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Affari Europei
Economia, Macron eredita un Paese in crisi
Il debito pubblico francese é cresciuto vertiginosamente

 

Come gli altri stati membri dell’Unione economica e monetaria europea (EMU), anche l’economia francese è stata colpita dalle crisi internazionali del 2007-’09 e dalle crisi europee del 2010-’13. Il tasso di crescita macroeconomica e gli incrementi nel reddito pro-capite della Francia sono stati, però, superiori alla media dell’EMU e inferiori a quelli dei paesi più forti dell’area. Infatti, nel 2016 il PIL francese ha superato del 4,9% quello del 2008, mentre l’analogo dato medio dell’EMU è stato pari al 2,7% e quello della Germania pari allo 8%. In ogni caso, confrontando i tassi macroeconomici di crescita della Francia e della Germania dalla creazione dell’euro-area (1999) a oggi, la performance dei due paesi è stata simile (1,4% circa di tasso annuo di crescita) e maggiore della media EMU (1,3%).

Francia piú indebitata che mai

Va peraltro notato che, diversamente dalla Germania, la Francia ha fronteggiato le crisi accumulando squilibri rispetto ai parametri europei. Nel 2008 il rapporto francese Debito pubblico/PIL era allineato a quello medio dell’EMU e di poco superiore alla soglia del 60% (circa 68%); nel 2016, dopo aver ripetutamente infranto per eccesso il vincolo del 3% nel rapporto deficit pubblico/PIL, la Francia ha un rapporto debito pubblico/PIL di poco inferiore al 100% che supera di sei punti percentuali la media dell’Eurozona. Inoltre, diversamente dai paesi più deboli dell’EMU, dopo il 2010 la Francia non ha corretto (ma, anzi, ha accentuato) i propri sistematici squilibri negativi nelle partite correnti. Oggi, essa continua a registrare un ammontare di investimenti interni aggregati (pubblici e privati) maggiore dei risparmi interni aggregati.

Nessuna riforma lacrime e sangue per Parigi

L’ultimo dato è cruciale. Diversamente – per esempio – da Portogallo e Spagna, la Francia non ha incontrato difficoltà a finanziare i propri debiti sui mercati. Pertanto, essa non è stata costretta ad attuare aggiustamenti di breve termine ("sudden stop") incentrati su radicali compressioni nell’occupazione e nei redditi da lavoro. Combinandosi con istituti economico-sociali in grado di salvaguardare le garanzie per gli occupati e con un generoso stato sociale, ciò ha parzialmente protetto gran parte della popolazione francese rispetto all’impatto sociale delle crisi. In Francia il potere di acquisto dei redditi medi e medio-bassi è stato tutelato. Prova ne sia che, a differenza di quanto avvenuto in altri stati membri dell’EMU, la dinamica demografica del paese è rimasta positiva.

Frena anche l'occupazione

Tali fenomeni non hanno penalizzato le dinamiche francesi delle varie forme di produttività rispetto a quelle tedesche. Per esempio, fin dagli anni Settanta, i tassi di crescita della produttività media del lavoro nei due paesi sono stati, grosso modo, allineati (e superiori a quelli del Regno Unito). Tuttavia, durante gli anni precedenti le crisi, in Germania la crescita nella produttività del lavoro si è accompagnata a una compressione salariale; in Francia il costo del lavoro è cresciuto in linea con la produttività. Dati gli stretti legami di partnership ma anche di concorrenza fra i due paesi, la tutela del potere di acquisto in Francia ha finito per tradursi in distorsioni nell’allocazione delle risorse e per frenare la diffusione delle innovazioni e del benessere. La recente ripresa non ha, a oggi, prodotto apprezzabili aumenti occupazionali.

I problemi dell’economia francese sembrano perciò derivare dalla mancata combinazione fra la tutela del potere di acquisto e del sistema di protezione sociale, che sono richiesti dalla maggioranza della popolazione, e la competitività economica rispetto agli stati membri più forti dell’EMU che è imposta dall’appartenenza all’Unione monetaria.

La Francia nel guado: retrocessione o rilancio

Qui non possiamo discutere se questa mancata combinazione sia l’esito inevitabile delle carenze istituzionali dell’EMU (in termini di unione fiscale e di governo centrale) oppure dipenda dalle incrostazioni e dalle inefficienze dell’economia e della società francesi. L’ipotesi più probabile è che sia il frutto di ambedue i fattori. Fatto è che la Francia si trova oggi stretta fra luci e ombre: ha perso il confronto con i paesi "core" ma non può essere assimilata ai paesi "periferici". La Francia si è comunque indebolita: essa ha smarrito le proprie sicurezze e non è più un credibile contrappeso della Germania. La conseguente incertezza "radicale" spiega l’affermarsi di posizioni sovraniste sia di destra che di sinistra; e il passaggio politico-istituzionale, rappresentato dal prossimo appuntamento elettorale, ne è un esempio emblematico.

L’auspicio è che, alla fine, le posizioni sovraniste non prevarranno ma si affermerà una politica in grado di recuperare l’efficienza economica senza smantellare le tutele sociali. Gli attuali fondamentali macroeconomici europei e francesi appaiono sufficientemente robusti da legittimare tale auspicio. È però necessario che l’EMU avvii processi di cambiamento istituzionale dopo le elezioni francesi e tedesche; e che i nuovi governi della Germania e della Francia vogliano disegnare un’area dell’Euro più innovativa e più inclusiva.

 

Marcello Messori (SEP - LUISS Guido Carli) e Francesco Saraceno (SEP - LUISS Guido Carli e OFCE - Sciences Po) per Ispi

Tags:
economia franciaelezioni francia





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