Politica

Renzi, sinistra Pd all'attacco: “Alle Regionali sconfitti per colpa sua”

"Il Pd di Renzi in queste 7 regioni perde circa mezzo milione di voti rispetto al Pd di Bersani alle Regionali del 2010. Inoltre la dimensione della sconfitta in Veneto, la batosta in Liguria e anche le vittorie risicate in Umbria e Campania sono un segnale d'allarme". Alfredo D'Attorre, uno dei leader della sinistra dem, con un'intervista ad Affaritaliani.it, valuta negativamente il risultato del Pd alle Regionali e lo ascrive alle politiche “estranee alla sinistra” adottate del premier. D'Attorre chiede un referendum tra gli iscritti e gli elettori del Pd sulla riforma della scuola e non esclude l'ipotesi di un congresso a breve termine.

La Serracchiani e Guerini sostengono che il Pd abbia comunque ottenuto un grande risultato. E' d'accordo?
"Chi si accontenta gode. Mi pare un'analisi del voto molto parziale e consolatoria".

Perché?
"La dimensione della sconfitta in Veneto, la batosta che abbiamo avuto in Liguria e anche le vittorie risicate in Umbria e Campania già di per sé sono un segnale d'allarme. Tutto questo  in una condizione che di partenza era assolutamente favorevole al Centrosinistra come mai era capitato in passato e come mai forse accadrà in futuro dato lo stato di divisione del Centrodestra. A questo bisogna poi aggiungere un altro dato impressionante...".

Quale?
"Il risultato del Pd, che prende la metà dei voti, considerando le sette Regioni in esame, rispetto alle Europee dello scorso anno quando ottenne 4milioni e 200mila voti. Ma ne perde anche circa mezzo milione rispetto alle Regionali del 2010 quando il leader era Bersani”.

A che cosa imputa questa sconfitta?
"A quello che nei mesi scorsi ho chiamato il divorzio tra il Pd di Renzi e la sinistra: c'è un popolo ampio che non si riconosce nel programma che il presidente del Consiglio ha attuato in questo ultimo anno: dal lavoro, alla scuola, fino alla fiducia sulla legge elettorale. Un metodo e dei contenuti di governo che sono stati rigettati da una larga parte del nostro elettorato. Quasi la metà di quelli che ci avevano votato l'anno scorso  non si sono recati alle urne o hanno scelto altri partiti eccependo questo programma come estraneo al Pd e alla sinistra".

Che cosa ha in mente per rilanciare il Pd?
"Va aperto immediatamente un confronto trovando anche il modo di interpellare i nostri elettori su alcune scelte fondamentali che dobbiamo prendere".

Pensa a un congresso?
"Non lo so, le formule le vedremo. La direzione dell'8 giugno sappiamo già come andrà: Renzi parlerà per un'ora e mezza e alla fine si voterà facendo finta che ci sia stato un dibattito. Io mi riferisco a come coinvolgere nuovamente i nostri iscritti ed elettori, per esempio sulla riforma della scuola".

Attraverso un referendum?
"Potrebbe essere un'ipotesi. Se l'avessimo fatto sul Jobs act oggi probabilmente non avremmo avuto questo amaro risveglio".

Viste le sue dure critiche, anche lei potrebbe uscire dal Pd come ha fatto Civati?
"In questo Pd sono a disagio come tantissimi militanti ed elettori.  Dopodiché, finché vedo uno spiraglio mi batterò per evitare che il divorzio tra il Pd e la sinistra diventi definitivo".

Daniele Riosa (@DanieleRiosa)