Politica
Pace armata FI-Lega, il doppio test: le nomine agli Affari europei e in Corte Costituzionale
Almeno formalmente, i due alleati di Giorgia Meloni hanno accolto l'invito ad abbassare i toni. Pace fatta tra Forza Italia e Lega? Lo diranno le nomine del nuovo ministro per gli Affari europei e soprattutto dei quattro membri della Corte Costituzionale
Pace armata FI-Lega, il doppio test: le nomine agli Affari europei e in Corte Costituzionale
Ufficialmente tra i due litiganti, Tajani e Salvini, è ritornata la pace. Così come descritto da Federico Capurso su La Stampa, i due hanno promesso al presidente del consiglio Giorgia Meloni di “abbassare i toni”. Ma il fatto che la promessa sia arrivata da due separate conversazioni che i due protagonisti hanno avuto con il capo dell'esecutivo, la dice lunga sul vero stato di tensione all'interno del centrodestra.
In primis, lo screzio tra il coordinatore di Forza Italia e il segretario della Lega, alla maggioranza è costato uno scivolone in aula, andando sotto sulla questione del canone Rai. Fatto non da poco, specie se si considera il clamore politico dato dalle votazioni in cui le opposizioni riescono a superare il governo. In secondo luogo poi, i litigi stanno avvenendo in un momento molto delicato per l'esecutivo, dove tra nomine da fare e scelte politiche da prendere, ogni nuvola può trasformarsi in tempesta.
Fitto a Bruxelles, chi ha al suo posto?
La prima grana era già messa in conto da tempo e riguarda la casella vacante lasciata dall'oramai ex ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto. Con la fiducia votata mercoledì a Strasburgo alla nuova commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, Fitto dal primo dicembre sarà vice presidente della commissione e già da oggi non sarà più formalmente ministro. La compagine di governo è quindi senza un tassello e il vuoto, nel giro di poco tempo, dovrà essere colmato. Circolano i nomi di Elisabetta Belloni e di Giulio Terzi di Sant'Agata come possibili sostituti, ma al momento non ci sono conferme e le deleghe sono state provvisoriamente assegnate al sottosegretario Alfredo Mantovano.
La grana, di per sé, è di poco conto. Forza Italia e Lega non sembrano voler rivendicare il posto lasciato da Fitto, tuttavia per Giorgia Meloni avvertire scricchiolii mentre una porta dell'esecutivo è aperta potrebbe rappresentare un problema. In una fase del genere, ogni questione irrisolta può avere effetti pesanti sulla tenuta degli equilibri.
Anche perché Giorgia Meloni è ben consapevole come, nella storia politica italiana, le prime battute d'arresto in parlamento danno origine a una spirale di tensioni che, se non arginata in fretta, potrebbe inghiottire la maggioranza nel vortice della crisi perenne. La stessa presidente del consiglio era all'epoca ministro quando il governo Berlusconi IV, a partire dall'autunno del 2010, ha iniziato ad avvertire i primi sintomi di insofferenza interna che hanno poi aperto la strada al governo Monti.
Il banco di prova dell'elezione dei membri della Corte Costituzionale
Digerita a fatica la questione canone e consapevole di dover nominare al più presto un nuovo ministro per gli Affari Europei, Meloni ora guarda quindi con una certa preoccupazione alle prossime scadenze. Una, in particolare, potrebbe rappresentare lo spartiacque della legislatura. Si tratta dell'elezione di quattro membri della Corte Costituzionale.
Fonti della maggioranza da Roma hanno fatto filtrare una bozza di accordo tra maggioranza e opposizione. C'è il nome del consigliere giuridico di Meloni, ossia Francesco Saverio Marini, osteggiato nelle settimane scorse dall'opposizione proprio per la sua vicinanza al numero uno di Palazzo Chigi. Ma il centrosinistra avrebbe dato l'ok in cambio del via libera a uno schema che prevede, oltre a Marini, tre nomine “moderate”.
Un membro della Corte dovrà quindi essere pescato al di fuori dai partiti, un altro invece dovrà essere scelto dal Pd, infine per l'altro membro da lasciar scegliere al centrodestra il nome più dibattuto in queste ore è quello del senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin. La presenza di un uomo di Tajani nella rosa di candidati alla Corte, sarà il vero banco di prova: se l'accordo passerà, vuol dire che le frizioni tra Forza Italia e Lega saranno tramontate, diversamente invece si sarà in presenza di un altro squarcio ancor più pesante da rattoppare.
Meloni spettatrice della “mini crisi” tra i suoi alleati
Mentre quindi ci si interroga sulla tenuta o meno del centrodestra, non si può non notare che quanto sta accadendo in questi giorni (o, per dire meglio, in questi mesi) rappresenti una novità nel panorama politico italiano. Solitamente infatti, lo scricchiolio di una maggioranza dipende da contrasti che coinvolgono direttamente il leader della coalizione.
Per restare all'interno della storia del centrodestra e all'esempio prima accennato sul Berlusconi IV, quell'esecutivo ha iniziato a perdere colpi quando sono aumentati i contrasti tra Gianfranco Fini, all'epoca presidente della Camera, e lo stesso Berlusconi. Il capo del governo invece in questo caso è solo indirettamente coinvolto: Meloni sta assistendo alla lite diretta tra i due suoi alleati e sembra aspettare impotente alla finestra sperando che i diretti interessati posino il guanto di sfida.