Economia

Il Sud continua la ripresa ma permangono le difficoltà.

Eduardo Cagnazzi

Seppure con lentezza, il Mezzogiorno prosegue la sua risalita. I risultati consolidati negli ultimi due anni e le previsioni per il prossimo sembrano confermare che la ripartenza dell’economia meridionale sta agganciando in maniera stabile quella del resto del Paese, nonostante i numerosi fattori di freno. Come la lentezza del credito erogato alle imprese, l’elevato numero di piccole e piccolissime aziende, la bassa competitività dei territori. I risultati sono tuttavia per molti versi migliori rispetto al resto del Paese e confermano che esistono effettive potenzialità per la progressiva riduzione dei divari. Anche perché le condizioni per una ripresa più robusta, già nel 2018, ci sono tutte, grazie ai recenti provvedimenti per il Sud e all’avvio effettivo dei Programmi 2014-20 da parte delle Regioni meridionali, che stanno creando condizioni di effettivo vantaggio per gli investimenti. Lo conferma il Check Up Mezzogiorno di dicembre, il tradizionale studio elaborato da Confindustria e Srm, Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo), che conferma la tendenza alla crescita con un incremento del Pil superiore all’1% e degli altri indicatori. Oltre al Pil, anche gli investimenti tornano a crescere, spinti da quelli privati e soprattutto da quelli dell’industria in senso stretto che nel solo ultimo anno fanno segnare un aumento del 40% rispetto all’anno precedente. Sebbene non ancora sufficiente per tornare ai valori del 2007, si tratta di un balzo in avanti davvero significativo. La ripartenza si conferma soprattutto nelle mani delle imprese: il numero di quelle attive, nel terzo trimestre del 2017, è aumentato di circa 7mila unità (+0,4%) rispetto allo stesso periodo del 2016, una tendenza ancor più significativa se confrontata con un contemporaneo calo nel resto del Paese (-0,1%). In particolare, prosegue, l’aumento delle società di capitali (+17 mila nel III trimestre 2017 sullo stesso periodo dello scorso anno), ad un ritmo quasi doppio rispetto al Centro-Nord, e al contempo torna ad aumentare per la prima volta la quota di imprese con numero di addetti fra 10 e 49 (+0,2%), due chiari segnali di irrobustimento del tessuto produttivo. Un tessuto che rafforza la sua dinamicità: aumenta il numero delle start up innovative (il 31,1% in più nel II trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), un dato migliore di quello registrato al Centro-Nord (+22,4%), con un trend positivo che riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno. Positivi sono anche i dati relativi alle imprese in rete (ormai quasi 6.000, 1.000 in più nella seconda parte dell’anno), alle imprese giovanili (oltre 252.000 nel 2016, il 41,5% del totale nazionale) e a quelle femminili (oltre 3.000 in più nel solo II trimestre 2017). Un robusto contributo ai segnali di vitalità del sistema produttivo del Sud viene anche dall’export: rispetto al III trimestre dell’anno precedente, le esportazioni delle imprese del Mezzogiorno crescono dell’8,6%, ad un ritmo superiore a quello del Centro-Nord (+7,2%). Ad eccezione dei mezzi di trasporto e degli apparecchi elettrici, crescono le esportazioni di tutti i settori merceologici, con particolare intensità nel caso dei prodotti della raffinazione (+42,9%), dei prodotti chimici (+21,6%) e di quelli farmaceutici (+9,4%). Un significativo apporto ai positivi risultati del tessuto imprenditoriale meridionale viene dal settore turistico, a cui il Check up dedica uno specifico approfondimento. Il 2016 ha visto, infatti, crescere arrivi e presenze dei turisti nelle regioni meridionali (+4,3%, 1 punto e mezzo in più del Centro-Nord). Aumenta in particolare il cosiddetto “export turistico”, ovvero le presenze (+7,8%), e la spesa (+24%) dei turisti stranieri. Alla base di questi risultati positivi ci sono le imprese turistiche meridionali che, pur rappresentando solamente il 25% del totale nazionale (il 20% delle imprese ricettive italiane), costituiscono un comparto dai fondamentali solidi, con oltre 70 mila occupati e due miliardi e mezzo di valore aggiunto, che vede migliorare, in maniera costante a partire dal 2012 la redditività mentre calano l’indebitamento e i conseguenti oneri finanziari. Un settore con un’offerta qualitativamente elevata (gli hotel del segmento 4-5 stelle sono quasi il doppio della media nazionale) e caratterizzato da nicchie importanti, come l’industria termale, che può vantare ¼ dei ricavi di tutta l’industria termale nazionale. Il 2017 si conferma un anno moderatamente positivo anche sul fronte dell’occupazione. Grazie al sostegno del Bonus occupazione, nel Mezzogiorno si sono registrati incrementi percentuali degli occupati superiori a quelli del Centro-Nord, con una crescita, in valore assoluto, di oltre 108 mila unità nel III trimestre 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, pur essendo abbondantemente tornati sopra la soglia dei 6 milioni, gli occupati meridionali sono ancora 230 mila in meno rispetto al picco precrisi. La qualità e l’efficacia del sistema formativo al Sud rimane, però, uno dei fattori critici. E’, infatti, ancora molto elevata la quota di giovani meridionali che non studiano e non lavorano (sono oltre 1mln e 800 mila, quasi il 60% del totale nazionale) e ben 200 mila hanno un diploma di laurea, con un vero e proprio spreco di investimento formativo. Cosicché torna a ampliarsi il divario tra chi prende la residenza al Sud e chi la abbandona, con un saldo negativo di oltre 62 mila unità. Diminuisce, seppur lentamente, l’incidenza della povertà, tranne che per la classe di età tra i 35 e 44 anni, fenomeno che segnala la crescente difficoltà di trovare lavoro per chi non è più giovanissimo ma è ancora lontano dall’età del pensionamento. La percentuale dei cittadini meridionali che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti della propria situazione economica è in crescita (+2%), ma resta pur sempre di 11 punti inferiore alla media nazionale. Permangono le criticità: la lentezza degli investimenti pubblici, l’estrema diversificazione dei territori, un elevato numero di piccole e piccolissime imprese e l’offerta del credito, insufficiente a coprire tutta la domanda.