Economia

Bce, tutte le stime delle banche d'affari sulla fase tre del Qe

di Andrea Deugeni
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Occhi del mercato sulle decisioni di politica monetaria non convenzionale della Bce che riunisce oggi il suo Consiglio direttivo. Tutte le banche d'affari internazionali danno per scontato un taglio dei tassi (già negativi dello 0,30%) sui depositi con cui gli istituti di credito parcheggiano la loro liquidità presso Francoforte e, tranne il colosso britannico Hsbc, anche un aumento degli acquisiti mensili di titoli di Stato dei Paesi dell'Eurozona. Obiettivo: riportare nel medio il tasso d'inflazione vicino o uguale al 2% per far sì che l'economia devi dal pericoloso sentiero della deflazione che non spinge l'economia a acrescere.

Tranne Royal Bank of Scotland e la svizzera Ubs che si aspettano una sforbiciata al deposit rate di almeno 10 punti base (Rbs di 20), Goldman Sachs, Morgan Stanley, Hsbc, Citigroup, Credit Suisse e Barclays danno per certo invece un ritocco minimo all'ingiù dallo 0,30% allo 0,40%. Probabilmente tenendo in considerazione la forte opposizione che il presidente della Bce Mario Draghi ha dovuto fronteggiare nell'ultima settimana dal mondo finanziario tedesco: Allianz e Deutsche Bank, in primis.

Anche sul sul ritmo degli acquisiti mensili, con l'eccezione di Barclays e Hsbc, le big del mondo del credito internazionale ritengono che l'Eurotower porti a compimenti un ulteriore allentamento monetario, con un aumento dell'importo degli acquisti mensili dei titoli di debito dei Paesi membri di Eurolandia, ora di 60 miliardi euro. Per Morgan Stanley e il Credit Suisse, Draghi aggiungerà 20 miliardi di acquisti, 15 secondo Citigroup, dai 10 ai 15 invece secondo Rbs e 10 per Goldman Sachs.

Nessun prolungamento temporale invece per quanto riguarda il periodo degli acquisti, già ritoccato da Francoforte a marzo del 2017. Voce fuori dal coro inveceper la reginetta di Wall Street: Goldman Sachs infatti ritiene che la Bce prolunghi il quantitative easing fino a settembre del 2017. Ovvero di altri sei mesi in più.

"I livelli ancora deboli dell'inflazione, un Mario Draghi di basso profilo e l'aspettativa che la Federal Reserve rimanga ferma al prossimo meeting sulla politica monetaria sono tre fattori che fanno propendere per l'idea che oggi la Banca centrale europea non deluderà i mercati, come invece è successo a dicembre", ha osservato infatti Robin Brooks, strategist di Goldman Sachs, spiegando che il livello dei prezzi nell'Eurozona è ora inferiore rispetto al dato di dicembre, mentre l'indicatore core si sta avvicinando ai minimi dello scorso anno.

Brooks sottolinea inoltre come questa volta Draghi sia stato meno esplicito, a indicare che sta cercando di costruire un consenso da colomba "dietro le quinte". In aggiunta, l'aspettativa di inazione da parte della Fed al prossimo meeting sulla politica monetaria allenta i timori per una discesa dell'euro rispetto al dollaro.

Infine, poco gettonate una nuova asta di liquidità Ltro, data per certa solo da Ubs e Hsbc e una rimozione del minimum bid rate applicato nelle operazioni di variable rate tenders, ossia nei depositi a tasso variabile (finora la Bce remunera un minimo dello 0,05%). Leva che, solo per Barclays, Credit Suisse e Hsbc, Draghi azionerà per aumentare la liquidità potenziale nel sistema.