Economia
Eni rinuncia ai giacimenti in Alaska per conquistare gli Usa con il green
La vendita dei giacimenti petroliferi in Alaska per esigenze di cassa ma anche per posizionarsi ancora meglio in chiave green e sostenibile sul mercato statunitense
Eni rinuncia ai giacimenti in Alaska per conquistare gli Usa con il green
Eni si ritira dall’Artico americano in nome delle esigenze di cassa…e del green. Il Cane a sei zampe ha annunciato la vendita per un miliardo di dollari dei giacimenti petroliferi offshore di Nikaitchuq e Oooguruk in Alaska a Hilcorp. Eni si ritira dal Grande Nord dove si era estesa nell’ultimo decennio, con avanzamenti significativi nell’era di Donald Trump e ufficialmente giustifica la mossa con esigenze aziendali: la mossa è definita “in linea con la strategia di Eni focalizzata sulla razionalizzazione delle attività upstream attraverso il ribilanciamento del portafoglio e la dismissione degli asset non strategici”. In altre parole: il petrolio dell’Alaska, estratto da Eni nei due giacimenti, vale meno degli obiettivi del Cane a sei zampe per il mercato nordamericano. In cui le rotte di espansione dell’azienda fondata da Enrico Mattei sono altre e parlano il linguaggio del green e della transizione energetica.
Sono Plenitude e Enilive le due aziende con cui il gruppo guarda al mercato Usa. La prima, l’erede di Eni Gas e Luce, è l’azienda chiave per la produzione da rinnovabili e negli States ha operato una profonda espansione del suo portafoglio. A inizio anno Plenitude ha operato un’importante espansione oltre Atlantico col contributo della sua sussidiaria americana Eni New Energy US. Quest’ultima ha ampliato il business di Plenitude nella generazione da rinnovabili siglato acquistando da Edp Renováveis l’80% di tre impianti fotovoltaici già operativi situati negli Stati Uniti. Parliamo dei parchi Cattlemen, (Texas), Timber Road (Ohio) e Blue Harvest (Ohio), architrave dell’operatività del gruppo nel territorio a stelle e strisce. A febbraio 2023 è stato inoltre inaugurato l’impianto fotovoltaico da 263 MW “Golden Buckle Solar Project” a Brazoria County, Texas.
La possibile apertura del capitale di Plenitude scalda i mercati finanziari
Inoltre, da tempo si rincorrono diverse notizie circa un grande dinamismo dei mercati finanziari per una possibile apertura del capitale di Plenitude, che ad oggi è interamente di proprietà di Eni eccezion fatta per la quota riservata al fondo svizzero Energy Infrastructure Partners (Eip) concessa tramite aumento di capitale riservato per circa il 7,6% delle quote (588 milioni di euro) su un valore stimato di oltre 8 miliardi di euro. Destinato ad aumentare qualora si proponesse una futura offerta pubblica d’acquisto finalizzata a rendere attenti al dossier gli investitori Usa.
Enilive parla già americano
Al contempo, Enilive, la società di mobilità sostenibile del Cane a sei zampe, parla già “americano”: di recente il 25% del capitale è stato conferito a Kkr, colosso del private equity a stelle e strisce che ha valutato il gruppo attivo nella transizione della mobilità verso un futuro più verde quasi 12 miliardi di euro. Kkr mira a far crescere investimenti e dividendi e per Eni oggi a essere strategico è ciò che crea profitto non solo operativo ma anche sotto forma della valorizzazione finanziaria degli asset. La scelta di alienare i giacimenti dell’Alaska, in quest’ottica, serve a presentare come più verde e sostenibile la strategia del gruppo, di fronte a un pubblico americano che da tempo ha contestato le scelte di proseguire le trivellazioni nel Mare di Beaufort e negli altri spazi marittimi e oceanici dell’Artico. Eni ha trovato il suo Klondike nella sostenibilità: e per gli investitori Usa, rendere appetibile la società passa anche attraverso la vendita di asset non più strategici come in passato in portafoglio ma la cui vera utilità può arrivare nel momento in cui un gruppo decide di spogliarsene.