di Giuliano Volpe *
Appena rientrato dall'estero, ancora un po' intontito per il jet lag, sono andato a Faragola. Lì l'intontimento è aumentato notevolmente per la miscela di sensazioni, emozioni, dubbi, timori, rabbie, speranze.
Ma con una mia idea che si è confermata attraverso la visione autoptica e l'analisi delle tracce, com'è nel metodo archeologico: nessuno mi toglie dalla testa che si sia trattato di un incendio doloso; tutt'intorno alla struttura andata in fiamme la terra è pulita, non ...ci sono tracce di bruciato, l'erba, tagliata di recente, è secca, gialla, in alcuni tratti anche verde, pulita, non ha segni di bruciato; c'è una fascia senza significative tracce di bruciato di almeno 10-20 metri intorno all'area musealizzata ora distrutta; nel vicino oliveto gli unici alberi bruciacchiati sono quelli della fila vicina al sito archeologico, ma anche un tubo di plastica che corre lungo il confine è integro (avrebbe dovuto squagliarsi se il fuoco fosse arrivato di lì!); mi sembra impossibile che il fuoco sia arrivato da sterpaglie bruciate. L'impianto elettrico era disattivato.
Ma non è di questo che voglio parlare (le indagini sono ancora in corso e attendiamo con fiducia i risultati), ma del presente e del futuro. La fase di messa in sicurezza prosegue. Poi partirà la realizzazione di una copertura di cantiere. Poi, sulla base di un progetto, partiranno i restauri e la realizzazione di una nuova copertura.
Non tutto potrà essere recuperato ma si cercherà di fare il massimo e si troveranno i modi, anche con le tecnologie multimediali, per restituire la possibilità di garantire la comprensione del sito e la comunicazione della sua importanza. Cosa fare nel frattempo?
Credo sia necessario soprattutto non far calare l'attenzione (che vedo già pericolosamente in calo); in alcuni casi si è manifestata assai poco, come emerge dalle poche decine di abitanti di Ascoli Satriano che hanno sentito il bisogno di andare a vedere cosa è successo (o anche magari a portare una bevanda o un caffè a chi stava lavorando anche sabato e domenica tra le lamiere e la cenere), dall'assoluta mancanza di disponibilità da parte di imprenditori locali a dare una mano nell'emergenza, dalla latitanza di certi politici e amministratori, passato il primo momento e andate via le telecamere (alcuni per la verità continuano a seguire la cosa con attenzione).
Nelle prossime settimane bisognerà organizzare un’iniziativa pubblica sul sito. Inoltre sarà bene allestire una mostra sul cantiere e magari anche installazioni multimediali. Infine sarebbe bello realizzare un’opera d’arte con le lamiere contorte della copertura, a memoria di questa tragedia. E parleremo di Faragola ovunque ce lo chiederanno.
Insomma bisognerà far vivere il sito anche in questa fase di emergenza e poi di cantiere di restauro e di ricostruzione. Un cantiere aperto, partecipato, pubblico. Solo così Faragola potrà rinascere dalle sue ceneri come la fenice.
* Archeologo e Presidente del Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggistici del MIBACT. A lui si devono l'avvio e la guida dei primi scavi di Villa Faragola, oltre il recupero dei magnifici Grifoni dagli Stati Uniti.
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Pubblicato in precedenza: Capitanata: la Mafia come l'Isis Esplosivo alla Villa di Faragola
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