Cronache
Dj Fabo, i pm lo mettono nero su bianco: "Esiste il diritto al suicidio"
I pm chiedono l'archiviazione per Cappato e scavalcano la politica: "Esiste il diritto al suicidio"
Dj Fabo: pm, per chi è come lui esiste diritto al suidicio
Per chi e' nelle condizioni di Fabiano Antoniani, il giovane dj rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, esiste il "diritto al suicidio". Lo scrivono i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini nella richiesta di archiviazione per Marco Cappato che dovra' ora essere valutata dal gip Luigi Gargiulo. "Nelle condizioni in cui si trovava - argomentano i magistrati - e con l'esito che gli era stato prospettato in caso di rinuncia alle cure, bisogna riconoscere che il principio del rispetto della dignita' umana impone l'attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio 'diritto al suicidio' attuato in via indiretta mediante la 'rinunzia alla terapia', ma anche in via diretta, mediante l'assunzione di una terapia finalizzata allo scopo suicidario". Nel provvedimento, i magistrati ricordano come Antoniani avesse ricevuto una "prognosi irreversibile" e sottolineano le "condizioni drammatiche" in cui versava. "Quasi per un assurdo scherzo del destino - scrivono - la patologia che l'aveva privato della vista e del movimento non l'aveva reso insensibile al dolore" e "il corpo, inerte, era era percorso da insostenibili spasmi di sofferenza piu' volte al giorno".
Il riconoscimento del "diritto al suicidio" per chi si trova nelle condizioni di Fabiano Antoniani rappresenta un 'passo oltre', spiegano i pm, rispetto a quello a "lasciarsi morire", gia' sancito in altre vicende giudiziarie, come quella con al centro Eluana Englaro. "In questo caso - scrivono i magistrati - il riconoscimento di tale diritto a "lasciarsi morire" non soddisfa allo scopo: per Fabiano Antoniani, rinunciare alle cure avrebbe significato andare incontro a un percorso certamente destinato a concludersi con la morte, ma solo a seguito di un periodo di degradazione a una condizione ancora peggiore a quella in cui si trovava nel momento in cui ha preso la sua decisione. L'ordinamento italiano, che ha come fine ultimo proprio il perseguimento del 'pieno sviluppo della persona umana', non puo' consentire una cosi' grave lesione della dignita' di un individuo". "Qualora si dovesse rigettare l'interpretazione proposta della norma - concludono i pm Siciliano e Arduini - riteniamo che dovrebbe essere necessariamente sollevata questione di legittimita' costituzionale della stessa, al fine di verificarne la compatibilita' con i principi fondamentali di dignita' della persona umana e di liberta' dell'individuo, garantiti tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali".