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I POTERI CORTI – I piccoli imprenditori? Dei dipendenti

di Redazione Corporate

L’Italia che produce è divisa in due e viaggia a due velocità

Italia a due velocità: sfide e opportunità per un'impresa indipendente e innovativa

Come riportato da Marco Travaglini su L'Identità, "l’Italia che produce è divisa in due e viaggia a due velocità". Il conglomerato sistematico che il nostro complesso e frammentato apparato rappresenta nel contesto europeo e dell’intero occidente, permette di affermare, senza timore di smentita, che ogni semplificazione adottata nei confini nazionali si riduce quasi sempre ad un’effimera bufala propagandistica: in questo caso, ci prendiamo una temporanea licenza.

Gli imprenditori possono scegliere di appartenere ad un mercato “ON“, di persone “accese”, attive, indipendenti e creative, che immaginano e vogliono costruire un futuro, capaci di guardare al valore aggiunto di un prodotto/servizio, a quel quid pluris che crea e porta valore sociale oltre che economico (che se ne dica in giro…), oppure ad un mercato “OFF“, “spento” rispetto alle innovazioni, poco attivo e in preda ad accadimenti, al caso e dipendente da “regole” stabilite da altri che, a volte, sono anche i colleghi del mercato ON.

La dipendenza dalle scelte, dalle regole e dal potere altrui è un problema estremamente serio e diffuso nel nostro Paese, fatto di tanti imprenditori che – seppur desiderosi di fare impresa, motivati e spesso con ottime idee in testa – sono meno attenti ai processi e all’organizzazione, non hanno una mentalità industriale e sono troppo legati al territorio.

Sono migliaia le imprese sotto scacco in subappalto, spesso mono clienti, chiuse in filiere con margini bassi e pagamenti lunghissimi; altrettanti gli imprenditori, dipendenti dai (se non dei) distributori i quali, del fare impresa dei piccoli, spesso gestiscono prezzo e fatturato globale (in un contesto di retail chiusi ed e-commerce troppo onerosi); non di meno i piccoli soggetti imprenditoriali, cooperative, realtà legate al politico o al sindacalista di turno per qualche (promessa) commessa. Ci sono poi le gare di appalto (e le assegnazioni dirette), in una logica di potere non più applicabile, né tollerabile.

"Come è possibile immaginare di fare impresa se siamo così 'dipendenti' da altri soggetti, giuridici o fisici, per i quali il destino di ogni nostra iniziativa imprenditoriale sta nelle (poche) mani di qualcun’altro?", chiede Travaglini. "Come è possibile che con gli strumenti e le tante opportunità tecnologiche e finanziarie del momento, insieme alla pervasività del digitale (in parole povere: 'si vende tutto ormai nel mondo'), gli imprenditori siano rimasti a logiche 'dipendenti' e pull del ‘900?"

Viene da chiedersi se questo grave problema della “dipendenza” non possa essere affrontato con un’opera, anzitutto culturale e di approccio al fare impresa, capace, insieme ad altri strumenti/interventi, di spingere gli imprenditori a rendersi indipendenti da monoclienti e “monopromettenti” ed entrare nella logica differenziata e di mercato (ON…) del valore aggiunto.

Un pensiero che dovrebbe affrontare, in questo torrido agosto, anzitutto il ministero di riferimento ma soprattutto tutti gli attori e agenti del e nel territorio, in stretto contatto con tali casi, molto spesso anche umani, che la questione propone.

Fonte: L'identità