Beni Stabili, il peso degli immobili Tim. I piani sul mattone di Milano
Per Goldman Sachs il titolo Beni Stabili (giù il target price) resta da vendere
Il mattone non tira più come un tempo, ma per Leonardo Del Vecchio è ancora un buon business, specialmente se riguarda Milano, città in cui Beni Stabili ha effettuato lo scorso anno acquisizioni per 221 milioni di euro (di cui 130 milioni in esclusiva), e il lancio del progetto “The Sign” da 9.500 metri quadrati di Via Schievano, da cui ci si attende un rendimento superiore al 7%. Quanto ai numeri da poco approvati, Beni Stabili, che il patron di Luxottica controlla al 50,098% tramite Foncier des Regions di cui è primo azionista col 28,4% (dopo aver apportato al gruppo francese la propria quota di controllo del gruppo italiano nel 2007), ha chiuso il 2017 con un utile in calo a 101,7 milioni di euro dai 106 milioni dell’anno precedente, ma i risultati sono apparsi nel complesso in linea con le attese, con un buon utile netto (grazie a minori oneri finanziari, in calo di 2 milioni di euro) “compensato da minori rivalutazioni per la svalutazione del portafoglio retail (15 milioni, contro attese pari a zero) che sarà oggetto di cessione” come notano gli analisti di Equita.
Un portafoglio, per inciso, che dovrebbe comprendere la sede di Coin Excelsior in Galleria del corso, a Milano, più altre strutture a Vigevano, Beinasco (Torino), Nerviano e Montenero di Bisaccia, per un valore complessivo di oltre 200 milioni di euro. Non solo: gli affitti lordi a parità di perimetro (204,8 milioni contro 204,2 milioni attesi) sono apparsi positivi e “sostenuti da una vivace attività di affitto” (la percentuale di occupazione ex Telecom Italia sale al 95,1% dal 93,1% dei primi 9 mesi del 2017), con tutte le iniziative di sviluppo che stanno registrando pre-affitti in aumento e Milano (64% del patrimonio) che “si conferma il motore della crescita (affitti a parità di perimetro +2,4%, valutazioni non Telecom Italia +5,4%)”.
Meno convinti della bontà dei numeri sono invece gli uomini di Goldman Sachs, che oggi hanno limato il target price da 62 a 60 centesimi di euro per azione (rispetto agli oltre 66 centesimi a cui tratta il titolo attualmente in borsa), mantenendo il consiglio “sell” (vendere il titolo), dopo aver ridotto le stime sull’utile per azione del 5% per quest’anno e del 8% per il 2019. Nel frattempo a riportare Beni Stabili sotto i riflettori è l’annuncio del prossimo lancio di un’emissione non garantita di obbligazioni “senior” decennali non convertibili per un importo atteso di 300 milioni. L’emissione sarà riservata ad investitori istituzionali e verrà quotata al Luxembourg Stock Exchange. Parte dei proventi derivanti dalle nuove obbligazioni saranno destinati al rifinanziamento dei debiti in essere, tra i quali spicca l’indebitamento riconducibile alle “Notes due 2019” che pagano un interesse del 3,5% e sono state emesse per complessivi 250 milioni di euro.
Non è la prima volta che Beni Stabili lancia un’operazione di “liability management”, avendo lo scorso ottobre già emesso un bond a sette anni per 300 milioni di euro a tasso variabile e pari a soli 15 punti sopra il midswap, pari al 1,625% annuo all’emissione. Finalità comune delle due operazioni è non solo la riduzione del costo del funding, ma anche l’allungamento della vita media del debito di Beni Stabili, al momento pari a quasi 6 anni. Pur “consapevoli della negativa esposizione ai tassi” gli uomini di Equita Sim ritengono che Beni Stabili offra “un profilo rischio/rendimento interessante, considerando che a una valutazione ragionevole (dividend yield pari al 4,8%, sconto sul patrimonio netto 2018 del 23%) si associano una forte execution e l’esposizione a un settore in buon salute e difensivo”.
Parole che in parte riecheggiano il giudizio formulato dai colleghi di Mediobanca Securities, secondo cui l’esposizione del 23% ad immobili locati a Telecom Italia, rende il business della società di Leonardo Del Vecchio “il più simile a un bond tra le Siiq italiane e quindi il più esposto al prossimo aumento dei tassi di interesse”. Gli uomini di Equita notano tuttavia come l’obiettivo di ridurre al 20% tale esposizione entro il 2020 sia stato quasi raggiunto con tre anni di anticipo rispetto ai piani e che come sia stato ceduto un ulteriore 9% delle quote della Sicaf a cui fanno riferimento i 150 immobili (sui 220 in portafoglio) apportati da Telecom Italia, valutati 1,5 miliardi.
Pur ribadendo di voler mantenere il controllo (51%) della Sicaf, Beni Stabili, concludono gli analisti di Equita, intende continuare a cedere asset al ritmo di circa 80 milioni di euro l’anno. Cessioni che, assieme a quelle delle quote della Sicaf, saranno preziose anche per fornire liquidità da investire in ulteriori acquisti, ancora una volta soprattutto a Milano, il cui peso dovrebbe salire all’80% del portafoglio. Vi è dunque spazio per vedere acquisti fino al 14% del patrimonio, ossia per circa 200 milioni, in linea dunque col valore del portafoglio retail che finirà a breve sul mercato. Su quali immobili si appunteranno gli occhi degli uomini di Leonardo del Vecchio?
Luca Spoldi