Politica
Elezioni, l'assist di Fratoianni a Letta: riaprire il dialogo con Conte
Se si fa un'alleanza con Calenda, perché con Conte no? E lo stesso Fratoianni ha sempre osteggiato il governo Draghi, quindi perché escludere il M5S?
Il Pd è di fronte a una scelta di posizionamento politico: o va alle elezioni da soli, o allarga il più possibile (non solo a Calenda)
Stare in coalizione col Pd e nel contempo spingere per un allargamento al M5S. La scelta di Sinistra Italiana rappresenta per Letta uno scampato pericolo (in caso di rottura si stimava una perdita di 22 collegi uninominali), ma anche uno spunto di riflessione. Perché non ci sono remore a fare l'accordo con Fratoianni, che non ha mai sostenuto il governo Draghi, mentre a Conte viene fatta pesare l'unica sfiducia all'esecutivo, ancorché decisiva? Dopo il disappunto iniziale, bisognerebbe riuscire a guardare avanti: la politica ha senso se si occupa del futuro e il governo Draghi è già oggi il passato.
Ma c'è anche una riflessione di ordine strategico. Non ci sarebbe nulla di male se il Pd decidesse di fare una rigida selezione all'ingresso, presentandosi alle elezioni solo con chi è più vicino alle sue posizioni e quindi affrontando con serenità l'idea di andare all'opposizione. Non l'ha ordinato il medico che il Pd debba sempre stare al governo, a prescindere dal volere degli italiani. Anzi, noi stessi abbiamo consigliato a Letta l'opzione identitaria, di fronte alla quasi certezza di perdere comunque le elezioni.
Però, aprendo le porte a Calenda, Letta ha chiaramente scelto un'altra opzione, giocare il tutto per tutto per tentare di ribaltare il pronostico. In questo sta rivelando una pazienza che francamente gli invidio, perché di fronte a un alleato che ti detta la linea vantando appena un quarto dei tuoi voti non ci si stupirebbe di vedere qualunque segretario ribaltare il tavolo. Di fronte a cotanto investimento in questa partnership, certamente si torna alla domanda precedente: davvero Azione è più vicina alle posizioni del Pd rispetto al M5S? Siamo certi che alla base piaccia di più il patto con Calenda di quello mandato all'aria con Conte?
E c'è di più. Se deve essere una coalizione ampia (la definizione “campo largo” non ha portato bene, ma rende tuttora l'idea), allora bisogna cementarla con una motivazione forte. Sul piano programmatico ci sono diversi temi divisivi: tanto varrebbe individuarne quattro o cinque, non di più, condivisi da tutti e accanto ad essi prospettare con molta più decisione la necessità di impedire il successo della destra. Non solo in questa campagna non si parla molto di fascismo (e non è detto che sia un male), ma non c'è nemmeno una forte enfasi sulla rivalità con la squadra avversaria, capeggiata da quella Giorgia Meloni con la quale Letta ha, al contrario, un rapporto improntato al rispetto e al fair play.
Anche questa è una scelta, peraltro molto civile, ma se ci si legittima vicendevolmente, si accetta l'idea che chi prende più voti vada al governo. E si sta sereni. Se si vuole dare battaglia, a un certo punto bisogna scegliere e mettere in campo tutte le armi a disposizione, soprattutto quando si combatte contro un esercito più numeroso e agguerrito. La brevità di questa campagna elettorale difficilmente consentirà di invertire un trend che appare da tempo molto chiaro, ma se il Pd ci vuole provare, deve fare una scelta di campo molto più netta. Anche a costo di rivedere la propria intransigenza nei confronti del M5S, che a sua volta dovrebbe soppesare bene l'opportunità di andare davvero da solo alle elezioni. Non siamo più nel 2018.