Terrorismo: l’arma dello scambio dei dati
La riforma di Europol, l’agenzia per la cooperazione di polizia europea, spiegata da Cristian Barbieri dell’Istituto Affari Internazionali
Il dibattito sulla lotta al terrorismo internazionale è purtroppo sempre all’ordine del giorno, sulle agende dei governi nazionali e sui tavoli di lavoro a Bruxelles. I nefasti eventi di Parigi, Nizza, Bruxelles, Berlino e altrove hanno messo in evidenza che le maglie delle polizie nazionali non sono impenetrabili e che una cooperazione rafforzata in materia di sicurezza europea passa anche da uno scambio di informazioni e dati più sistematizzato. Le reti terroristiche hanno cellule operanti in diversi Stati membri dell’Unione e si avvalgono di punti di contatto poliedrici, che richiedono un’azione più sistematica da parte delle polizie europee. Nell’Unione europea, tra i numerosi mezzi impiegati nella lotta al terrorismo, senza dubbio assurge a un ruolo di primo piano l’agenzia per la cooperazione di polizia europea, Europol.
Un passo importante. Dopo tre anni di negoziati, l’11 maggio dello scorso anno, esattamente un anno fa, il Parlamento europeo ha finalmente raggiunto un accordo per il nuovo regolamento europeo 2016/794 che sostituisce e abroga la decisione 2009/371/GAI del Consiglio dell’Unione europea che istituiva Europol come entità dell’Unione nel 2009.
Il nuovo regolamento ha dovuto attendere quasi un anno prima di entrare in vigore: solo dallo scorso Primo Maggio, infatti, sono divenute applicabili le nuove disposizioni. Una piccola rivoluzione nella gestione della sicurezza in Europa, passata abbastanza in sordina, soppiantata dalle presidenziali francesi e dagli attriti in Corea del Nord, che vedrà i suoi auspicabili positivi effetti dispiegarsi nel corso dei prossimi mesi. Già sin dalla natura giuridica dell’atto si possono scorgere i primi fondamentali cambiamenti: non più una decisione del Consiglio, ma un passaggio attraverso il Parlamento europeo che rende la decisione più democratica e soprattutto concordata non solo in maniera intergovernativa ma anche tra le forze politiche dei vari Paesi membri dell’Unione.
I cambiamenti di maggiore impatto. Europol è stata spesso criticata in passato per la mancanza di autonomia dai propri Stati membri e per un ruolo quasi mai di primo piano nel confronto alla criminalità organizzata e al terrorismo, ma piuttosto di secondo piano in supporto alle polizie nazionali. Il nuovo regolamento porta in dote invece quattro importanti cambiamenti, che potrebbero ridimensionare in positivo l’azione e l’efficacia dell’agenzia di cooperazione di polizia europea.
In primis, l’articolo sei del nuovo regolamento prevede la possibilità per Europol di avviare un’indagine motu proprio, proponendo a due o più Stati membri la formazione sotto la propria egida e il proprio coordinamento di task force regionali per determinate materie o settori di indagine. Uno dei maggiori limiti di Europol in passato stava proprio nella mancanza di un’autonomia di azione. Ci voleva la richiesta di supporto da parte di polizie degli Stati membri per l’avvio di indagini congiunte con forze di polizia di due o più Stati.
La seconda novità rilevante per il rafforzamento del ruolo di Europol è la previsione di unità nazionali di contatto di Europol. Tale articolo era già presente nel precedente testo istitutivo di Europol, e alcune unità nazionali erano già costituite in seno alle polizie nazionali, tra cui l’unità nazionale italiana con sede a Roma. La novità presente in questo caso è da ricercare nell’obbligatorietà della formazione di tali unità che godranno anche di un controllo tramite relazioni annuali da parte della stessa agenzia Europol. Tale relazione sarà in seguito trasmessa ai Parlamenti nazionali, al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione. Gli Stati membri passano quindi in questo caso specifico da una cooperazione piuttosto volontaria ad una più vincolante, con l’Unione Europea che mostra agli stessi stati membri una chiara volontà di rafforzare la più importante agenzia in materia di sicurezza.
Privacy e sicurezza. Altra critica soventemente mossa contro l’agenzia europea, spesso dagli stessi operatori di polizia, riguarda la difficoltà di trasmissione di dati sensibili su individui sospetti. La decisione del Consiglio prevedeva infatti un robusto sistema di protezione dei dati personali per tutelare la privacy dei cittadini europei con forti garanzie per il privato cittadino ma evidenti limitazioni nelle operazioni di indagine. Solo per citare un esempio, il periodo di conservazione dei dati personali all’interno dei database Europol non poteva superare i tre anni, se non rinnovato attraverso una problematica procedura, inficiando quindi notevolmente i dati a disposizione e conseguentemente lo svolgimento di operazioni di lungo periodo.
Il nuovo regolamento facilita lo scambio di informazioni, senza ledere i diritti di privacy, prevedendo un forte controllo da parte di designati ufficiali di protezione dei dati nazionali, in supporto al lavoro del responsabile della protezione dei dati Europol e del Garante europeo della protezione di dati. Il bilanciamento tra sicurezza e privacy si prevede quindi risolvibile attraverso un controllo bidirezionale verso gli indiziati ma anche verso gli stessi controllori.
Infine, quarto e ultimo punto di rilevante cambiamento, sarà la possibilità per gli ufficiali di Europol di ricevere dati da fonti private; una maggiore collaborazione con grandi aziende, come Microsoft, Apple o Facebook, sarà di certo aiuto per lo svolgimento di indagini in ambito cibernetico e nella lotta al terrorismo, anche attraverso operazioni che partiranno da investigazioni via web. Un solido regolamento per un’agenzia che finora ha espresso solo in parte le sue enormi potenzialità in essere.