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Politica
Premierato, manina di Calderoli. Capo del governo ostaggio della maggioranza
Autonomie, i sospetti di Salvini e Calderoli. Foto Lapresse

Premierato, Meloni e il pressing della Lega. Il cavillo della legge che depotenzia il presidente del Consiglio

Giorgia Meloni sulla "madre di tutte le riforme" adesso sembra un po' in difficoltà. Il suo testo base sta subendo continue modifiche, decise dagli altri partiti che compongono il governo, in particolare dalla Lega. Dietro questi cambiamenti, non a caso, c'è la manina di Roberto Calderoli: così il premier diventa ostaggio della sua maggioranza. È stata la ministra delle Riforme, Maria Elisabetta Casellati, a dire la settimana scorsa che il testo verrà ulteriormente modificato. Tanto per chiarire come sia sconfessato anche da padrini e madrine. Da Palazzo Chigi - si legge su Il Fatto Quotidiano - filtra che, in caso, si tratterà di "modifiche tecniche" o "drafting" per “meglio chiare il testo". Ma non è facile. Perché il tema è politico, con la Lega pronta a non facilitare la vita a FdI. Sullo sfondo il terzo mandato per i Presidenti di Regione (quindi per Luca Zaia in Veneto) al quale il Carroccio non ha ancora rinunciato.

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La situazione, infatti, si è incartata, nonostante l’accordo sbandierato la settimana scorsa. I problemi sono legati alla norma che introduce il meccanismo attenuato del cosiddetto "simul stabunt simul cadent". Il potere di scioglimento spetta al premier, ma solo in parte. Il nuovo testo introduce delle variabili. "In caso di revoca della fiducia al presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere", è scritto nel primo comma dell'emendamento. Poi: "In caso di dimissioni volontarie del presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone". Di fatto, il premier eletto ha il potere di scioglimento delle Camere.

Ancora: "Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio". Dunque, - prosegue Il Fatto - se il premier eletto non vuole riportare il Paese alle urne può o tentare la strada del reincarico o passare la mano ad un altro esponente della maggioranza. Eppure, nella legge non è normato il caso in cui il governo viene battuto su un voto di fiducia posto su un provvedimento. E su questo aspetto c'è la manina di Calderoli. Così la premier Meloni si è incartata. il governo rischierebbe, con questa riforma, di esporsi ai ricatti della maggioranza.






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