La logistica affonda i porti italiani. I dati
Il trasporto marittimo va, ma la logistica fa ancora flop. Ed i porti nazionali continuano a perdere in competitività. Dopo due anni consecutivi contrassegnati dal segno meno, l’interscambio commerciale via mare riprende a crescere, attestando sia ad un +2,7% (dati Srm di Intesa Sanpaolo). Il segno positivo è riconducibile da un lato alla crescita dell’export (+6%) e, dall’altro, alla contrazione dello 0,5% dell’import, un valore più sottile rispetto al passato. E, sempre rispetto al passato, Estremo e Medio Oriente raggruppano il 35% del traffico marittimo totale. Cresce anche la quota relativa all’interscambio con il Nord America (14,7% del totale), mentre si riduce quello con l’Africa settentrionale.
Nonostante i risultati positivi di Srm, l’Italia non sviluppa il proprio sistema logistico con una perdita di competitività per i suoi porti. Solo il Mediterraneo, per esempio, vale 50 miliardi di euro l’interscambio commerciale per il nostro Paese. Ma il suo valore potenziale è molto più alto. Che cosa si fa per facilitare e velocizzare i traffici che hanno origine nei porti italiani? E perché non si riesce ad intercettare quelle merci che transitano per il Mediterraneo dirette al Nord per poi tornare in treno in Italia?
“Carenza di investimenti sulla rete ferroviaria, ma anche la mancanza di programmazione e di politiche di sviluppo poco mirate sono alla base della defaillance”, afferma ad Affaritaliani.it Antonio Corvino, economista, nonchè direttore generale dell’Osservatorio Banche Imprese di Economia e Finanza. Nei mesi scorsi l’Osservatorio ha tracciato le linee guida per la creazione di una piattaforma logistica nazionale; un progetto esecutivo finanziabile con i fondi strutturali 2014-2020, che punta all’integrazione sinergica di porti, aeroporti e rete ferroviaria, comprendente nell’offerta logistica anche il settore produttivo ed i suoi nuclei industriali. Un progetto in grado, secondo i suoi estensori, di far intercettare ai porti italiani quelle merci che navigano nel Mediterraneo per sbarcare nel Nord Europa nei porti di Amburgo e di Rotterdam per poi ritornare in Italia in treno. Una situazione che declina tutte le insufficienze del nostro Paese. “In Italia manca ancora una visione strategica del sistema logistico e portuale e di politiche di sviluppo mirate. Come è assente qualsiasi forma di programmazione, anche a causa dei vincoli ambientali che prevalgono su ogni cosa. A parte queste cause che penalizzano l’economia marittima del Paese, a livello politico ed anche produttivo non si è ancora capita l’importanza che lo scenario mediterraneo offre. Così, mentre l’Italia sta a guardare, altri Paesi lontani come Cina e Stati Uniti intrecciano rapporti sempre più stretti con il Nord Africa e non solo”.
Per il direttore generale dell’Obi, il divario è solo in parte infrastrutturale. Anzi, “limitarsi ad osservare solo questo aspetto fa perdere di vista gli altri fattori, altrettanto importanti, che impediscono all’Italia nel suo insieme di svolgere funzioni logistiche di respiro internazionale, come avviene nel caso delle regioni europee a forte vocazione logistica, come Belgio, Germania e Olanda”. A parte le infrastrutture, altri annosi problemi sono sul tappeto, come la necessità di ridurre i tempi ed i costi dei singoli processi, di rendere ottimali i sistemi organizzativi ed informatici e la possibilità di sdoganamento anticipato delle merci presso gli uffici doganali portuali. Tutto questo, conclude Corvino, mentre altri Paesi si stanno attrezzando con massicci investimenti in infrastrutture portuali e di collegamento con la rete autostradale.
Eduardo Cagnazzi