Politica

É guerra al riconoscimento facciale: tutti i modi per combattere il sistema

di Antonio Amorosi

Ecco le invenzioni che combattono la tecnologia di riconoscimento facciale che si sta diffondendo nelle nostre società mettendo a rischio le democrazie

Un movimento che contrasta il riconoscimento facciale: dalle maschere trasparenti alle visiere a led, dai vestiti alle carte fatte in casa

Lo Stato di polizia non è un destino e sta diventando anche una moda sottrarvisi. Il patto sociale che si sta diffondendo nei nostri Paesi, una vita più facile nella brillante e vuota società dei consumi in cambio della sottomissione alla sorveglianza digitale non è ancora scritto. Anche se gli Stati e le multinazionali ti seguono ovunque, con telecamere e sistemi digitali ad alta risoluzione, creando così mega banche dati per controllare e indurre a comprare prodotti, si stanno diffondendo tecniche per contrastare efficacemente gli strumenti di sorveglianza.

Argomento che dovrebbe diventare oggetto di discussione per l’opinione pubblica di ogni Paese e di legislazione per i decisori politici.

La trasformazione di un sistema autoritario come la Cina in un totalitarismo digitale sembra il destino di uno Stato che fa grandi investimenti in questo senso per controllare la popolazione. Ma anche le decantate democrazie Occidentali stanno puntando sulle stesse tecnologie di sorveglianza biometriche facciali minando alle fondamenta le società. Da giugno 2022, la Dogana e la Polizia di Frontiera degli Stati Uniti (CBP) ha installato un software di riconoscimento facciale in tutti i 160 aeroporti statunitensi in cui atterrano i voli internazionali e in alcuni aeroporti d'oltreoceano in cui sono presenti strutture d’accesso doganale agli USA. Stesso discorso vale per Polizia di Stato, la Guardia Civile e gli enti regionali spagnoli che a breve potranno usare il riconoscimento facciale con il programma ABIS (acronimo in inglese di Automatic Biometric Identification System), che utilizza l'intelligenza artificiale per identificare i cosiddetti “sospetti”, termine vago che può prendere nella rete chiunque.

A settembre di quest’anno, un tribunale britannico ha stabilito che l'uso da parte del governo della tecnologia di riconoscimento facciale non viola la privacy e i diritti umani.