Economia
Mediaset/Netflix, naufragio di Mfe e ricavi: perché la pax Vivendi-Biscione
I Berlusconi e Bollorè costretti alla realpolitik. Ecco perché
Perché per creare quello che potrebbe diventare in futuro un polo europeo della televisione generalista aperto anche ad altri soggetti come la francese Tf1, piuttosto che Czech Media Invest, gruppo che fa capo al miliardario ceco Daniel Kretinsky e il suo socio d’affari Patrik Tkac già entrato nel capitale di ProsibienSat.1 col 4,7% e con forti interessi nel settore editoriale francese (oltre che ceco), è dunque necessario che i Berlusconi e Bolloré seppelliscano l’ascia di guerra e tornino ad accordarsi. Magari non solo per chiudere la lunga vicenda giudiziaria apertasi dopo il mancato acquisto di Mediaset Premium da parte di Vivendi e il tentativo di scalata a Mediaset (in parallelo all’acquisizione del controllo di fatto di Telecom Italia).
Del resto unire le forze è spesso la sola strategia difensiva vincente quando il confronto è dispari a livello individuale come in questo caso. Mediaset nei primi 9 mesi dell’anno ha registrato un fatturato poco più di 2 miliardi con 101 milioni di utile, nello stesso periodo ProsiebenSat.1 ha sfiorato i 2,79 miliardi di ricavi registrando un utile di 248 milioni, mentre Netflix ha sfiorato i 14,7 miliardi di dollari di fatturato con 1,28 miliardi di utili, cifre quasi 4 volte superiore alla somma dei due concorrenti europei.
Così sul mercato più di un analista inizia a chiedersi se la chiave di volta per un accordo con Vivendi non sarà proprio una futura alleanza tra Mfe e quella piattaforma di distribuzione di contenuti che il gruppo di Vincent Bolloré sta da tempo cercando di sviluppare nel Sud Europa proprio in funzione “anti Netflix”. I numeri sembrano indicare che l’ipotesi sia più che plausibile.
Luca Spoldi