L'idea di primarie europee non sfonda. Questione di numeri: vincerebbe Berlino
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
La proposta del Presidente del Consiglio di indire delle primarie europee per scegliere il candidato socialista alla Commissione europea piace a molti a Bruxelles. Non c'é nulla di meglio che indire una consultazione popolare per accorciare le distanze tra Europa e cittadini, tra Istituzioni e taxpayers. Dare la parola al popolo insomma, anche se poi i leader europei sarebbero restii a rinunciare alla possibilità di scegliere a tavolino l'inquilino del Berlaymont.
L'idea di Renzi, lanciata domenica in concomitanza con le primarie di Milano, é quella di imitare il modello statunitense, in cui ogni partito organizza autonomamente in tutti gli Stati delle elezioni per poi andare ad individuare la persona che meglio incarna le aspettative dell'ala progressista europea. Il primo tassello per creare davvero un'entità federalista, gli Stati Uniti d'Europa.
Da Bruxelles però, superati i primi, facili, entusiasmi, arrivano i dubbi. Primo, l'Europa non é una federazione, ma un continente in cui convivono 28 nazioni e si parlano (quasi) altrettante lingue. Sono pochi quei cittadini che possono dire di conoscere veramente la politica europea e i suoi leader.
Certo, é una questione di esposizione mediatica e le primarie sarebbero un modo per fare conoscere volti nuovi agli elettorati nazionali. In fondo tutti conoscono il nome di Alexis Tsipras proprio perché tanto si é parlato, lo scorso anno, di Grecia e Grexit.
Ma la convinzione degli analisti é che primarie europee porterebbero inevitabilmente alla vittoria di un candidato tedesco. Il ragionamento é semplice: posto che l'Europa é lontana dall'essere percepita come una entità unitaria, che fa il bene comune, i cittadini degli Stati tendono ancora a mettere al primo posto il bene del proprio Paese (cosa che negli States non accade).
É quindi prevedibile che, a parte una piccola minoranza, ogni elettore scelga il candidato del suo Paese, anche solo per una questione linguistica. Sull'audience nostrana ha sicuramente più presa un candidato che parla italiano piuttosto di uno che parla svedese ed é tradotto in simultanea.
E qui viene il punto: se ogni elettore sceglierà il candidato del proprio Paese é probabile che vinca quello che rappresenta lo Stato più popoloso, in questo caso la Germania, che con 80 milioni di persone stacca di circa venti milioni l'Italia, la Gran Bretagna e la Francia.
Ma c'é di più. Per questioni linguistiche infatti, un candidato tedesco sarebbe appetibile dalle popolazioni di quei piccoli Stati in cui il tedesco é compreso se non addirittura parlato correntemente, come l'Austria, la Slovacchia, l'Olanda, la Repubblica ceca o la Danimarca.
Insomma, benché le primarie siano uno strumento di democrazia diretta il rischio é quello che si trasformino in una legittimazione popolare delle politiche di austerity portate avanti dagli Stati del nord guidati da Berlino. Un boomerang per Renzi che invece vorrebbe vedere un cambio di passo a Bruxelles.