Politica

Quelle omissioni di Matteo Renzi

Di Ernesto Vergani

Nella conferenza stampa di fine anno a Montecitorio, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, fa l’elenco delle cose fatte, annuncia quanto farà, ma rinuncia al principio di completezza. Principio proprio di quella professionalità giornalistica tutelata dall’Ordine dei giornalisti. Ordine che Renzi, subito a inizio conferenza, dice che abolirebbe da domani mattina. Renzi elenca quelli che sono sostanzialmente i punti della sua eNews dei giorni scorsi (leggera crescita economica, Jobs Act, legge elettorale, calo delle tasse e abolizione di quelle sulla casa, riforma elettorale, migrazione, riforma della PA, Buona Scuola, cultura, Expo, provvedimenti per il Sud).

Annuncia anche che il 2016 sarà l’anno delle leggi sui valori (unioni civili, terzo settore, servizio civile). Ricorda anche due sue vittorie elettorali. Che con il 40,8% dei voti alle ultime elezioni europee, il suo Pd e lui sono partito e leader più votati in Europa. Rammenta anche di aver vinto il congresso del Pd. Nessun accenno – e nessuna domanda da parte dei giornalisti – sul fatto che Renzi non sia espressione dell’elezione del voto popolare (seppure, ovvio, il sistema elettorale non prevede elezione diretta e il suo incarico è regolarissimo) e sulle vicende che hanno portato ai governi prima Monti, poi Letta, per arrivare appunto a Renzi, senza elezioni politiche e quindi rinnovo del Parlamento. Altra dimenticanza – e anche qui nessuna domanda da parte dei giornalisti – sul conflitto di interessi del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, figlia del vicepresidente di Banca Etruria, una delle quattro banche salvate da decreto governativo.

La Boschi non ha risposto sul fatto, non tanto se lei abbia favorito la banca del padre, quanto sul processo inverso, se abbia cioè ricevuto, a differenza degli altri risparmiatori, informazioni riservate circa le azioni in suo possesso ed eventualmente obbligazioni subordinate. Il che costituirebbe una sorta di insider trading. Il nocciolo è il consenso. Argomento toccato dal presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Jacopino, che, a inizio della conferenza, ha ricordato la situazione di sfruttamento economico di tanti giornalisti, in particolare neoassunti. (Ma Jacopino avrebbe fatto meglio a farlo a metà conferenza, in modo che avesse più ascolto. Per esempio Sky TG24 ha sospeso l’intervento di Jacopino in attesa dell’incipit di Renzi.) E’ evidente che un giornalista sfruttato è meno libero e più succube del potere. E in una fase come l’attuale, sarebbe un ulteriore indebolimento della libertà dell’Italia - e si porrebbe un problema ancor maggiore di consenso, che spesso è il non detto da parte dei media - l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Come il premier farebbe da domattina.