Cronache
Credenti e miscredenti
Se si discute di religione capita di osservare nei credenti un atteggiamento tanto stupefacente quanto fastidioso: l’uso, come dimostrazione, del thema probandum, cioè della cosa da dimostrare. Più o meno come se si desse, come prova dell’innocenza di un imputato, il fatto che egli si dichiara innocente. Una volta si chiamava petitio principii.
La cosa non viene qui denunciata come una mancanza di lealtà o, ancor peggio, di onestà. L’Italia è cristiana da circa duemila anni e per molti secoli la Fede è stata, più che un obbligo, un’ovvietà, al punto che, fino ad un’epoca molto recente, contestarla è stata, se non un delitto, almeno un’indecenza. In queste condizioni è facile soggiacere ad “idola” collettivi; è facile accettare come dimostrazioni logiche ingenui paralogismi, o come uniche possibili interpretazioni quelle che sono state dichiarate valide dalla Chiesa Cattolica.
Chi da questo mondo intellettuale è uscito da molti anni non può che sentirsi isolato e avere l’impressione, discutendo, di star tentando di dimostrare ad un club di calcio la correttezza di una decisione arbitrale che ha gravemente danneggiato la sua squadra. I religiosi, grazie al Cielo, non passano alle vie di fatto; ai tifosi è meglio dare ragione.
I casi di giudizio preconfezionato sono innumerevoli. Tutti i credenti considerano i Quattro Vangeli ispirati dallo Spirito Santo, dimenticando che sono stati dichiarati tali dalla Chiesa, e che è la stessa Chiesa quella che ha dichiarato apocrifi tutti gli altri. È stata una buona occasione per mettere il carro dinanzi ai buoi. Se i Vangeli fossero soltanto quattro e concordemente dicessero che la Chiesa, quando stabilisce qualcosa, è ispirata dallo Spirito Santo, potremmo credere all’autorità della Chiesa, perché discendente direttamente dalla parola di Gesù. Nella nostra realtà le cose stanno al contrario: è la Chiesa che dichiara alcuni Vangeli attendibili, perché ispirati dallo Spirito Santo, ed altri no, e dunque è la Chiesa la vera autorità, non i Vangeli. Basta chiedersi: questi ultimi avrebbero l’autorità che attualmente si presume abbiano, se la Chiesa non li avesse dichiarati ispirati dallo Spirito Santo?
Recentemente, in una discussione, si cercava di stabilire se la predicazione di Gesù fosse apocalittica. Un illustre teologo ha premesso che: “non basta leggere il Vangelo superficialmente”. Traduzione: se non lo capisci come lo capisce la Chiesa sei un superficiale. E poi ha sostenuto che: “l'espressione (Mt 10, 22) ‘prima che venga il Figlio dell’uomo’ non indica la fine del mondo, come altre espressioni del discorso escatologico… (che sono numerosissime, nota di G.P.) ma la manifestazione della potenza di Cristo nel radunare tutte le genti nella Chiesa”. Interpretazione assolutamente gratuita e a posteriori. I Vangeli parlano molte volte, letteralmente e incontestabilmente, della fine del mondo, del resto seguendo in questo il messaggio di Giovanni il Battista. Gesù del resto non sostiene mai di essere venuto a fondare una nuova religione e il Cristianesimo non è nato durante la vita di Cristo, ma a partire dal momento in cui, dopo il Golgota, la fine del mondo non si ebbe e la prima comunità fu guidata, a Gerusalemme, da un fratello di Gesù, Giacomo.
Il record della petitio principii è stato tuttavia battuto da un altro teologo col quale discutevo dell’esistenza di Dio. Dopo aver parlato di Aristotele, di Tommaso, di Anselmo, di Kant e degli altri, alla fine, forse spazientito, quell’uomo mi ha detto che aveva la prova incontestabile dell’esistenza di Dio: e con un largo gesto teatrale mi ha indicato il grande crocifisso che occupava mezza parete della sagrestia.
Oggi si discute tanto del Papa, e molti cercano di “salvarlo”, cercando di negare che egli tiene ben poco conto della dottrina e mette in pericolo la serietà dell’istituzione di cui è a capo. Al solito, tentano di dargli ragione non perché abbia ragione, ma “perché è il Papa”. In realtà - a parte il fatto che la sua autorità non può essere opposta a chi non è credente, non più di quanto un arbitro di calcio possa dare ordini ad un colonnello dell’esercito - si dimentica che la vera autorità dipende dall’essere autorevoli, non dai gradi che si hanno sulla giacca. Del resto è proprio questa la ragione per la quale Elisabetta II era tanto irritata con la Principessa Diana: la regalità si preserva con la suprema dignità di qualcuno cui mai nulla si può rimproverare, come la Regina. Al contrario, di un personaggio da rotocalchi e di una protagonista del gossip tutto si può dire, salvo che sia regale o meriti di esserlo.
I credenti di qualunque fede dovrebbero sforzarsi di capire che le loro convinzioni non dimostrano nulla, per colui che non le condivide. L’unico strumento valido per tutti è la logica laica. Esattamente come, fra tifosi, l’unico argomento valido è la moviola. Anche se poi si sa che i veri credenti, se quell’aggeggio gli dà torto, chiudono gli occhi.
Gianni Pardo
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