Esteri

Guerra in Ucraina, il dilemma di Xi: distanziarsi da Putin senza condannarlo

di Lorenzo Lamperti

L'insidioso equilibrismo della diplomazia cinese sull'invasione decisa dal Cremlino. Con possibili scossoni per Xi nell'anno del XX Congresso

Guerra in Ucraina, il rebus della diplomazia cinese

Non sostenere l'invasione russa in Ucraina ma senza condannarla. L'insidioso balletto di equilibrismo della Cina sulla guerra si fa sempre più complicato. Ma a condurlo c'è un equilibrista per eccellenza, il ministro degli Esteri Wang Yi, attivo come non mai dopo l'iniziale silenzio (assenso?) sull'azione nel Donbass per poi passare invece alla sorpresa della guerra su ampia scala che, a dispetto di alcune ricostruzioni, mette Pechino in seria difficoltà e rischia di compromettere una importante parte della sua politica estera.

Ricapitoliamo tutti i dilemmi cinesi di fronte alla guerra lanciata da Vladimir Putin, alleato ma non troppo come scritto da Affaritaliani nei giorni scorsi. A livello economico: fornire o no a Mosca un riparo dalle sanzioni internazionali senza però pregiudicare gli interessi commerciali in giro per il globo? Da una parte l'aumento di import di grano e di energia, frutto degli accordi sottoscritti di recente, dall'altra però almeno due delle più grandi banche statali cinesi stanno limitando i finanziamenti per gli acquisti di materie prime russe in base alla propria valutazione del rischio, pur non avendo ancora ricevuto direttive esplicite dalle autorità di regolamentazione cinesi. Vero che potrebbe legare ancora di più Mosca al suo sistema finanziario in caso di cacciata dello SWIFT attraverso lo sviluppo della sua CIPS, ma allo stesso tempo come già raccontato da perdere ha più Pechino in caso di sganciamento dalla principale piattaforma internazionale. Più incerta è invece la posizione delle società di chip cinesi, in particolare la Semiconductor Manufacturing International Corp, che non si è ancora espressa riguardo al possibile embargo di tecnologia militare verso la Russia imposto dagli Usa e accettato dai partner asiatici a partire da Corea, Giappone e Taiwan.

A livello politico: quanto reprimere le voci critiche sulla Russia che si sono aperte sul fronte cinese interno senza generare malcontento? Sì, perché c'è stata la lettera aperta di cinque importanti storici cinesi, poi censurata, che chiedeva: "Vale la pena per la Cina minare la propria credibilità per difendere l'indifendibile?" E uno di loro ha aggiunto: "Ho paura che siano stati ingannati da Putin",  sottolineando che lui e i suoi colleghi hanno scritto questa lettera perché amano il paese, e non vogliono che una potenziale tragedia mondiale blocchi il futuro della Cina.

Guerra in Ucraina, l'imbarazzo del governo e dell'intelligence cinesi

Ma la Cina non può perdere nemmeno la faccia e dopo aver ospitato a Pechino Putin solo poche settimane fa non può ammettere di aver sbagliato e soprattutto non può ammettere che non sapeva tutto, o non abbastanza. Attenzione anche al cambiamento improvviso di linea sui cittadini cinesi in Ucraina: prima fatti restare e poi fatti evacuare di tutta fretta. O sulle parole di diplomatici "sicuri" che la Russia non attaccherà le città ucraine. Tutti segnali che l'intelligence non prevedeva un attacco su larga scala, mostrando dunque un altro limite del sistema cinese.

Per non parlare dell'errore di calcolo, con la presunzione che anche Putin avrebbe applicato la storica strategia cinese del vincere senza combattere solo grazie alla postura e alla retorica, come scritto in un'analisi di Yun Sun su Stimson. Il che si collega al dilemma dei dilemmi, quello geopolitico: come impedire di svelare il bluff della partnership/non ancora alleanza con la Russia senza però pregiudicare i rapporti con Mosca o recidere completamente quelli con l'occidente?

Anche perché intanto ci sono effetti sui movimenti asiatici. Non solo gli Usa mandano cacciatorpedinieri nell'Indo Pacifico e una delegazione a Taiwan per rassicurare i partner che il loro interesse strategico principale è in quella regione, ma anche il Giappone chiede a Washington di uscire dall'ambiguità strategica della loro posizione su Taiwan e persino la timida Corea del Sud sembra avvicinarsi agli Usa. A Seul peraltro tra una settimana ci saranno delle fondamentali elezioni presidenziali.

Un bel rompicapo per Pechino. Con tutte queste queste contraddizioni di difficile soluzione che stiano disturbando non poco Xi Jinping verso il XX Congresso che dovrebbe sancirne il terzo mandato presidenziale. 

(Continua nella prossima pagina...)