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Repubblica, Maurizio Molinari vede fascisti ovunque
Il mantra della svolta autoritaria
Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, accascia l’accasciabile
Maurizio Molinari, il direttore dalle palpebre eternamente ricadenti sul faccione brunettiano segnato dalle rughe del tempo che passa, è partito di nuovo di mantra.
Ripete, ossessivamente, come un monaco tibetano, lo stesso lagnoso ritornello: “se la Meloni vince svolta autoritaria e fascismo dietro l’angolo”, “se la Meloni vince svolta autoritaria e fascismo dietro l’angolo”.
Roba da fare concorrenza alla famosa mucca nel corridoio di Bersani.
Eppure la svolta ufficiale atlantista di Giorgia Meloni è sotto gli occhi di tutti. L’ha messo per iscritto, l’ha vergato con caratteri d’oro aiutata da uno stuolo di elfi, l’ha inciso su cassetta.
“Se diverrò la prima donna Primo ministro la collocazione dell’Italia sarà atlantica e cioè militarmente con la NATO”. Scontata quindi la scelta di campo ucraino nell’attuale guerra.
Niente svolta autoritaria, niente sabati fascisti (che però alla forma fisica di palpebrone Molinari farebbero bene), niente salti nel fuoco, niente federali, niente gerarchi, niente documentari Luce.
Washington l’ha capito, ma Molinari no.
Ed eccolo arruolato catodicamente a recitare lo scioglilingua sul fascismo e sul pericolo autoritario.
Ma cosa hanno fatto da piccolo a Molinari per essere così traumatizzato?
Repubblica, si sa, è sempre stato un giornale partigiano e poco affidabile.
Vi ricordate quando ospitava i deliri di Eugenio Scalfari che s’era sognato che Papa Francesco diceva che l’inferno non esiste? Dovette smentire direttamente la sala stampa vaticana.
Molinari è arruolato h24 nella campagna anti – Meloni.
Così il poveretto sembra che per non farsi beccare da eventuali squadracce nere munite di litri di olio di ricino (ed anche qui farebbe bene alla sua forma fisica, niente di ideologico eh) venga a lavoro in monopattino nella pericolosa via Cristoforo Colombo, travestito da ragazzo delle pizze, come consigliatogli dal suo amico Marco Damilano, fresco orfano de l’Espresso.
Molinari vede fascisti ovunque.
La leggenda dice che non passi per il Foro Italico perché fu voluto dalla Buonanima e che stia attento a non sconfinare nel vicino Eur a Roma perché è il quartiere costruito in marmo proprio da Benito Mussolini, per la Esposizione Universale del 1942 che poi non ci fu più a causa della guerra.
Come gli si può spiegare che il tempo è passato e siamo nell’anno di grazia 2022 e mentre il comunismo c’è ancora nel mondo (vedi Cina) il fascismo non c’è più neppure a Predappio?