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Libri & Editori
Cinque libri da leggere mentre fuori nevica

2)  Le otto vite di una centenaria senza nome di Mirinae Lee (Editrice Nord)

Bestseller del momento molto amato sui social, Le otto vite di una centenaria senza nome è l’opera di fantasia di un’autrice di origini coreane, trapiantata a Hong Kong; il successo planetario ha fatto conoscere la sua penna spigliata e precisa al pubblico internazionale, ma in Italia è arrivato proprio ora grazie alla traduzione di Elisa Banfi e alla Casa Editrice Nord, che ne ha acquisito i diritti. Si tratta della storia di una donna “enigmatica e camaleontica, capace di adattarsi a ogni situazione, di combattere con efferata ferocia e di amare col trasporto assoluto di chi teme il rimpianto più della morte. Una donna che non si arrende davanti alle avversità e che affronta il destino a testa alta e alle sue condizioni”. Capiamo dunque già dalla sinossi che la protagonista del romanzo di Minirae Lee è il fulcro dell’intero libro, sebbene assumano un’importanza altrettanto rilevante l’ambientazione e la suspense che si genera durante la lettura. Potremmo definirlo al contempo un romanzo storico, un thriller, un mistery e una biografia, che scivola dai toni drammatici a quelli ironici, per virare poi sempre più verso quelli propri del giallo o del noir; ma di fatto Le otto vite di una centenaria senza nome non è niente di tutto questo: è molto di più, in una ricerca di stile, di genere e di contenuti che – pur guardando alla storia e al passato – si rivela quanto mai contemporanea.

Le otto vite di una centenaria senza nome
 

In parte leggendo le pagine di questo libro ci tornano in mente titoli come Il quaderno dell’amore perduto della Perrin o Le madri di vento e di sale della See: il primo per l’ambientazione in una casa di riposo e per l’escamotage di raccontare una storia nella storia, attraverso la figura di un’intermediaria; il secondo per l’attenzione posta nei confronti del contesto politico e geografico, caratterizza da una Corea dapprima invasa dai giapponesi, poi divisa in due e per lungo tempo devastata dai sommovimenti interni. A differenza del libro della Perrin, qui il focus sull’aspetto storico è assai più presente, perché in questi cento anni di vita è racchiuso lo stravolgimento totale di una terra, di un popolo, di tradizioni, usi e costumi, persino dei confini geografici; lo differenzia invece dal romanzo della See il maggior impatto narrativo, non perché l’autrice sia più abile nella scrittura, ma perché sceglie di dare più potere alla propria protagonista, facendola diventare una vera eroina dei nostri giorni. D’altra parte, i misteri che avvolgono la sua figura creano nel lettore quella curiosità tipica delle trame giallistiche o del thriller, per cui si finisce per volerne sapere sempre di più, inseguendo una verità che forse non è poi così chiara e definita…

Mook Miran è stata costretta a prostituirsi al pari di una schiava sotto il dominio giapponese, poi è diventata interprete e successivamente ha cambiato identità; soprattutto, è stata una spia, imparando a cambiare ben otto volte la sua vita e diventando di volta in volta una persona diversa, ma sempre affascinante. Se la sua natura coraggiosa, audace e disposta a tutto per la sopravvivenza, nonché la grande sopportazione della sofferenza, la rendono una figura all’avanguardia per il suo tempo, non si discosta dalla tradizione, invece, nel suo restare così ancorata al ruolo di moglie felice e madre orgogliosa, che in parte richiama il lieto fine delle favole. È quel respiro di sollievo finale che il lettore si aspetta dopo tanto travaglio, quel bilanciamento necessario per riscattare tutto quanto subìto a denti stretti, ma mai del tutto accettato. Perché con la malvagità non è possibile venire a patti, e neppure perdonare, specie per una donna come lei.

A proposito di questa figura femminile travolgente che folgora l’immaginario del lettore, l’autrice Mirinae Lee dice di essersi ispirata a una sua prozia, una delle donne più anziane ad essere fuggita da sola dalla Corea del Nord; tuttavia, è probabile che nella sua storia di fantasia abbia inserito elementi tratti dai molti studi fatti per meglio conoscere l’epoca, le tradizioni, gli usi e costumi che cambiavano velocemente, ad ogni svolta politica. E se è vero che Miran è stata un’assassina, una ribelle, una traditrice, una spia e quindi non proprio un esempio di correttezza morale, d’altra parte è altrettanto vero che non viene mai in mente al lettore di condannarla: si entra subito in empatia con lei, con il suo desiderio di rivalsa e la sua astuzia, con la sua strenua resistenza. È proprio tutto ciò, infatti, a trasformarla da vittima a protagonista, da persona che subisce passivamente il corso degli eventi a padrona indiscussa delle proprie scelte, nonostante tutto. The New York Times definisce questo romanzo «avvincente e intenso. L’autrice scava a fondo nel cuore dei suoi personaggi, mostrandone luci e ombre, sofferenza e rinascita». È anche per questo che ve ne suggeriamo la lettura.

Lo consigliamo perché: è una storia avvincente, piacevole e ben costruita, che mescola fantasia e verità per far emergere risvolti inquietanti di un periodo, e di un Paese, di cui conosciamo ancora troppo poco. Senza dubbio una lettura perfetta per risvegliare l’adrenalina durante i tiepidi pomeriggi invernali.  

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