche l'allevamento è un fattore, per così dire, 'epigenetico' di influenza sulla salute della Terra. Meglio incentivare la presenza di erbivori, come vacche e capre, o l'agricoltura? La fertilità del suolo è bassa se esso è povero di carbonio. Le graminacee perenni con molte radici trattengono CO2 nel terreno. Dove ci sono meno vacche che calpestano le graminacee si ha minore presenza di CO2. Nel dilemma 'agricoltura contro pastorizia', possiamo dire se ci sono molte vacche non ci può essere suolo fertile. Bisognerebbe ripensare tutto lo sviluppo, e lo sfruttamento, delle risorse del pianeta”.