Culture

Una notte con Umberto Eco. Di Guido Oldani

Erano i settant’anni del poeta luciano Erba e, con un gruppo di amici passiamo la nottata, fin quasi alle luci dell’alba, sul grande terrazzo del festeggiato, uno dei più arborei di Milano. Umberto Eco è della partita. E’ un brillante memorione e, nonostante l’abbia incontrato non più di tre o quattro volte in vita mia, lui ricorda esattamente che nell’opera omnia di Luciano il mio nome è citato due volte. Ha dell’incredibile, se si aggiunge il fatto che, finita la cena, le bevute di whisky sono davvero copiose. Eco canta a squarciagola “Faccetta nera”.

Qualcuno teme che i vicini possano chiamare la polizia per apologia di fascismo. Eco ci insegna che in un primo tempo il canto diceva “per D’Annunzio e Mussolini eia eia alalà”. Successivamente , per contenere  il risalto della figura del vate, il testo venne modificato in “per Benito e Mussolini”. La congiunzione venne conservata, comportando una irregolarità nella canzone. Eco è lucidissimo e protagonista fino alla fine. Quando ce ne andiamo, tra l’ascensore e la portineria intercorre una rampa di scale curvilinea con i gradini da inoltrare adeguatamente. E’ lì che l’atletico, per altro più anziano di lui , pittore Marco Viggi, già guida alpina e campione di lotta greco-romana, lo sostiene sotto le ascelle come fosse cosa del tutto naturale. Una mescolanza di ricordi che sembrano suffragare l’antico adagio “genio e sregolatezza”.

Guido Oldani