Economia
Def, Bonometti: "Rdc-Quota 100 al cuneo. Confindustria a un imprenditore vero"
Legge di Bilancio da oltre 29 miliardi, con taglio del cuneo fiscale di 2,5 miliardi: la manovra provocherà quegli "effetti espansivi" che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto di aspettarsi? E la lotta all'evasione genererà i 7 miliardi di coperture finanziarie preventivate? Affaritaliani.it lo ha chiesto all'imprenditore bresciano Marco Bonometti, presidente della Confindustria Lombardia. Che sulla prossima presidenza della confederazione nazionale degli industriali dice: "In Confindustria serve un imprenditore vero e tutte le territoriali della Lombardia sono orientate ad esprimere una candidatura unitaria (in Regione dovrebbero esserci almeno due pretendenti a succedere a Vincenzo Boccia, ndr)”.
L'INTERVISTA
Il Governo Conte ha appena varato la Nota di aggiornamento al Def. Qual è il suo giudizio sull’impatto della prossima legge di Bilancio che si va profilando?“
"Ancora un a volta mi sembra che ci stiamo illudendo di risolvere i soliti problemi. Il taglio del cuneo fiscale doveva essere l’elemento caratterizzante della manovra, elemento che invece non risolverà alcunché”.
Perché?
“E’ una distribuzione a pioggia di soldi pubblici per far credere agli italiani che stiamo facendo qualcosa. In realtà sono misure che non cambieranno la situazione dell’Italia. Considerando l’ammontare del debito pubblico, il governo è perennemente alla ricerca delle risorse. E bisognerebbe avere coraggio”.
Per far cosa?
“Dire che il reddito di cittadinanza è un intervento sbagliato e toglierlo, come Quota 100. Il Governo avrebbe dovuto impiegare tutte le risorse disponibili per tagliare il cuneo fiscale. Altrimenti ci raccontiamo le bugie”.
La convincono le misure d’incentivazione dell’uso delle carte e del cashback per combattere l’evasione fiscale, lotta da cui il governo ha contabilizzato 7 miliardi di futuri introiti anche per neutralizzare le clausole di salvaguardia?
“La lotta all’evasione si fa con le regole chiare e certe che consentono di prevenire e controllare certi comportamenti. Al di là dei costi elevati che i commercianti, la categoria così più penalizzata, dovranno sopportare, l’uso delle carte di credito nel nostro Paese sconta un ritardo culturale rispetto ad altre aree. Quindi, per raccoglierne i frutti sarà necessario innescare un’evoluzione non indifferente. Al di là di questo, è necessario fare delle azioni premianti per chi le utilizza. Aggiungo che il fatto di far pagare delle percentuali per chi utilizza il contante o preleva più di 1.500 euro sono scelte di uno Stato di polizia non liberale”.
Il Mise dovrebbe convocare a breve il tavolo sul settore automotive per affrontare il rallentamento della congiuntura. Siamo in tempo o è troppo tardi?
“Come Confindustria Lombardia, Regione che non si ferma, abbiamo preparato un documento da consegnare al ministro Patuanelli. Sull’auto abbiamo lanciato un tavolo periodico che coinvolge le imprese e le istituzioni dei 4 motori d’Europa: Rhone Alpes, Catalunya, Baden Wuerttemberg e Lombardia. Tavolo che ha deciso di affrontare il problema chiedendo l’elaborazione di un progetto di politica industriale di grande respiro in cui l’impresa deve diventare centrale per le politiche di sviluppo dell’Europa, coagulando su di sè le risorse sia comunitarie sia nazionali in termini di innovazione, di ricerca e formazione. Bisogna poi incentivare le filiere caratteristiche e innovative dell’auto, ridisegnare la mobilità in Europa tenendo conto dei nuovi business e, infine, elaborare un progetto per gestire la transizione fra le vecchie e le nuove tecnologie automotive. In attesa che il Governo si decida, ci siamo mossi perché Italia, Germania, Francia e Spagna hanno gli stessi problemi per quanto riguarda il settore delle quattroruote. Stiamo andando in pressing sul Parlamento europea perché metta l’industria automobilistica in cima alla lista delle proprie priorità”.
Nella scorsa tornata, lei è stato uno dei candidati per la presidenza della Confindustria. Vuole ripresentarsi?
“In Confindustria non ci si candida. La Lombardia vuole esprimere un progetto regionale per portare un imprenditore vero a rappresentare gli interessi dell’industria. Vediamo quello che succederà. Sto coordinando le varie territoriali per arrivare alla stesura di un progetto comune con una strategia condivisa”.
La territoriale della sua città ha candidato il presidente Giuseppe Pasini, ex numero uno di Federacciai e si dice che anche il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi voglia correre per il dopo-Boccia. La Lombardia, dunque, sembra spaccata…
“Tutte le territoriali della Lombardia sono orientate ad esprimere una candidatura unitaria”.
E quindi, come risolvere le divisioni?
“Con il buonsenso e il senso di responsabilità. Oggi l’industria italiana ha bisogno di identità e rappresentanza”.
Lei ha parlato di “imprenditore vero”. Quale potrebbe essere?
“In Italia ci sono tanti bravi imprenditori. Gli industriali sapranno trovare la persona giusta”.
Si aspetta altre candidature in giro per l’Italia?
“Il nostro è un Paese bizantino, quindi non c’è da meravigliarsi se nasceranno altre candidature o verrà fuori qualcuno che ha delle velleità, perché comunque la Confindustria rappresenta un punto di riferimento per l’economia italiana. A questo punto tutti si sentono autorizzati a candidarsi. Voglio sottolineare però che svolgere il ruolo di presidente richiede grande impegno e responsabilità”.
@andreadeugeni