Economia

Covid,il virus non infetta il valore di Borsa delle big dell'industria-servizi

In fumo 75 miliardi di ricavi, 14 di profitti, via 10 mila dipendenti, ma la capitalizzazione cresce nell'anno della pandemia: la fotografia di Mediobanca

Ben 75 miliardi di ricavi bruciati, 14 miliardi di profitti spariti, 86,9 miliardi di liquidità in cassa in crescita per il blocco degli investimenti e 5,2 miliardi di capitalizzazione di mercato complessiva (+1,4%). E' l'impatto della pandemia di Coronavirus sulle big dell'industria e dei servizi quotate a Piazza Affari, 27 società che rappresentano un valore di Borsa totale di 386 miliardi di euro. Si tratta di 16 società a controllo privato e 11 società a controllo pubblico, 17 manifatturiere, 6 energetiche/utilities, 3 di servizi e 1 petrolifera.

Secondo la fotografia scattata dagli analisti di Piazzetta Cuccia il fatturato aggregato è calato del 18,6% con una contrazione del 14,3% per il manifatturiero e del 37,1% nel settore petrolifero, ma ci sono stati anche exploit di senso opposto come quello di Diasorin (+27,1%). A livello di risultato operativo la contrazione rispetto al 2019 è stata pari a 19 miliardi.

La minore redditività, insieme alla scarsa visibilità sul futuro a breve, ha portato alla distribuzione di 1,4 miliardi di dividendi in meno (-12%) e una riduzione di 4 miliardi negli investimenti. Balzo per la liquidità: +22 miliardi (+34,5%). Il 2020 si è chiuso con 86,9 miliardi in cassa, pari al 28,6% dei debiti finanziari: tale rapporto era al 23,0% a fine 2019.

Per quanto riguarda la capitalizzazione, forte spinta positiva delle società manifatturiere che hanno guadagnato 19,7 miliardi rispetto al 2019 (+10,9%) e delle energetiche/utilities (+9,5 mld; +8,2%). Si registra una riduzione del valore di Borsa per i servizi (-4,4 mld; -12,9%) e per il petrolifero, rappresentato da Eni, che ha subito la frenata più netta (-19,6 mld; -38,8%).

Campioni di crescita in Borsa: DiaSorin (+47,4%), Inwit e Interpump (entrambe +42,8%), Prysmian (+35,3%) e Amplifon (+32,8%). Saipem (-49,4%), Leonardo (-43,4%) oltre alla già citata Eni sono invece i titoli con la maggior flessione. Al 23 aprile 2021 le 27 società industriali e di servizi quotate sull'indice Ftse Mib rappresentano un valore di Borsa totale di 431 miliardi in aumento del +11,7% da inizio anno, con un guadagno di 45 miliardi (+17,7% l'incremento delle società manifatturiere). 

Nel 2020 le società del Ftse Mib esaminate hanno occupato mediamente 723 mila persone. L'adozione di misure volte alla salvaguardia dei livelli occupazionali (quali il divieto al licenziamento) ha limitato la contrazione del numero degli occupati a un -1,4% pari a -10 mila dipendenti mediamente in meno rispetto al 2019. 

Lo studio contiene un focus sui gruppi manifatturieri con uno sguardo all'ultimo trentennio e al futuro e uno dedicato alle figure apicali nei Cda (età, genere, nazionalità e compensi). Lo stipendio medio di un apicale è stato pari a 2.056.600 euro lordi nel 2020 (di cui 834.100 euro la quota fissa e 1.222.500 la quota variabile), oltre 36 volte il costo medio del lavoro (56.900 euro).

Occorrono quindi 36 anni a un lavoratore "medio" per guadagnare quanto un suo "apicale" nel 2020: dal 1984 al 1999 per la quota fissa e dal 2000 al 2020 per quella variabile. Il compenso medio delle figure di comando cresce con la capitalizzazione delle società gestite: va da un minimo di 1.227.600 per gli apicali di societàcon capitalizzazione inferiore ai 5 mld fino ai 5.145.500 per gli apicali di societa' con capitalizzazione maggiore di 20 mld. La remunerazione media di un presidente donna è inferiore del 16,8% a quella di un presidente uomo.