Politica
Elezioni: Pd, “sindrome del perdente”?
Il battibeccarsi quotidiano fra Di Maio e Salvini mette a dura prova la pazienza già esausta degli italiani invogliati a disertare le urne anche grazie al farsesco teatrino inscenato dai due leader del M5S e Lega. Ma il duello grottesco fra i due vice premier può essere l’ancora di salvezza per il Partito democratico e per la sinistra. Zingaretti, infatti, spera che il “giocattolo” della pasticciata alleanza gialloverde vada a pezzi assieme al governo, puntando su un rimescolamento generale, possibile solo con nuove elezioni politiche anticipate, magari già a settembre. Un azzardo, anche perché, a una settimana dal voto, sono proprio gli elettori del Pd e della sinistra i più delusi, smarriti e indecisi. Questo perchè la svolta annunciata dal nuovo segretario alle primarie non ha prodotto risultati eclatanti sia sul piano politico che – come si vedrà già da queste elezioni – su quello elettorale, lasciando il Partito democratico isolato, in mezzo al guado.
Il “Piano per l’Italia” presentato a metà settimana da Zingaretti va oltre il 26 maggio, proiettato verso il voto politico anticipato. Quel programma è una base di piattaforma elettorale per prepararsi di nuovo alle urne: cancella le controverse ipotesi di alleanza con il M5S e anzi con la proposta di uno stipendio in più all’anno (1500 euro per 20 milioni di lavoratori, cioè 30 miliardi!) va in competizione con i cardini della demagogica strategia “grillina”. Privo di un progetto politico, Zingaretti procede per tatticismi: con una mano cancella ogni ipotesi di partnership con il partito di Di Maio ma con l’altra arruola l’ex Dc e ministro andreottiano Cirino Pomicino pronto con i suoi “fedelissimi”a sostenere e a votare già dal 26 maggio il Pd: “l’unico partito non personalizzato”, un argine contro Lega e M5S definiti dall’ultra ottantenne ras napoletano: “Casermaccia”.
Prove tecniche di nuove alleanze al Sud per un segnale nazionale neo centrista? Forse solo una “Pomicionata”, a dimostrazione di come la dirigenza Pd si arrabatti per raccattare consensi e voti. Le stesse liste comunali (il 26 maggio si vota anche in 3800 comuni e in Piemonte per le regionali) del Pd, supportate dall’abbuffata di liste “civiche” - foglie di fico usate come luccichini per allodole - sono state impostate e composte con il criterio delle spartizioni correntizie, di fatto fra renziani e anti renziani. Idem per le Europee, con candidati decisi a tavolino, “nominati”, paracadutati, riciclati: dai (tanti) renziani al confindustriale Calenda mai digerito a sinistra, al riusato e spompato Pisapia. Zingaretti aveva annunciato di voltar pagina mettendo in campo “purosangue” vincenti, invece c’è il Pd già visto e bocciato: “Un guscio di raccolta di cose indistinte”, come ricordava Ciriaco De Mita ai tempi del Pd veltroniano.
Come finirà? L’elettore pensa che il 26 maggio, quello al Pd sia un voto inutile, perché con il 20% o giù di lì preso da chi mette la croce sulla scheda per “disperazione” più che per convinzione, si fa testimonianza ma non si cambia niente. Idem per le liste di sinistra: un voto buttato perché nessuna supererà la barriera del 4%. Dopo le batoste prese in tutte le elezioni dal 4 marzo 2018, segnare il passo il 26 maggio alle Europee e perdere altri comuni potrebbe portare Zingaretti a fine corsa riaccendendo reazioni rabbiose, l’ennesima e definitiva resa dei conti interna. Sperare di vincere non per la validità della propria proposta politica e della propria leadership ma per gli errori e per i guai degli avversari, ha reso ancor più debole e più arrogante la dirigenza, non superando nessuno dei limiti politici e organizzativi che avevano già portato il Pd alle ultime ripetute e dure sconfitte.
I maggiorenti del Partito Democratico, incapaci di elaborare una nuova cultura politica e un nuovo progetto per l’Italia e per l’Europa, sordi alle aspettative e alle esigenze degli italiani, insistono nell’invocare una indistinta e raffazzonata “unità democratica” contro i populisti, i sovranisti, le destre, per lo più un astratto richiamo di tipo “ideologico”, presagio di nuove sconfitte. E’ il replay della suicida “sindrome del perdente”. Su questo, il Pd e la sinistra non hanno avversari.