Economia

Area Studi Mediobanca: cresce il fatturato delle tv ma il futuro è internet

I ricavi degli operatori italiani nel 2018 sono in crescita (+1,8 sul 2017). Dal 2021 la tv via internet sarà la più diffusa

L’Area Studi Mediobanca presenta la nuova edizione del Report TV: nel 2018 Il settore “televisione e radio” in Italia ha registrato un giro d’affari di €9 mld, in crescita dell’1,8% sul 2017. L’incremento riguarda sia la TV in chiaro, sia la TV a pagamento e, soprattutto, la radio.

L’Area Studi Mediobanca presenta la nuova edizione del Report TV in cui vengono analizzate le dinamiche dei principali operatori televisivi italiani attraverso i conti del periodo 2014-2019. Lo studio comprende inoltre un confronto con i maggiori gruppi televisivi europei privati e pubblici e un’analisi delle dinamiche più recenti e delle prospettive del settore per l’Italia.  

Il settore radiotelevisivo in Italia 

Nel 2018 Il settore “televisione e radio” in Italia ha registrato un giro d’affari di €9 mld, in crescita dell’1,8% sul 2017. L’incremento riguarda sia la TV in chiaro (€4,8 mld; +0,4%), sia la TV a pagamento (€3,5 mld; +2,9%) e, soprattutto, la radio (€0,7 mld; +6,7%).  

Rimane invariato il peso del comparto sul PIL nazionale, pari allo 0,5%. Il mercato radiotelevisivo si conferma, inoltre, fortemente concentrato, con i tre operatori principali (Rai, Mediaset e Sky Italia) che detengono congiuntamente il 90% circa dei ricavi televisivi totali.  

Gran parte dei ricavi della TV in chiaro è realizzata da Rai (47,3%) e Mediaset (34,3%), seguite da Discovery (4,3%), La7 (2,6%) e Sky (2%). Per quanto riguarda la TV a pagamento, il maggior operatore è Sky, che determina da sola l’80,3% del fatturato, seguita da Mediaset (12,4%). Questo comparto si conferma in buona salute grazie all’aumento dei ricavi da abbonamenti (+3,8%) che compensa parzialmente il calo dei ricavi da pubblicità (-5,6%), dovuto essenzialmente alla cessazione dei servizi di Mediaset Premium.  Con circa 4 ore di consumo medio giornaliero a persona, la televisione è il canale di informazione e intrattenimento al quale gli italiani sono esposti più a lungo durante la giornata.  

Mercato italiano: uno sguardo al futuro

Quest’anno l’Area Studi Mediobanca ha arricchito l’indagine sul settore radiotelevisivo con le previsioni di Mediobanca Securities, basate sui dati Nielsen del 2019.

L’ultimo anno, dal punto di vista del mercato pubblicitario, non ha prodotto risultati positivi: la raccolta pubblicitaria è scesa in generale dello 0,9%, con il forte calo della TV (-5,3%) parzialmente compensato dagli OTT Over-The-Top (+9,2%) e dalla radio (+1,7%). Difficilmente il 2020 si discosterà da questo trend anche se gli eventi sportivi del 2020, tra i Giochi Olimpici di Tokyo e il campionato europeo di calcio EURO 2020, potrebbero dare un’accelerazione alla raccolta pubblicitaria.

I servizi via internet continueranno a crescere, con Amazon, proprietaria di Prime Video, intenzionata a investire nella produzione di nuovi contenuti italiani e Disney pronta a lanciare in Italia dal 24 marzo 2020 la piattaforma streaming Disney+.

A livello più ampio, la TV continuerà a essere il principale canale ma, per contenere l’avanzata dei servizi OTT, è prevedibile prosegua il consolidamento del settore, come sta accadendo con il progetto “pan-europeo” di Mediaset finalizzato a integrare il mercato italiano e quello spagnolo.  

Il mercato televisivo europeo: il settore privato

In Europa il giro d’affari del mercato televisivo è pari a €100,3 mld nel 2018 (+2% sul 2017). A crescere è soprattutto la TV a pagamento (+4,3% sul 2017) grazie all’ integrazione delle offerte tradizionali con i servizi fruibili attraverso la banda larga (fonte: ITMedia Consulting).  I principali operatori privati hanno fatturato €59 mld, di cui circa la metà generato da operatori statunitensi. Al primo posto per ricavi, sempre tra gli operatori privati, spicca Sky (€15,2 mld), seguita da RTL Group (€6,5 mld) e da Netflix International (€5,6 mld). Ottavo posto per il primo broadcaster italiano, Mediaset (€3,4 mld).  

In media, nel periodo 2014-2018 i colossi privati del settore televisivo sono cresciuti del 9,2%. Ottime soprattutto le performance degli Over-The-Top Netflix (+80,3%), Prime Video EUGruppo Amazon (+63,9%) e DAZN Group (+10,6%).  

Il mercato televisivo europeo: il settore pubblico e il canone

La Germania detiene il servizio radiotelevisivo pubblico col maggior fatturato (€8,7 mld nel 2018), addirittura tre volte rispetto a quello italiano (€2,6 mld). Completano il podio Regno Unito (€6,6 mld) e Francia (€3,8 mld). La Germania è capofila anche per crescita del giro d’affari nel 2018 (+2% sul 2017), davanti alla Francia (+0,3%); in contrazione i ricavi della Spagna (-0,4%), dell’Italia (-1,7%) e del Regno Unito (-2,6%).

La Germania risulta prima anche in base ai ricavi della TV pubblica per abitante: 105 euro per ogni tedesco, 99 euro per ogni britannico, 58 euro per ogni francese e 42 euro per ogni italiano. L’Italia si distingue, però, per redditività industriale: la TV pubblica italiana è l’unica col segno positivo in Europa, con un ebit margin del 2,6%.

Marginalità negativa, invece, per Francia (0,3%), Spagna (-0,7%) e Regno Unito (-0,8%).  Meno positivi per l’Italia i dati sulla struttura finanziaria che la posizionano all’ultimo posto per solidità patrimoniale (debiti finanziari all’83,9% del capitale netto), mentre Spagna (9,4%), Francia (14,4%) e Regno Unito (53%) godono di migliore salute. Italia fanalino di coda anche per investimenti in infrastrutture (3,1% dello stock nel 2018) dietro a Francia (5,2%), a Regno Unito (5%) e Spagna (3,4%).  

Capitolo canone: l’Italia vanta il canone più basso fra i maggiori Paesi europei, inferiore anche alla media europea (€0,25 al giorno per abbonato contro una media europea di €0,372). Molto più costose per i contribuenti la TV pubblica tedesca (€0,58 giornalieri), quella britannica (€0,46) e la francese (€0,38). Dal 2015 al 2019, fra i maggiori Paesi europei, solo l’Italia ha ridotto il canone; la Gran Bretagna l’ha incrementato del 6,2% e la Francia del 2,2%, stabile quello tedesco.