Politica
Lega, Salvini a Palazzo Chigi con un piano che vale da Nord a Sud
Lega, ecco il progetto (ambizioso ma non impossibile) di Matteo Salvini
Un piano ambizioso. Ma non impossibile. Matteo Salvini va avanti come un treno nel suo progetto di Lega nazionale, in grado di non essere più quel partito satellite del Pdl o di Forza Italia che era il Carroccio di Umberto Bossi, ma capace di ambire a governare l'Italia intera. Da Milano a Palermo. Da Verona a Bari. Il referendum indipendentista della Catalogna ha fatto emergere senza ulteriori dubbi il piano del giovane segretario leghista. Condanna delle violenze perpetrate dalla polizia spagnola, difesa della libertà di voto ma nessun endorsement della causa secessionista della regione di Barcellona.
Non a caso Salvini ha immediatamente precisato che i referendum autonomisti del prossimo 22 ottobre in Lombardia e in Veneto sono ben altra cosa e soprattutto sono "legittimi" in quanto riconosciuti dallo Stato centrale. Non era facile tenere a bada quel passato fatto di Padania libera e di ampolla nel dio Po, ma Salvini è stato abile a trovare le parole giuste per tenere insieme la rivendicazione di Maroni e Zaia di una maggiore autonomia, puntando sui dati del residuo fiscale che obiettivamente penalizzano fortemente Lombardia e Veneto, ma senza rilanciare la voglia di secessione di bossiana memoria.
A poco sono serviti il viaggio del secessionista Borghezio a Barcellona o le dichiarazioni anti-Madrid di Calderoli e Grimoldi ("L'Italia espella l'ambasciatore spagnolo"). Una posizione equilibrata che è anche riuscita a disinnescare la "bomba" Meloni, contraria ai referendum autonomisti ma che alla fine ha stemperato i toni annunciando di aver lasciato libertà di voto ai dirigenti di Fratelli d'Italia in Lombardia e in Veneto.
L'ultima visita del segretario della Lega in Puglia, come dimostra l'intervista di sabato scorso realizzata dal direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino (clicca qui), ha segnato una sorta di svolta. Sala piena e molto interesse a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, dove Salvini ha sciorinato un programma dettagliato di una destra nazionale, moderna e molto lontana dallo stereotipo populista e xenofobo che quotidianamente accompagna la Lega sui giornaloni nazionali e su quasi tutte le televisioni.
Prendiamo ad esempio l'immigrazione, tema chiave del programma leghista. Nessuna guerra agli stranieri, come qualcuno vuol far credere, ma regole certe e precise. "Chi scappa davvero dalla guerra ha il diritto di essere accolto", ha sempre detto Salvini. Ma, come avviene in ogni Paese del mondo, anche in quelli a guida socialista e laburista, i migranti economici vanno respinti e rimpatriati. Esattamente quello che facevano anche il Regno Unito di Tony Blair, gli Stati Uniti di Barack Obama e paesi liberali come il Canada e l'Australia. Anche a Ceglie il leader del Carroccio ha sottolineato, come sempre, che la sua battaglia è anche a favore degli immigrati regolari che rispettano la legge, più volte definiti "fratelli" e che "hanno gli stessi diritti e doveri degli italiani".
Il progetto di Salvini in definitiva è quello del buon senso, legato ai bisogni quotidiani delle persone. Un ragionamento che vale a Varese come a Lucca, a Matera come a Brindisi. Sulla scuola ad esempio no alla proposta che alle elementari e alle medie sia vietato bocciare gli alunni, come annunciato dal ministro Fedeli, altrimenti i nostri figli crescerebbero senza il concetto della disciplina e del rispetto delle regole e soprattutto con l'idea che in Italia tutto sia permesso.
Stesso discorso per il capitolo sicurezza e giustizia. Basta con gli sconti di pena e con i premi per i detenuti. Che a delinquere sia un italiano o uno straniero nulla cambia: se una persona viene condannata a 30 anni di galera deve scontare tutto il periodo di detenzione e non uscire magari dopo pochi anni grazie a qualche indulto o provvedimento simile. Certezza della pena quindi anche come deterrente.
C'è poi la difesa del Made in Italy. Come ha ben spiegato a Ceglie, Salvini non vuole mettere alcun divieto di acquistare prodotti stranieri - "ognuno è libero di scegliere" - ma vanno privilegiati e tutelati i cibi italiani anche e soprattutto nei confronti dell'Unione europea che, per fare un favore alle multinazionali tedesche e del nord-Europa, non ha fatto praticamente nulla per difendere il Made in Italy (invidiato in tutto il mondo). Il messaggio per agricoltori, artigiani, piccoli imprenditori è lo stesso: basta con la burocrazia che fa solo perdere tempo e denaro. Lo stato deve essere amico e non vessare chi produce e crea lavoro.
C'è poi il capitolo Europa. Ormai Salvini non parla più di uscire dall'euro e, anche alla luce della sconfitta di Marine Le Pen in Francia, ha intelligentemente trasformato la sua posizione nella richiesta forte di rivedere tutti i trattati, non solo quelli sulla moneta unica. Angela Merkel non è il male assoluto, secondo il leader leghista, anzi, la Cancelliera "sa tutelare l'interesse dei tedeschi in Europa", ha ripetuto anche ad Affaritaliani.it Salvini commentando il recente voto per il Bundestag.
Il punto è un altro e cioè sapere che a Bruxelles o a Strasburgo non si va con il cappello in mano o facendo dichiarazioni battagliere (come Renzi) fini a se stesse o in chiave elettorale, ma bisogna far valere davvero gli interessi dell'Italia e degli italiani. Anche, se necessario, con passi forti e netti come la riduzione dei fondi che ogni anno il nostro Paese dà all'Ue. Schiena dritta e idee precise, a Roma come in Europa.
Quello di Salvini, in definitiva, non è il progetto di una destra xenofoba, razzista e fascista, come i detrattori dipingono la Lega: si tratta di un programma semplice che mette il popolo (ecco l'accusa di populismo) al centro in contrapposizione a quest'Europa delle banche e a questa globalizzazione finanziaria. Può piacere o no, lecito, ma è del tutto normale che il Capitano, come lo chiamano i suoi, ambisca a Palazzo Chigi. Con un piano che vale sotto la Madonnina come sulle sponde del Tevere e lungo le pendici del Vesuvio.