Cronache
Maradona è innocente. E’ necessario un fisco umano.
Maradona rinviato a giudizio per diffamazione ad Equitalia. E' la notizia dell'ultim'ora battuta da tutte le agenzie di stampa e che costituisce l'ultimo capitolo della tormentata vicenda del campione argentino con il fisco italiano.
Secondo il provvedimento di rinvio a giudizio del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Maradona ha diffamato Equitalia a causa di alcune dichiarazioni sembra rilasciate ad un giornale on-line nel 2012. Il processo si celebrera' il 16 luglio 2016. Abbiamo raccolto l'opinione di Silvio Ceci, tributarista milanese, noto per le sue battaglie per un fisco giusto e per avere rappresentato e assistito in giudizio celebri personaggi dello sport e spettacolo.
Dottor Silvio Ceci, qual e' la sua prima impressione alla notizia del rinvio a giudizio di Diego Maradona?
Sono francamente perplesso per la vicenda dell'amico Diego. Da anni Maradona sta combattendo per avere il riconoscimento dei suoi diritti, denunciando i vizi presenti negli atti di riscossione notificati da Equitalia. Nei giorni scorsi, peraltro, la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli ha accolto uno dei ricorsi di Diego, annullando una Intimazione di pagamento priva di motivazione. Si tratta di un contenzioso complesso ed estremamente defatigante la cui conclusione e' ancora molto lontana. E' comprensibile, allora, che Maradona, come ogni contribuente impegnato in una azione legale complicata e di esito incerto, possa avere un momento di sfogo dettato dallo sconforto per non vedere ancora la luce all'orizzonte. Certo, alcuni passaggi della dichiarazione riportata nell'articolo incriminato sono - se presi alla lettera - discutibili e, in astratto, potrebbero configurare una ipotesi di diffamazione, ma e' anche vero che le parole vanno pur sempre contestualizzate. Maradona, infatti, oltre che addolorato per le contestazioni del fisco, e' anche straniero e, come tutti sanno, non ha mai avuto una grande padronanza della nostra lingua. Come si fa ad escludere che le sue affermazioni non siano la conseguenza proprio della sua scarsa dimestichezza con le sfumature linguistiche? E poi, ribadisco, ritengo che una certa elasticità interpretativa deve essere adottata quando l'autore delle parole vive vicende tormentate ed interminabili. Chi non sarebbe colto dall'esasperazione? Credo allora che nel caso di Diego sia mancata la corretta lettura delle sue parole.
Anche lei ha vissuto una esperienza simile a quella di Maradona
Si. Nel 2012 sono stato querelato da Equitalia per diffamazione poiché in una intervista avevo semplicemente affermato che l'ente di riscossione si rendeva responsabile di comportamento aggressivo. E ciò alla luce dei numerosi fatti di cronaca che avevano visto come protagonisti cittadini che, colti dalla disperazione per debiti con Equitalia, avevano commesso suicidio. Una storia, dunque, assurda che mi ha visto destinatario - come Maradona - di una querela per diffamazione e di una azione civile di risarcimento danni per centomila euro, entrambe promosse da Attilio Befera come direttore di Equitalia.
Come e' andata a finire?
Nel migliore dei modi. Tutto si e' risolto in una bolla di sapone. Il contenzioso si e' chiuso dinanzi all'organo di mediazione invocato da Equitalia con il versamento da parte mia di 1500 euro da destinarsi alle famiglie dei contribuenti suicidatisi. In tal modo ho evitato le lungaggini del contenzioso e, nello stesso tempo, ho colto l'occasione per una azione di sostegno a persone con disagio.
Parliamo allora di fisco. Oggi le garanzie dello statuto del contribuente sono riconosciute al cittadino?
Non direi. I problemi che denuncio da anni non sono stati assolutamente risolti. Anzi, ritengo che essi sono peggiorati.
Che intende dire?
Le asimmetrie del processo tributario permangono. Le commissioni tributarie rimangono parziali, in violazione diretta dei principi costituzionali i quali richiedono che il giudice in ogni processo sia terzo ed equidistante dalle parti. Ritengo sconvolgente che nel 2015 i giudici tributari siano ancora onorari, privi di competenza tecnica, nominati e retribuiti dal Ministero delle finanze e, quindi, ‘di parte’. Come e' possibile che i nostri politici non si rendano conto di questa situazione assurda che e' un vero e proprio pugno nell'occhio al diritto e al buon senso? Il dilettantismo e l'inevitabile condizionamento ambientale che subiscono gli organi giudicanti costituiscono un danno oggettivo alla certezza del diritto. E non vi e' dubbio che l'incertezza porta solo ad una conseguenza: sfiducia nelle Istituzioni che produce maggiore illegalità. Nessuno ne e' consapevole ma e' cosi.
Ci sono anche, però, segnali di legalità importanti. Ad esempio la recentissima sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la legge con cui erano stati incaricati alcune centinaia di funzionari a coprire ruoli dirigenziali. Crede che tale pronuncia avra' delle ricadute per i contribuenti?
La decisione della Consulta e' senza dubbio un atto di civiltà giuridica, oltre che di giustizia. Perché un impiegato che non ha superato un concorso deve ricoprire le stesse funzioni di chi invece ha, con impegno e sacrifici, conseguito legittimamente la qualifica di dirigente? Il giudice delle leggi, quindi, ha fatto giustizia ed ha riaffermato il principio della meritocrazia oltre alla sacrosanta regola che gli incarichi pubblici si ottengono solo con concorso. La sentenza della Corte Costituzionale, pero', ha anche ricadute fortissime sui contribuenti. Non vi e' dubbio, infatti, che, a causa dell'abrogazione retroattiva della legge che aveva nominato i dirigenti decaduti, tutti gli atti sottoscritti da tali soggetti sono nulli per carenza di potere del firmatario. Si tratta di un principio pacifico di diritto amministrativo. Cio' significa che i contribuenti destinatari di avvisi di accertamento e cartelle di pagamento possono eccepire la nullità dell'atto perché sottoscritto da direttore provinciale decaduto a causa della sentenza della Corte Costituzionale. Se l'ufficio dell'agenzia delle entrate non riuscirà a dimostrare il contrario, il giudice tributario dovra' inevitabilmente constatare la illegittimità dell'atto. Salvo che non prevalgano valutazioni politiche che non hanno nulla a che fare con la legalita' e lo Stato di diritto.
Che intende dire?
Subito dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, l'agenzia delle entrate ha discutibilmente affermato che la decisione non avrebbe comportato l'annullamento degli atti firmati dai dirigenti decaduti. Una dichiarazione forte che mi ha colpito non poco proprio perché, oltre a non rispondere al vero, si traduce, molto più gravemente, nel disconoscimento da parte di un ente della pubblica amministrazione - quale e' l'agenzia delle entrate - di una pronuncia del massimo giudice nazionale che e' la Corte Costituzionale. Questo mi ha indotto a pensare che il riconoscimento delle inevitabili conseguenze della sentenza della Consulta sarà molto tormentato. E ciò è già confermato da alcune censurabili decisioni di giudici tributari che hanno acriticamente sposato la posizione dell’agenzia delle entrate. Pertanto credo che, con molta probabilità, la questione sarà risolta solo dalla Cassazione la quale spero che saprà essere garante della perfetta applicazione del diritto, così come stabilito dalla legge sull'ordinamento giudiziario.
Come vede il futuro del sistema tributario italiano?
Spero migliore di oggi. E’ noto che la pressione fiscale in Italia è la più alta al mondo e per ciò che viene versato allo Stato dai cittadini, i servizi e gli uffici pubblici dovrebbero essere impeccabili e preziosi come l’oro. Sappiamo tutti che la situazione è ben diversa. Attualmente il contribuente non appare cittadino con garanzie ma piuttosto come un semplice pollo da spennare. Principi costituzionali quali l'imparzialita della pubblica amministrazione e la capacità contributiva sono integralmente ignorati. Lo Stato deve fare cassa per adeguarsi agli assurdi ed irrealistici parametri finanziari di Bruxelles. Nel perseguimento di tale obiettivo, i diritti fondamentali del contribuente vengono calpestati. Non esiste più il cittadino con le sue esigenze e necessità, ma il contribuente inteso 'a priori' come evasore. Il riconoscimento dei suoi diritti è difficilissimo e tante volte le sue ragioni vengono impunemente negate da un apparato burocratico strutturato con il deliberato fine di rendergli la difesa quasi impossibile. E' chiaro allora questo sistema e' inaccettabile perché disumano ed irrealistico. Gli interessi erariali oggi sovrastano l'individuo e, come ho detto, tale situazione genera sfiducia nello Stato. Il pericolo concreto e' che, prima o poi, il malcontento sempre più diffuso possa tradursi in violenza. L'impegno dello Stato allora deve essere di frenare l'attuale deriva burocratica di cui oggi tutti siamo vittime. Per uno Stato e un fisco più giusto, occorre infondere nelle Istituzioni l'umanità che manca. Questa e' la vera sfida che i nostri politici oggi devono assolutamente affrontare e vincere se non vogliono che il Paese affondi definitivamente nella disperazione senza ritorno.