Esteri

Etiopia, bombardata la fabbrica Mesfin Engineering nella regione del Tigray

di Marilena Dolce

L’aviazione di Addis Abeba sta attaccando le fabbriche di munizioni e di materiale bellico del capoluogo tigrino

Che la ritirata dell’esercito federale sia stata una decisione infelice è il pensiero anche di un diplomatico dell’Unione Africana che si esprime con garanzia di anonimato e dice, riferendosi all’esercito federale, che “hanno lasciato che il Tplf entrasse in città e si rifornisse di tutto ciò che le agenzie delle Nazioni Unite avevano mandato”. “Il premier Abiy”, spiega la fonte, “si è ritirato per le pressioni esterne, soprattutto americane, ma è stato un errore militare. Quando dovrà riprendere a combattere dovrà farlo anche nelle città, e ciò non è mai un bene. In questi casi se si cede alle pressioni bisogna sapere che chi preme non è un alleato ma un nemico. Se chi ha fatto pressioni per il ritiro fosse stato almeno neutrale avrebbe imposto al Tplf di non attaccare, ma non è stato così”. 

“Una volta ripreso il Tigray, l’obiettivo del Tplf sarà quello di attaccare le regioni vicine. Attaccheranno la regione Amhara. Vogliono vendetta per l’aiuto dato dalle milizie amhara all’esercito federale. I leader Tplf l’hanno detto chiaramente”. Così spiegava subito dopo l’armistizio la testimone etiopica. E, purtroppo, gli avvenimenti successivi confermano la sua previsione. A fine agosto il Tplf attacca i centri abitati nelle confinanti regioni Amhara e Afar.  

“La guerra del Tplf nella regione Amhara avrebbe potuto durare poco, invece sta continuando, perché?” Così si chiede la testimone, che prosegue, “dopo l’armistizio e il ritiro delle truppe governative, c’era da aspettarsi un attacco contro le regioni Amhara e Afar. Il Tplf è entrato con i carri armati. Abbiamo saputo che mandavano avanti i bambini, altra storia incredibile, ma dietro c’era il Tdf, le forze di difesa del Tigray, armate fino ai denti. I contadini amhara si sono trovati a fronteggiare l’assalto con bastoni e qualche vecchio fucile. Amhara e Afar non hanno armi pesanti nei loro arsenali. Ora i diseredati di cui nessuno parla sono proprio loro. Forse dietro la decisione di  tregua unilaterale c’è l’arma internazionale delle sanzioni. Penso sia stata un’inevitabile decisione politica, ma a che prezzo? Il premier Abiy sapeva che il Tplf avrebbe attaccato, che il mondo avrebbe visto di cosa sono capaci. Forse pensava che all’estero avrebbero capito che stavano sostenendo chi portava morte e distruzione ma, ripeto, a che prezzo per la popolazione civile? Ora più di trecentomila persone sono profughi, sfollati nel loro stesso Paese. E nessuno ne parla. Per la comunità internazionale l’unica vittima resta il Tplf”.