Ai nastri di partenza le Zes, pronte quelle di Napoli-Salerno e di Gioia Tauro
Panaro (Srm): "Un modello che innesca un meccanismo tra il mondo della logistica e dell'industria".
Finalmente possono partire le Zone economiche speciali previste nel Mezzogiorno. Ieri il premier Paolo Gentiloni ha infatti firmato il Dpcm contenente i requisiti per l’attuazione delle Zes previste dal Decreto Sud. Un provvedimento atteso, che prevede procedure burocratiche più snelle ed un credito d’imposta di 50 milioni di euro per quelle imprese che investiranno in quest’area del Paese. Un modello molto diffuso a livello mondiale, che non si è arrestato né durante il periodo della globalizzazione né nel corso della crisi finanziaria degli anni scorsi, tanto che l’impatto economico totale generato ad oggi ammonta ad oltre 68,4 milioni di lavoratori diretti e un valore aggiunto generato dagli scambi di poco più di 850 miliardi di dollari, come riferisce ad Affaritaliani Alessandro Panaro, responsabile Infrastrutture e Maritime economy di Srm, il Centro studi legato ad Intesa Sanpaolo. Le prime due Zes in Italia dovrebbero essere quelle di Napoli-Salerno e Gioia Tauro. Che cosa significa per queste due aree del Mezzogiorno? “Con questo modello si va ad innestare un meccanismo che vedrà collaborare il mondo della logistica e del’industria. Al centro del progetto ci sarà il porto che finalmente diventerà il protagonista e il catalizzatore degli investimenti nel Mezzogiorno. Vale a dire protagonista degli insediamenti imprenditoriali, degli incentivi e delle risorse finanziarie finalizzate a far crescere l’infrastruttura marittima ed il sistema delle imprese che ruota attorno ad essa. Studi e ricerche di Srm hanno infatti mostrato che laddove i tentativi di delimitazione di un territorio a sviluppo incentivato sono stati sempre e solo industriali, hanno finito spesso per non produrre gli effetti economici sperati. La connessione tra le infrastrutture marittime e l’industria si rivela pertanto fondamentale per regioni come Campania, Puglia e Calabria che fanno viaggiare via mare quasi il 50% del loro export. E la Zes è proprio uno strumento al servizio dell’export in quanto riesce a dare alle imprese agevolazioni fiscali, doganali e burocratiche per assicurare al territorio una grande proiezione internazionale”. Che cosa comporterà in pratica? “Da una parte i porti dovranno garantire efficienza e competitività. Dall’altra, le istituzioni dovranno indicare quali sono le facilitazioni burocratiche che metteranno in campo”. Questo modello può realmente funzionare? “Oggi nel Mediterraneo operano già grandi Zes, come TangerMed, quelle turche ed egiziane. Quelle di Napoli-Salerno e di Gioia Tauro dovranno pertanto strutturare il sistema d’incentivi tale da garantire alle imprese il valore aggiunto rispetto a questi grandi competitor”. Sarà fondamentale anche il supporto che sapranno dare le banche? “Certamente. I player bancari dovranno assicurare il necessario supporto finanziario agli investitori privati e pubblici che vorranno localizzarsi in queste aree. Queste potranno diventare strategiche per il Paese solo se ben concepite e strutturate. Il Banco di Napoli ha già messo a disposizione un plafond di 1,5 miliardi di euro per le aziende che presenteranno progetti d’investimento a valere sulle Zes. E’ una sfida soprattutto in vista delle ambizioni che la Cina ed altri Paesi hanno nei confronti del Mediterraneo”.