Riace. Mimmo Lucano? Potere, voti e soldi. Ma per la sinistra è un santo
E' pubblico l'atto del Riesame: le carte distruggono Riace e Lucano. Potere, voti e soldi. Pagato concerto di Vecchioni con denaro destinato ai rifugiati.
Ma ecco cosa emerge dagli atti, pubblici da qualche giorno, del Tribunale della Libertà o Riesame, che è quel particolare collegio di giudici che effettua un controllo esterno sui provvedimenti restrittivi delle libertà personali degli indagati (a loro garanzia). I giudici non solo sono entrati nella legittimità ma anche nel merito della questione, colmando come è in loro potere lo spettro delle informazioni sull'accaduto.
Lucano ha un'ossessione per il potere che i giudici chiamano “delirio di onnipotenza”, alimentata dalla visibilità internazionale data da articoli, film e documentari che raccontano l'epopea di Riace e sua, come quando la rivista Fortune lo inserì tra i 50 uomini più influenti del pianeta, insieme a Obama e il Papa. Un sistema, Riace, che è tutt'altro che un modello, “opaco e inverminato da mille illegalità al suo interno”, scrivono i giudici della Libertà.
Le accuse con prove nei confronti di Lucano, di aver combinato matrimoni falsi tra immigrati e aver affidato illecitamente il servizio di raccolta rifiuti e pulizia urbana a due cooperative, vanno inserite in un quadro più ampio di calcoli elettorali per mantenere il potere su Riace.
“La fa da padrone il tornaconto politico-elettorale del Lucano che in più di un'occasione fa la conta dei voti che gli sarebbero derivati dalle persone impiegate presso le associazioni e o destinatarie di borse lavoro e prestazioni occasionali, persone molte delle quali inutili a fini lavorativi o addirittura non espletanti l'incarico loro affidato, sovrabbondanti rispetto ai bisogni eppure assunte o remunerate anche in via occasionale per il ritorno politico-elettorale", c'è scritto nel dispositivo.
Una rete di voti e di economia, quella cittadina, che 10 milioni di euro, arrivati dallo Stato, permette di alimentare. “Tutto questo sistema di associazioni sul territorio è stato, peraltro, realizzato da Lucano”, scrivono i giudici, “senza nessuna osservanza dei principi di economicità, efficacia e trasparenza procedendo direttamente alla selezione degli operatori economici (enti gestori) senza far ricorso alle prescritte procedure di evidenza pubblica. In tal modo ha gestito l'accoglienza, avvalendosi di diversi enti gestori da lui scelti e composti da persone a lui legate da intensi rapporti, nell'ambito dei progetti Sprar e Cas di: n°468 stranieri nel 2014; n°512 stranieri nel 2015; n°557 stranieri nel 2016; n°268 stranieri nel 2017 (fino al mese di settembre). Sono stati quindi veicolati a queste associazioni dal ministero dell'Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria somme di denaro per un ammontare di € 10.227.494,60”
Soldi che solo dal 2016, paradosso dei paradossi (come raccontavo anche nel libro Coop connection), vanno rendicontati anche in uscita, cioè va spiegato nel dettaglio come vengano spesi, dalle cooperative e associazioni che percepiscono il denaro dalle Prefetture. E quindi essendoci pagamenti di ogni tipo, quando non occorreva rendicontare, sorgono i problemi. Al centro del quadro due cooperative controllate da un'associazione. Ma "egli era controllore”, spiegano i giudici nel dipositivo, “di se stesso e ha garantito il mantenimento ed il nascondimento di quelle opacità e dello sciupio di fiumi di denaro pubblico (lo stesso Gip da contezza della 'mancanza' nelle casse di 2 milioni di euro”)
Esemplare il momento quando Lucano si confida con un'interlocutore nel “brulicare di stratagemmi” per mettere delle toppe ai buchi contabili. Una caterva di false prestazioni, occasionali, sapendo benissimo che tutti intorno a lui sottraggono denaro e fingono di lavorare.
Lucano: “Ce l'hanno con me non per questo, ce l'hanno con me perché hanno capito che io ho un atteggiamento diverso sul fottimento dei soldi, per questo ce l'hanno con me, chiaro e tondo… perché fino ad ora mi hanno preso per il culo e non ho detto niente, ora… Io non dico mai niente ma il problema è che non sono io perché vengono i rifugiati per protestare che non gli pagano i Pocket money, vengono gli operatori che gli hanno pagato lo stipendio fino ottobre, vengono i proprietari delle case che non gli hanno pagato la casa vengono tutti, non sono io...”
E nulla fa il pubblico ufficiale (in quanto sindaco) Lucano. E a un interlocutore che gli parla delle firme raccolte a suo sostegno si fa scappare: “Ma tu ti immagini che vedevano che io facevo questi trucchi in questa maniera”.
“Ammette Lucano candidamente”, scrivono i giudici, “di averlo fatto in passato, di aver artatamente predisposto prestazioni personali mai effettuate, ma ora sa di non poterlo fare più. La sua immagine pulita verrebbe sporcata ed il mondo intero avrebbe visto un Lucano” con tanti “trucchetti”. “E tuttavia, si accorge di non aver altra scelta per la redazione della rendicontazione e la corresponsione dei finanziamenti”.
Il suo è un sistema sempre più affannato alla ricerca di pezze di appoggio che si conclude con il “diktat” alla “segretaria confusa e impaurita sul da farsi a fronte di buchi da coprire”, scrivono i giudici. Così la invita a inserire più voci di spesa possibili, tanto verranno accettate. Riace è un modello.
Lucano: “Quelli che vuoi… tante volte anche se imbrogliate le cose passano”.
I giudici sono sconcertati per la sequenza di sotterfugi. Come con il frantoio per i migranti, acquistato con i soldi dello Stato che Lucano e gli altri collaboratori sanno benissimo sia inservibile e “lasciato lì a marcire”, scrivono i magistrati. Stessa situazione per i “laboratori del cioccolato”, “la bottega equosolidale” e gli altri laboratori. Questione che emerge quando un ministro greco, che ha scelto Riace per conoscerne il modello, si ritrova in un pranzo organizzato dal sindaco ma pagato con i soldi dati dallo Stato al progetto degli immigrati minori non accompagnati.
Uno sciupio di denaro pubblico onnipresente, dicono ancora i giudici: “Lucano con la sua vivavoce confessa di aver speso per la festa dei santi Cosimo e Damiano oltre 100.000 euro di cui solo 45.000 per pagare il cantante Vecchioni. Si accertava che per la festa patronale di paese il Comune non aveva stanziato somme di denaro e che queste erano state in parte reperite presso le associazioni utilizzando i fondi ricevuti dal ministero e dalla prefettura per la gestione dei rifugiati.”
Lucano: “... mi sono mangiato 100.000 euro, solo Roberto Vecchioni è costato 45.000 euro...”
L'indagato vive oltre le regole, che ritiene, d'altronde, di poter impunemente violare nell'ottica del "fine che giustifica i mezzi”, spiegano le toghe.
E poi occorre evitare di perdere i finanziamenti della Prefettura.
Lucano: “Non li dobbiamo perdere i soldi per la prefettura, dobbiamo studiare un sistema… gli spariamo pure 2-3000 euro al mese… assistenti sociali, addetti alla rendicontazione, assistente legale”
“Tutto fa brodo pur di coprire gli ammanchi ed ottenere il finanziamento”, gonfiando fatture e continuando ad incassare per coprire i buchi e far sembrare che tutto sia in regola.
“La circostanza, sbandierata in tutte le salse”, dicono ancora i giudici, “secondo la quale l'indagato non avrebbe preso per sé neanche un centesimo di denaro pubblico, oltreché ancora suscettibile di rigoroso accertamento, non vale certo ad oscurare o allentare il dato che egli era il motore di tutto quel sistema, che era sindaco e al tempo stesso occulto presidente di fatto della più grossa associazione, che era il creatore primo ed assoluto della nuova Riace”. Interessante sarebbe capire che fine faranno le abitazioni acquistate, con i soldi pubblici, dai privati per dare alloggio agli immigrati. Prassi non consentita perché chi accoglie l'alloggio deve già averlo. Ma siamo a Riace che è un modello!
200 pagine di motivazione che dimostrano come Lucano "non può gestire la cosa pubblica (...) egli è totalmente incapace di farlo, e quel che ancora più rileva, in nome di principi umanitari ed in nome di diritti costituzionalmente garantiti viola la legge con naturalezza e spregiudicatezza allarmanti".
E infine anche l'immagine del benefattore disinteressato scompare, quando progetta una candidatura alle politiche come capolista, al fine di arginare l'azione giudiziaria nei suoi confronti.
"Con callida freddezza”, scrivono i giudici, “una volta appurato di essere oggetto di indagini giudiziarie oltre che amministrative, progettava la sua candidatura alle politiche come capolista al fine di arginare l'azione giudiziaria nei suoi confronti".
Lucano: “L'intenzione mia e che… che… per quanto riguarda gli aspetti giudiziari così a me conviene…”
Interlocutore: “La candidatura”
Lucano: “Ma però intanto ovviamente io accetto solo se sono primo della lista… per come sta Liberi e uguali riesci a prendere solo uno (un posto) in tutta la Calabria al proporzionale”.
Ora sarebbe stupido ed esagerato paragonare lo scandalo Riace a quello di Mafia capitale o casi simili o non vedere del buono anche nel progetto di accoglienza degli immigrati praticato 20 anni prima nella cittadina calabrese dallo stesso Lucano, ma è altrettanto ridicolo nascondere le parole e le cose, al di là di ogni ragionevole dubbio e di tutti gli eventi giudiziari che seguiranno.
A fronte di questi atti sembra evidente che l'ideologia droghi la discussione e manipoli i fatti, che si sia di destra o di sinistra. La considerazione emerge spontanea se confrontiamo le intercettazioni di Mimmo Lucano e le parole del Tribunale della Libertà con le reazioni dell'intellighentia italiana.
Anche se a sinistra, dall'epoca di Tangentopoli, si è delegata la verità alla bocca dei magistrati, questo assioma non tocca chi fa accoglienza agli immigrati, come Lucano. La sinistra ha delegato la verità alla magistratura come se i giudici non siano umani, con i pregi e i difetti di tutti, ma entità superiori, etiche che sanno dirci cosa è bene e cosa è male (quando invece devono solo essere sentinelle della legge).
Ma questo assioma non è valso per Lucano che è stato accolto col tappeto rosso da Fabio Fazio a Che tempo che fa su Rai 1, trattato come una vittima da intellettuali come Roberto Saviano o dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris, difeso dalla giornalista Milena Gabanelli che dice di non aver letto le carte che lo accusano ma che “Lucano almeno ha fatto delle cose, è esemplare quello che ha fatto“.
Il sindaco è diventato un simbolo da portare in ogni programma, kermesse e consesso che si rispetti. Perchè si sa che il sindaco di sinistra deve essere oltre che bravo tecnicamente anche un po' rivoluzionario; deve cioè sapere mettere l'umanità prima della freddezza delle leggi. Ma l'umanità che traspare dalle intercettazioni di Lucano sono ben misera cosa, rispetto a quella che ci si aspetterebbe, neanche degna di coloro che nei valori di sinistra ci credono davvero.
I media italiani, fortemente controllati dall'intellighentia di sinistra, preferiscono invece ripetere i soliti cliquet nel cercare di spostare l'opinione pubblica.
Prima di intervenire forse qualcuno avrebbe fatto meglio a leggere le intercettazioni delle parole di Lucano o la disamina degli inquirenti (ci metterebbero 5 minuti a reperire gli atti giudiziari)? Difficile a dirsi. O forse lo hanno anche fatto e la vedono diversamente. Ma di certo questo modo, che si ripete ogni volta, non aggiunge nulla di buono e di diverso al nostro tempo e a questo Paese, se non la voglia di mantenere il proprio dominio e il proprio potere incontrastato, anche a danno della realtà.
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