Marketing

Marketing musicale: i 15 errori più gravi della storia, da Sanremo ai Beatles

Di Lorenzo Zacchetti

Il talento non basta: anche i migliori artisti possono commettere gravi errori sul piano commerciale, comunicativo e del management

14) Menti semplici, scelte cervellotiche

Curiosamente, il più grande successo commerciale dei Simple Minds è stato una canzone che non volevano incidere, non avendola scritta in prima persona. Parliamo ovviamente di “Don’t you (forget about me)”, il cui famoso “la/la-/la/la-la” finale avrebbe dovuto inizialmente essere rimpiazzato da un testo vero e proprio, ma il cantante Jim Kerr non ci voleva perdere troppo tempo, non credendoci fino in fondo. Ancora meno lungimiranti furono Billy Idol e Bryan Ferry, che scartarono il brano prima che finisse agli scozzesi. Da parte loro, i Simple Minds sono spesso inciampati in scelte sbagliate. Dall’esordio “Life in a day” pubblicato quando secondo gli stessi autori ancora non era pronto, all’incapacità di fare sintesi che nel 1981 portò alla pubblicazione di un doppio album, “Sons and Fascination/Sister Feelings Call”, in seguito venduto come due album separati. Le controversie con manager e discografici hanno avuto il loro picco nel 2000, quando il gruppo rimase senza contratto e l’album “Our secrets are the same” venne rinviato e poi piratato su Internet. In quel momento, i Simple Minds sembravano non avere più futuro e Kerr decise di fare l’albergatore in Sicilia, dove tuttora vive. Il loro ultimo disco è uscito lo scorso ottobre e si chiama “Direction of the heart”… come il lato B di una canzone dell’album precedente, ripubblicata in versione aggiornata. Per non smentirsi mai.

 

13) Il lungo addio dei R.E.M.

Alla Warner Bros non riescono a perdonarsi di aver decisamente sopravvalutato i R.E.M., offrendo loro un contratto da 80 milioni di dollari per cinque album. Un’attenuante c’è: la scelta risale al 1996, quando era ancora vibrante l’eco di album di grande successo come “Out of time” e “Automatic for the people”. Blindare la band di Michael Stipe sembrava la cosa più furba da fare, ma la successiva uscita dal gruppo del batterista Bill Berry aprì una crisi che non si è mai risolta. Il successivo album “Up” (1998) si rivelò un flop commerciale clamoroso, inaugurando un declino che si è trascinato stancamente fino al 2011, con lo scioglimento del gruppo. Giusto il tempo di pubblicare i suddetti cinque album incautamente prenotati, ma la festa era finita ormai da tempo.