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Olimpiadi, l'allarme di Mornati (CONI): "Manca un legame tra scuola e sport"
L'intervista di Affaritaliani.it al segretario generale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) Carlo Mornati
Olimpiadi, l'allarme di Mornati (CONI): "Manca un legame tra scuola e sport"
L’Italia è reduce da una spedizione olimpica di successo. Con la bellezza di 40 medaglie a Parigi 2024 è stato eguagliato il record di Tokyo 2021, e con 12 ori contro i 10 della spedizione nipponica il trend è stato addirittura migliore. Dialogando con Affaritaliani il segretario generale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) Carlo Mornati racconta il lavoro con cui l’istituzione che coordina lo sport italiano ha lavorato per questo risultato ma lancia anche un allarme: la cultura dello sport va diffusa ovunque, a partire dalle scuole, per evitare che i risultati delle federazioni si perdano. Mornati, già canottiere argento nel quattro senza a Sidney 2000, segretario generale del CONI dal 2018, parla delle prospettive in tal senso. L’intervista.
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Mornati, un’Olimpiade da numeri record. Che storia raccontano le 40 medaglie azzurre?
I numeri sono figli di un trend positivo che dura da dieci anni e, soprattutto, del lavoro delle federazioni. Le medaglie sono un indicatore interessante perché rappresentano la punta dell’iceberg. Ma dietro di esse c’è un lavoro imponente. A Parigi faceva quasi sorridere la discussione sui quarti e quinti posti, rispettivamente 20 e 27 alla fine. Ma è statisticamente ovvio che in un movimento sempre più competitivo all’aumentare delle medaglie crescano anche posizionamenti di questo tipo.
Abbiamo visto un boom di attività degli atleti azzurri a Parigi nella lotta per le medaglie. Quali sono i numeri di questo processo?
Rispetto a Tokyo siamo saliti da 67 a 79 finali per i nostri atleti. Che erano, in complesso, 404: record di sempre per la squadra azzurra alle Olimpiadi, che copre il 3,8% della rappresentanza degli atleti. Un simbolo, dunque, di un movimento in salute. Di questi 404 ragazzi, 241 hanno giocato delle finali: se per molti atleti partecipare a un’Olimpiade è già un successo, molti dei nostri non vanno solo per questo. E circa un quarto degli atleti che hanno giocato finali hanno portato medaglie a casa.
Tutto questo in un’ampia varietà di discipline…
Su 48 discipline, l’Italia era qualificata in 38 e in 20 è andata a medaglia. L’Italia ha un movimento medagliato trasversale che è figlio della sua organizzazione orizzontale. Il CONI è un ente sui generis dal punto di vista organizzativo: è la confederazione delle federazioni che porta avanti tutti i movimenti omogeneamente. E questo si riflette nei risultati. Siamo l’unico Paese, assieme alla Germania, che riesce a compensare e a garantire ricambio laddove un centimetro, un millesimo o una stoccata possono fare la differenza. 20 discipline a medaglia sono tantissime per il nostro artigianato sportivo d’eccellenza.
Le medaglie esaltano l’eccellenza di sportivi, preparatori, allenatori. Ma spingono anche a pensare alle difficoltà superate. Che sfide devono vincere le federazioni?
Spesso le medaglie nascondono anche i problemi. E il Paese ha problemi legati al mondo dello sport, a partire da quelli di pratica: siamo il secondo Stato più vecchio al mondo, con sempre meno giovani. Ho fatto le mie prime Olimpiadi nel 1996: da allora nella generazione “olimpica” sono scomparsi 5 milioni di ragazzi. E questo è un problema che non è superabile, un depauperamento evidente.
Potrebbe supplire un ancoraggio maggiore tra sport e mondo della scuola?
Sarebbe fondamentale. Ma noi oggi paghiamo il fatto di non aver nel legame con le scuole un processo decisivo di avvicinamento dei giovani allo sport. Ne sentiamo l’esigenza principalmente guardando alle carenze dei nostri sport di squadra. In cui spesso il sistema sport suppliva perché i ragazzi si avvicinavano alla pratica per strada o negli oratori. L’artigianato supplisce, ma è localizzato. Diventiamo molto forti in discipline individuali espressione della geografia del Paese: il taekwondo praticato in due Paesi della Puglia, la scherma tra Jesi e Livorno, il canottaggio tra poche città del Sud e qualche centro lacustre del Nord. Lavoriamo su un capitale umano ristretto operando di cesello. Ma su altri fronti si può e deve migliorare.
I successi olimpici possono aiutare?
Le Olimpiadi hanno la funzione di risvegliare l’attenzione. Il nostro popolo ha una grande passione per lo sport a cui fa da contraltare una cultura della pratica sportiva bassa perché non gli è mai stata insegnata. Non si è mai fatto sport a scuola e non è certamente una pratica sportiva l’alfabetizzazione motoria che si fa nelle ore di lezione. Oggi paghiamo questo scotto anche perché altre istituzioni, come l’oratorio, si sono ridimensionate rispetto al passato. Senza andare a scomodare i college americani, è ovunque così: i ragazzini giocano a pallacanestro, pallavolo, calcio già dalle scuole elementari in molti Stati, da quelli dell’ex Jugoslavia a quelli dell’Europa occidentale. E la scuola dell’obbligo è l’unico contenitore ove si trovano tutti i giovani pressoché contemporaneamente per intercettarli.
Cosa sta facendo il CONI per ovviare a questi problemi?
Il CONI esiste da cent’anni e sta spremendo le 100mila associazioni sportive e le federazioni che da esse sono animate come un limone. Questo è un sistema che dovrebbe essere il terminale, mentre le associazioni surrogano le carenze del mondo scolastico ed educativo. Molti progetti su cui il CONI lavora sono legati ai centri di preparazione olimpica promossi in alleanza con le federazioni, muovendosi per specializzare un capitale umano ultra-specializzato e piccolo. Negli ultimi anni tra Roma, Formia e Tirrenia il CONI ha investito 40 milioni di euro per centri polifunzionali in cui le federazioni vanno in raduno pressoché permanente per prepararsi alle Olimpiadi e che operano come punti aggreganti dello sport di punta. L’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, al contempo, fornisce sostegno in forma continua e contribuisce attivamente a appoggiare e sostenere durante e fuori dalle competizioni le federazioni. A Parigi 7 ingegneri, 7 medici e 7 preparatori hanno lavorato continuamente per fornire rilievi e operazioni di match analysis, oltre che feedback immediati sul tema delle previsioni meteo.
Le prossime Olimpiadi Invernali saranno in Italia. Può esser l’occasione per risvegliare consapevolezza sul tema della cultura dello sport?
Il progetto di Milano-Cortina, sul fronte sportivo, è centrato: non cristallizza un’Olimpiade invernale su pochi territori ma lo rende un evento italiano, coprendo l’intero arco alpino, da Cortina a Livigno. Le istituzioni dovrebbero assecondare la fame che sta emergendo e la passione per seguire le discipline sportive che nel Paese rimane attiva. Ora l’Italia ha un ministero dello Sport, ha sviluppato con Sport & Salute un ente per la promozione della cultura sportiva. L’obiettivo sarà proporre un modello vincente, regolamentato e funzionante fuori dal coeso sistema-sport per ampliare il perimetro della pratica e ricordare, oltre l’entusiasmo di un’Olimpiade di successo, l’importanza dello sport per la nostra quotidianità e il nostro sistema