Economia

Rapporto Analisi dei Settori Industriali Ottobre 2019: il manifatturiero

Il manifatturiero italiano ha risentito della crisi del commercio internazionale; le previsioni migliorano per il biennio 2020-2021.

Il fatturato dell’industria manifatturiera italiana resterà stabile nel 2019 (+0.2% a prezzi costanti); nel biennio 2020-2021 è prevista una crescita (+1.3% medio annuo a prezzi costanti) grazie alla ripresa degli scambi mondiali e ad un profilo più espansivo della domanda interna. L'intervista a Gregorio De Felice, Head of Research and Chief Economist di Intesa Sanpaolo.

Il 2019 si sta confermando un anno di pausa per la manifattura italiana. Il fatturato resterà stabile sui livelli dello scorso anno (+0.2% a prezzi costanti, secondo le nostre stime), scontando uno scenario di incertezza globale e di rallentamento della domanda interna, sia per i consumi che per gli investimenti, con la sola eccezione della componente costruzioni. 

L’incertezza sulle politiche commerciali internazionali continuerà a pesare sull’attività delle imprese anche nel 2020. Bisognerà attendere il 2021 per vedere una domanda mondiale più tonica, che si affiancherà al rafforzamento del mercato interno, atteso già per il prossimo anno. Gli investimenti in beni strumentali potranno infatti beneficiare di un’accelerazione dei piani di accumulo delle imprese, rispetto al 2019, sostenuti dalla probabile proroga del sistema incentivante (ancora incerta nelle tempistiche e nelle modalità di rinnovo, alla data di redazione del presente Rapporto). Investire resta infatti prioritario, per stare al passo con le complesse sfide tecnologiche e competere in un panorama internazionale di concorrenza crescente. 

In questo quadro, stimiamo un fatturato manifatturiero in crescita dell’1.3% medio annuo nel biennio 2020- 21, a prezzi costanti. 

Rapporto Analisi dei settori industriali (ottobre 2019): il settore manifatturiero; l’intervista di Affaritaliani.it a Gregorio De Felice, Head of Research and Chief Economist di Intesa Sanpaolo

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Gregorio De Felice, Head of Research and Chief Economist di Intesa Sanpaolo, ha dichiarato ai microfoni di Affaritaliani.it: “Quest’anno il manifatturiero italiano ha risentito della crisi del commercio internazionale, fortemente rallentato: abbiamo una stagnazione del fatturato che ha prezzi costanti per l’intero 2019 (0,2%). La previsione, tuttavia, è migliore per 2020 e 2021: per questi anni abbiamo un andamento al +1% l’anno prossimo e al +1,4% nel 2021. La variabile chiave per la crescita è quella degli investimenti: negli ultimi due anni abbiamo ottimi risultati sui mercati internazionali ma, per proseguire su questo fronte, bisogna ammodernare gli impianti e riprendere a investire; gli investimenti pubblici devono diventare catalizzatori volano anche per quelli privati”.

Rapporto Analisi dei settori industriali (ottobre 2019): il settore manifatturiero; l’eterogeneità delle performance settoriali 

Non tutti i settori manifatturieri risentiranno allo stesso modo del quadro fin qui delineato. Resta ampia l’eterogeneità delle performance, sia nel 2019 che nel biennio di previsione 2020-21. 

Alcuni settori si mostreranno comunque in crescita, nonostante il contesto sfidante. In cima alla graduatoria dei più dinamici si posizionano, già nel 2019, Farmaceutica, Largo consumo e Prodotti e materiali da costruzione. La Farmaceutica (+2.2% la crescita media annua nel biennio 2020-21, a prezzi costanti) continuerà a beneficiare del percorso di sviluppo intrapreso grazie agli investimenti in nuova capacità produttiva, spingendo soprattutto sulla leva delle esportazioni. La dinamica dell’export (in particolare della cosmetica) sostiene anche le previsioni di crescita del Largo consumo (+1.7% in media d’anno nel 2020- 21). L’andamento tonico del giro d’affari dei Prodotti e materiali da costruzione (con previsioni di crescita al tasso del 2% medio annuo a prezzi costanti, nel prossimo biennio) fa da specchio al recupero degli investimenti in costruzioni, diffuso a tutti i comparti di attività, incluso il genio civile. 

Il settore di punta dell’industria italiana, la Meccanica, è atteso proseguire lungo un percorso di crescita moderata (+1.3% in media d’anno nel 2020-21, a prezzi costanti), incorporando un’evoluzione meno tonica del ciclo degli investimenti in beni strumentali da parte delle imprese italiane, rispetto al recente passato, solo in parte controbilanciata dalla crescita delle esportazioni. 

Buone anche le prospettive per l’Alimentare e bevande, in crescita attesa attorno all’1% nel prossimo biennio. Si tratta di un tasso di crescita moderata nel confronto con altri settori del manifatturiero, ma dinamico se rapportato all’andamento storico del settore, che ha mostrato buoni segnali di tenuta anche negli anni più difficili della crisi e che sta beneficiando del volano offerto da una penetrazione crescente delle produzioni italiane sui mercati esteri, oltre che di una domanda interna in espansione. 

Per contro, le prospettive restano più incerte per un altro settore di spicco del manifatturiero italiano, quello degli Autoveicoli e moto, impegnato in un percorso di trasformazione dettato dalle nuove normative sulle emissioni e dai nuovi target delle alimentazioni alternative, che impongono tempistiche sfidanti per riconvertire l’offerta. La fase più critica dovrebbe toccarsi proprio quest’anno, con una chiusura ancora in negativo del fatturato (-2.3% a prezzi costanti), per poi lasciare spazio ad un trend di crescita moderata (+1.3% medio annuo nel 2020-21), anche se ancora insufficiente per riportare un equilibrio nel quadro settoriale. Le difficoltà dell’automotive stanno penalizzando anche l’attività dei produttori di beni intermedi attivi lungo la sua catena del valore, quali Metallurgia, Prodotti in metallo, Elettrotecnica, Altri intermedi (relativamente al comparto della gomma-plastica) e Intermedi chimici, solo in parte sostenuti dalla domanda degli altri settori attivanti, come le costruzioni o, nel caso dell’Elettrotecnica, gli investimenti a favore della sostenibilità ambientale

In crescita sotto la media manifatturiera, nel 2020-21, anche Mobili, Sistema moda, Elettronica ed Elettrodomestici. Si tratta di settori che hanno vissuto un intenso processo di selezione negli ultimi anni, che ha portato alla sopravvivenza degli operatori focalizzati su produzioni di gamma alta e meglio posizionati sui mercati internazionali. In alcuni casi, come il Sistema moda, si osserva la convivenza di comparti di specializzazione con performance molto polarizzate, in funzione anche della capacità del Made in Italy di inserirsi nelle filiere del lusso globali. 

Rapporto Analisi dei settori industriali (ottobre 2019): il settore manifatturiero; l’integrazione delle catene produttive europee 

I legami di filiera sono uno dei canali preferenziali di trasmissione degli shock tra un’economia e l’altra. Le forti interrelazioni tra Italia e Germania stanno esponendo il manifatturiero italiano al rallentamento dell’automotive tedesco, settore di punta, che genera un quinto del valore aggiunto manifatturiero della Germania (contro il 5.8% nella struttura industriale italiana). 

L’analisi realizzata a partire dal World Input Output Database (WIOD) mette in luce il ruolo centrale dell’Italia nella fornitura di alcune tipologie di componenti alle auto tedesche. Spiccano i contributi della filiera Metallurgia e Prodotti in metallo, dello stesso settore degli Autoveicoli (componenti), della Meccanica, degli Altri intermedi (gomma-plastica), degli Intermedi chimici, del Sistema moda (tessile-pelletteria per l’automotive). Complessivamente, il nostro paese apporta una quota di valore aggiunto del 2.4% alla produzione tedesca di autoveicoli, contro il 5.5% dell’intero aggregato Est Europa, che vede in testa la Polonia (con una quota di valore aggiunto del 2%). Il risultato, sintesi dell’eccellenza delle produzioni italiane (che sfruttano anche il know-how dei distretti industriali, dove queste specializzazioni sono fortemente radicate), presuppone una maggiore vulnerabilità dei nostri produttori al rallentamento in atto nella filiera: il cliente Germania pesa circa un quinto sul valore aggiunto manifatturiero che l’Italia destina all’automotive mondiale (filiera domestica inclusa), una quota non trascurabile. 

Rapporto Analisi dei settori industriali (ottobre 2019): il settore manifatturiero; i rischi per il sistema paese 

L’esposizione verso l’automotive tedesco si ridimensiona però notevolmente se inserita in un contesto più ampio, ovvero se letta in rapporto al contributo dell’Italia al complesso delle catene internazionali (automotive e non) che ci vedono come parte attiva degli ingranaggi di produzione, scendendo attorno all’1% per Meccanica, Altri Intermedi e Intermedi chimici e allo 0.5% per il Sistema moda. Solo nella filiera Metallurgia e Prodotti in metallo resta più alta, ma non supera il 2%. La diversificazione rappresenta un fattore premiante del nostro tessuto produttivo, rendendoci in grado di diversificare al meglio i rischi derivanti da shock connessi a singoli settori o paesi partner, industriali e commerciali. 

Rapporto Analisi dei settori industriali (ottobre 2019): il settore manifatturiero; alcuni rischi al ribasso restano latenti nello scenario 

La prima incognita è legata a Brexit e alle modalità di uscita del Regno Unito dall’Europa. Nel caso (ancora non del tutto scongiurato) di applicazione di dazi ai flussi commerciali con l’Europa, l’industria automotive, già in difficoltà, accuserebbe il colpo peggiore, prima su tutte quella tedesca. Secondo le nostre stime, il 70% circa delle importazioni automotive del Regno Unito sono costituite da produzioni tedesche che, con il nuovo assetto tariffario, risulterebbero sottoposte a dazio (il peso sull’export automotive tedesco, in valore, ammonterebbe al 7%). Al di là dell’impatto diretto delle misure, quello che preoccupa di più è l’eventualità di un aumento dell’incertezza, che frenerebbe i piani di investimento delle imprese, con effetti al ribasso sul ciclo, in un contesto operativo già deteriorato dal conflitto commerciale originato dagli Stati Uniti, e che ancora vede minacce pendenti, come i dazi (più volte annunciati) sullo stesso settore auto. 

L’intensità della crescita manifatturiera dipenderà pertanto, in prospettiva, anche dalla velocità di reazione delle imprese di fronte ad uno scenario complesso e in continuo mutamento, che rende difficoltoso individuare i mercati più promettenti per il futuro. 

Rapporto Analisi dei settori industriali (ottobre 2019): il settore manifatturiero; le imprese e le loro sfide

L’analisi dei bilanci 2018 conferma alcuni punti di forza del tessuto manifatturiero italiano, già emersi dai bilanci 2017. Le imprese appaiono rafforzate dal punto di vista della redditività, in tutte le classi dimensionali e dispongono (soprattutto le Pmi) di elevate riserve di liquidità che rendono la situazione dei debiti finanziari più sostenibile rispetto al recente passato. È in continua contrazione la quota di imprese in forte squilibrio finanziario, in maniera trasversale ai settori, oltre che alle classi dimensionali. 

Inoltre, le prospettive di crescita (anche se moderata) dei livelli di attività favoriscono attese di ulteriore recupero degli indicatori di redditività nel biennio 2020-21, soprattutto nei settori con maggiore propensione all’export.