Cronache
Denatalità, Filandri: "Serve intervenire sulle condizioni di lavoro femminile"
La sociologa dell'università di Torino dialoga con Affaritaliani.it sulle cause del problema demografico in Italia e sulle possibili soluzioni
Le donne, insomma, devono poter lavorare di più, e devono poter guadagnare di più. Più occupazione, più reddito, maggior possibilità di avere figli?
Chiaramente il migliore strumento di conciliazione tra lavoro e famiglia rimane il reddito; i soldi spiegano in gran parte il ritardo nel concepimento da parte delle donne italiane: se si vuole aumentare la “fertilità” della donna bisogna anzitutto investire nelle condizioni economiche che consentono alle donne di procreare. Ma i soldi non spiegano tutto; non si tratta solo di “lavorare di più e di guadagnare di più” per poter comprare i servizi necessari alla cura di un figlio.
Anzitutto perché non basta aumentare il lavoro, ma serve renderlo qualitativo. Le donne non solo sono meno occupate, sono meno pagate, ma hanno lavori più instabili: i dati dicono che, per esempio, i contratti a tempo determinato sono più diffusi tra le categorie “fragili” (tra cui appunto le donne). E anche l’incertezza lavorativa è un deterrente alla natalità… . Si tratta di problemi interconnessi: per esempio, il fatto che gli uomini siano pagati di più sul mercato del lavoro comporta anche che quando i costi di cura diventano eccessivi sia la donna a lasciare il posto di lavoro per occuparsi dei figli.
Se non è solo una questione di “quantità”, su cos’altro lo Stato deve intervenire per mettere le donne nella condizione di poter avere figli?
Stiamo parlando della necessità di interventi strutturali, che esulano il solo mercato del lavoro. Infrastrutture, e soprattutto servizi di cura, un sistema di welfare che vada incontro alle famiglie. In Italia c’è una carenza rispetto alla media dei Paesi europei, documentata, di servizi fondamentali come la presa in carico alla nascita, i servizi 0-3 anni e la scuola per l’infanzia. Questi, ancora troppo spesso, vengono presentati come “misure di conciliazione”, funzionali alla sola presenza della donna nel mercato del lavoro. O ancora le diverse proposte di congedo di paternità obbligatorio, e di pari durata a quello della donna.
A tutti gli effetti abbiamo servizi sufficienti a garantire la necessità che ci sarebbe sul territorio, e molto spesso quelli che ci sono non sono adeguati.