Politica
Witkoff, persino Di Maio gli fa un baffo: il miliardario scelto da Trump che tratta con Israele scambiando diplomazia e affari
Nel confronto (impossibile) tra Witkoff e Di Maio emerge l’attuale distanza che si sta mostrando tra il dinamismo frenetico dell’amministrazione Usa e il barocchismo con cui si gingilla Bruxelles
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Steve Witkoff
Witkoff, il miliardario scelto da Trump che tratta con Putin e Israele
C’è chi ha Steve Witkoff, c’è chi ha Luigi Di Maio. Sul terreno della diplomazia internazionale l’uomo indicato da Donald Trump come inviato speciale per il Medio Oriente è certamente perdente, nei confronti di Di Maio. Il nostro “Giggino”, al di là del soprannome persino troppo amichevole, è “rappresentante speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico” dal 2023, confermato nel ruolo per altri due anni anche dalla nuova Commissione europea. Certamente, in questa scelta rinnovata di fiducia, pesano i tre anni passati alla Farnesina, come ministro degli Esteri del Governo Conte 2 e del Governo Draghi, il Governo dei “migliori”, titolo che quindi Di Maio ha potuto esibire convintamente anche nei contesti internazionali.
Il povero Witkoff che cosa può contrapporre a cotanto curriculum? Ecco, può allontanare da sé l’aggettivo “povero”. Avvocato immobiliarista, divenuto imprenditore di successo nel settore, fondatore del Witkoff Group, proprietario di palazzi a Londra, Miami, New York: vanta un patrimonio netto di 500 milioni di dollari.
Ma ha un curriculum inesistente sul fronte della politica e delle relazioni internazionali (almeno a livello istituzionale). Tutto business! Solo business. Anche nei Paesi del Golfo, soprattutto nei Paesi del Golfo: una predilezione per il Qatar, proprio dove il nostro “Giggino” è di casa come diplomatico affermato e ribadito.
Non ce ne vogliano, l’uno e l’altro per l’ironia. Ma anche nel confronto – impossibile – tra Witkoff e Di Maio, emerge l’attuale distanza che si sta mostrando tra il dinamismo frenetico dell’amministrazione Usa e il barocchismo con cui si gingilla Bruxelles. Si dirà che il paragone tra Stati Uniti ed Europa è improponibile; ma è certo che anche la scelta delle persone conferma lo spazio siderale tra il vecchio (vecchissimo) continente e l’ancor giovane (magari primitiva) democrazia di oltreoceano.
Gli interessi nazionali, coltivati attraverso la diplomazia internazionale, non sono una prerogativa della nuova presidenza americana. Non solo Silvio Berlusconi, ma già il Governo di Bettino Craxi, con Gianni de Michelis alla Farnesina, aveva scommesso sulla necessità di finalizzare le relazioni internazionali alle opportunità di sviluppo economico nazionale, quindi dell’Italia e delle sue imprese. L’Europa di oggi, sembra aver perso di vista i propri interessi domestici, che sono quelli che sommano e integrano gli obiettivi dei suoi Paesi membri. L’Unione europea è capace di progettare un Green Deal che finisce per scardinare l’automotive continentale e favorire l’industria cinese nello sviluppo delle energie rinnovabili (tutta l’industria al servizio dell’eolico è made in China). E poi si scandalizza che dall’altra parte dell’Oceano, al grido di “America first”, si buttino all’aria i compiti di decarbonizzazione cui solo l’Europa si è applicata come uno studente diligente ma non sempre intelligente.
La ruvida ventata dell’avvocato Witkoff nello scacchiere mediorientale ha provocato qualche sussulto e qualche dubbio, ma ha favorito una tregua – fragile, forse ma per ora l’unica possibile – che sembrava irraggiungibile.
Sarà un “fuori ruolo” ma il dinamismo imprevedibile di Steve Witkoff ricorda un po’ quello di un altro avvocato americano, assai diverso come approccio ma assai simile nella determinazione, James Donovan che nel pieno della guerra fredda riuscì a mediare con successo lo scambio di “prigionieri” tra Stati Uniti e Urss, portando a casa un risultato superiore alle aspettative, pur non essendo mai stato abituato alle grandi mediazioni internazionali. La fortuna del principiante? Forse, ma anche la spinta e la motivazione di chi ha un forte obiettivo da perseguire, prima che assicurarsi un posto comodo e caldo dove sedersi.
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