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Politica
Gallerie, "sicura" solo una su cinque. Ma Salvini pensa al Ponte sullo Stretto

Il problema, però, sta sempre in quel “dichiarato dai gestori” che tradisce la posizione dell’autorità concedente, ossia il ministero, costretta nella stragrande maggioranza dei casi a verifiche per tabulas, fidandosi di quanto riporta la società concessionaria. Certo, le visite ispettive presso le gallerie si sono intensificate negli ultimi anni e sono arrivate a quota 60 dal luglio 2021 alla fine del 2022. Ma parliamo comunque di una media di tre o quattro al mese: numeri molto piccoli rispetto alla rete italiana. Tra i gestori coinvolti ci sono ovviamente Anas, Aspi e Gavio, per citare i nomi più noti.

E tutti ricordano che secondo Autostrade per l’Italia anche il Ponte Morandi era pienamente affidabile prima del crollo del 14 agosto 2018. Per carità, nessuna generalizzazione, proprietà transitiva automatica o processo alle intenzioni, anche perché i concessionari sono costretti ad adottare misure di sicurezza “temporanee minime” in attesa della finalizzazione dei progetti di adeguamento. Ma è chiaro che in queste condizioni, e facendo i debiti scongiuri, l’imponderabile va sempre tenuto in conto.

I gestori, secondo la relazione della Commissione per le gallerie, continuano ad addurre le solite motivazioni per giustificare i ritardi: l’elevato numero di tunnel, legato alla specificità morfologica del suolo italiano; la vetustà delle nostre infrastrutture; le mutate condizioni economiche e di scenario rispetto alla direttiva Ue che risale al 2004 (ma i concessionari hanno realizzato margini spropositati negli anni). La Commissione Ue, però, non l’ha bevuta e nel 2019 ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia. Insomma, mentre a Porta Pia ci si gingilla con i plastici, gli italiani che viaggiano sperano sempre di raggiungere quella benedetta luce in fondo al tunnel.

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