Economia
Rete Tim, da Kkr un assist per Cdp: chiesta la proroga al 24 marzo
Il governo ha chiesto altre quattro settimane "per effettuare una analisi congiunta degli aspetti pubblicistici dell’operazione" sui poteri esercitabili
Rete Tim, Kkr chiede la proroga al 24 marzo dell'offerta
Nella serata di ieri 21 febbraio il cda di Tim ha ricevuto da parte del fondo americano Kkr una richiesta di proroga dell’offerta non vincolante. La scadenza era fissata per il 1° marzo, ma è stato chiesto di posticipare al 24 marzo. In particolare, secondo quanto riportato in un comunicato emesso dalla stessa Tim nella tarda serata di ieri, “la proroga del termine è dovuta ad una richiesta del Governo di disporre di ulteriori quattro settimane per effettuare una analisi congiunta degli aspetti pubblicistici dell’operazione concernenti i poteri esercitabili dal Governo nel settore. KKR ha tuttavia confermato la propria disponibilità a continuare un dialogo costruttivo con Tim e a procedere con le attività di due diligence”.
Proviamo a tradurre quanto scritto dall’ex-Telecom. La richiesta del governo di prendere tempo è un modo per ottenere due importanti risultati. Il primo è quello di smuovere Cassa Depositi e Prestiti. Come anticipato da Affaritaliani.it, infatti, il pericolo di un rilievo da parte dell’Antitrust è elevatissimo: Cdp detiene il 60% di Open Fiber e si rischierebbe quindi di dover cedere qualche asset per permettere quel regime concorrenziale che è parte integrante della normativa europea e base fondante del Pnrr.
Non per niente, voci accreditate riferivano il 10 febbraio ad Affaritaliani.it che la soluzione poteva essere una compartecipazione tra Kkr (in maggioranza) e Cdp (in minoranza) nell’affaire rete. In questo modo non ci sarebbe stato alcun rilievo Antitrust e la Cassa, una volta che gli americani avessero effettuato la loro uscita, avrebbe potuto trovarsi in una posizione di maggioranza relativa analoga a quella di Terna. Fantafinanza? Mica tanto, e infatti nei palazzi romani prende sempre più piede questa ipotesi.
Il governo, dal canto suo, si è preso tempo anche per cercare di capire quanto siano disposti a scendere i francesi di Vivendi rispetto ai 31 miliardi di valutazione della rete. Arnaud De Puyfontaine, che all’epoca aveva fatto il prezzo, si è nel frattempo dimesso dal consiglio di amministrazione. E questa non è necessariamente una buona notizia. Avere le mani libere, senza alcun “rischio”, permette ai francesi di comportarsi da investitori puri. Interessati, com’è giusto che sia, esclusivamente a massimizzare la propria quota del 24% nell’azienda.
C’è poi il tema della golden power: posto che la rete è un’infrastruttura strategica, come e in che modo il governo può far valere la propria primogenitura, in sostanza garantendosi il controllo senza avere la maggioranza assoluta? E qui si torna al possibile “tandem” Cdp-Kkr. Che dovrà per forza mettere sul tavolo un’offerta che superi quella attuale – circa 27 miliardi complessivi tra cash e investimenti vari. L’obiettivo è quello di chiudere la partita in tempi rapidi. Il consiglio di amministrazione di Tim è confermato per il 24 febbraio, ma si tratterà inevitabilmente di una seduta interlocutoria. A meno che il giorno prima il cda di Cdp non decida di avanzare un'offerta.
Servirà un altro tavolo, questa volta con una seggiola in più. Oltre alle istituzioni, a Cdp Equity a Tim (con Vivendi), infatti, bisognerà prevedere un posto per Kkr. Che cosa succederà? È probabile, alla fine, che una soluzione si troverà e che la rete unica, guidata dagli americani e orchestrata da Cassa Depositi e Prestiti, diventerà realtà. Ma quanta fatica.