Cronache
Papa: "Siamo in debito coi giovani, li costringiamo a emigrare"

"Abbiamo condannato i nostri giovani". Parla Papa Francesco
"Abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento, perche' lentamente li abbiamo emarginati dalla vita pubblica obbligandoli a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono o che non permettono loro di proiettarsi in un domani". Papa Francesco ha colto l'occasione del Te Deum del 31 dicembre, per una forte denuncia dell'emergenza lavoro e del rischio di tagliare fuori dalla vita produttiva intere generazioni. L'omelia del Papa nella Basilica Vaticana, dove c'era ad ascoltare le sue parole anche il sindaco di Roma Virginia Raggi, e' stata un forte invito alla societa' ad "assumere la responsabilita' che abbiamo verso i nostri giovani". "Piu' che responsabilita', la parola giusta - ha osservato Francesco - e' debito: si', il debito che abbiamo con loro. Parlare di un anno che finisce e' sentirci invitati a pensare a come ci stiamo interessando al posto che i giovani hanno nella nostra societa'". "Non priviamoci - ha invocato Bergoglio - della forza delle loro mani, delle loro menti, delle loro capacita' di profetizzare i sogni dei loro anziani. Se vogliamo puntare a un futuro che sia degno di loro, potremo raggiungerlo solo scommettendo su una vera inclusione: quella che da' il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale". Occorre, ha sottolineato, "guardare il presepe ci sfida ad aiutare i nostri giovani perche' non si lascino disilludere davanti alle nostre immaturita', e stimolarli affinche' siano capaci di sognare e di lottare per i loro sogni. Capaci di crescere e diventare padri e madri del nostro popolo".
Il Papa ha messo in luce la contraddizione di "una cultura che, da una parte, idolatra la giovinezza cercando di renderla eterna", ma, che "paradossalmente", finisce col sacrificare i propri giovani. "Abbiamo privilegiato - ha lamentato Francesco - la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano ai giovani di essere protagonisti attivi nella vita della nostra societa'. Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro, ma li discriminiamo e li 'condanniamo' a bussare a porte che per lo piu' rimangono chiuse". "Siamo invitati - ha scandito - a non essere come il locandiere di Betlemme che davanti alla giovane coppia diceva: qui non c'e' posto. Non c'era posto per la vita, per il futuro". Il Papa ha insistito sulla necessita' che si faccia il massimo sforzo per dare un futuro ai giovani e lo si faccia davvero a tutti i livelli. "Ci e' chiesto - ha scandito - di prendere ciascuno il proprio impegno, per poco che possa sembrare, di aiutare i nostri giovani a ritrovare, qui nella loro terra, nella loro patria, orizzonti concreti di un futuro da costruire". E nella sua meditazione il Papa ha evidenziato che "guardando il presepe incontriamo i volti di Giuseppe e di Maria. Volti giovani carichi di speranze e di aspirazioni, carichi di domande. Volti giovani che guardano avanti con il compito non facile di aiutare il Dio-Bambino a crescere. Non si puo' parlare di futuro - ha affermato - senza contemplare questi volti giovani". Secondo Francesco in Cristo, infatti, "Dio non si e' mascherato da uomo, si e' fatto uomo e ha condiviso in tutto la nostra condizione. Lungi dall'essere chiuso in uno stato di idea o di essenza astratta, ha voluto essere vicino a tutti quelli che si sentono perduti, mortificati, feriti, scoraggiati, sconsolati e intimiditi". "Mentre un altro anno volge al termine, sostiamo davanti al presepe, per ringraziare - ha chiesto - di tutti i segni della generosita' divina nella nostra vita e nella nostra storia, che si e' manifestata in mille modi nella testimonianza di tanti volti che anonimamente hanno saputo rischiare. Ringraziamento che non vuole essere nostalgia sterile o vano ricordo del passato idealizzato e disincarnato, bensi' memoria viva che aiuti a suscitare la creativita' personale e comunitaria perche' sappiamo che Dio e' con noi".