Economia
Marche, Emilia e Veneto trainano la crescita del Centro-Nord. Indietro il Sud
Le previsioni al 2025 del Rapporto dell'Osservatorio Banche Imprese di Economia e Finanza
Da qui al 2025 il divario economico tra il Mezzogiorno e il resto del Paese aumenterà ancora, ma a ritmi più lenti che nel passato: al Sud il Pil crescerà a tassi dell’1,2% l’anno, contro una media nazionale di 1,4% e l’occupazione solo dello 0,9% contro l’1,1%. Segnali di ripresa verranno soprattutto dai settori del TAC 4.0, rappresentati dal turismo e tecnologia (T), dalla filiera agro-alimentare (A) e da quella della cultura (C) e le regioni più dinamiche dovrebbero risultare il Lazio e le Marche (con una crescita media del Pil che sfiorerà l’1,5% annuo), l’Emilia e Romagna e il Veneto (+1,4% l’anno). In ritardo la Valle d’Aosta. Al Sud invece le regioni più dinamiche saranno la Sardegna, la Campania e la Calabria (+1,3% in media), mentre l’Abruzzo registrerà una crescita di appena l’1% l’anno. Non recupereranno probabilmente i ritmi di crescita pre-crisi gran parte del Nord-Ovest; la costa centro-tirrenica; alcune zone interne dell’Abruzzo e della Campania; la costa occidentale e settentrionale della Sardegna.
Il passaggio a Industria 4.0 invece sarà ancora meno agevole per le micro e piccole imprese non potendo far leva su cospicue risorse finanziarie ed organizzative. Forniscono un quadro ricco di luci ma anche di ombre le stime e le previsioni 2018-2025 dell’Osservatorio Banche Imprese di Economia e Finanza. Secondo l’Obi, il Mezzogiorno crescerà ancora a ritmi di poco inferiori alla media nazionale, ma il gap tra Italia e quest’area del Paese continuerà ad allargarsi, seppure più lentamente. Per gli anni dal 2018 al 2025, l’Osservatorio barese prevede per il Mezzogiorno una crescita del valore aggiunto positiva ma modesta (+1,2% l’anno in media), inferiore di due decimi di punto rispetto alla media nazionale. Nelle altre grandi ripartizioni, il tasso di crescita dovrebbe variare tra l’1,3% del Nord Ovest e l’1,5% del Centro. Al Sud i progressi dovrebbero concentrarsi essenzialmente nell’industria (+1,6% in media, con un picco nell’alimentare), mentre tornerebbe ad essere modesto il contributo dell’agricoltura (+0,7%) dopo il record del 2015 e dei servizi (+1,2%).
Si intravedono finalmente segni di miglioramento anche nelle costruzioni (+1,4%), dopo il crollo subito nel corso della crisi sia dall’edilizia privata che dalle opere pubbliche. Nel Nord-Est la crescita dovrebbe essere guidata invece dall’industria, mentre nel Nord-Ovest, tradizionale cuore industriale del Paese, la produzione manifatturiera dovrebbe aumentare di appena l’1% l’anno. Al Centro è prevista una crescita equilibrata dell’industria e dei servizi. A fronte poi di un aumento medio annuo dell’1,1% dell’occupazione, i posti di lavoro dovrebbero aumentare solo dello 0,9% nel Mezzogiorno, nonostante gli incentivi contributivi comparativamente più generosi previsti dal governo. Performance occupazionali in linea con la media nazionale dovrebbero registrarsi nel resto del paese.
Non c’è ancora una vera politica industriale per la crescita complessiva del Paese.
La bassa crescita del Paese ed il progressivo ridimensionamento dell’economia meridionale non traggono origine, secondo gli analisti dell’Obi, dalla grande recessione del 2007-2008, ma derivano piuttosto dal sostanziale abbandono delle politiche industriali a partire dagli anni Novanta, in concomitanza con l’avvio del risanamento delle finanze pubbliche e l’abbandono delle svalutazioni competitive. Sono dunque necessarie nuove politiche e nuove risorse per rilanciare stabilmente il Paese e il Mezzogiorno.
Secondo l’Osservatorio, le premesse per un nuovo sviluppo necessitano di un adeguato mix di politiche top down e bottom up che puntino a valorizzare le specificità dei territori nel quadro di un sistema economico nazionale ben equilibrato. “In tale prospettiva riferisce ad affaritaliani.it il direttore generale dell’Osservatorio, l’economista Antonio Corvino, si inserisce la diffusione del modello TAC 4.0, che integra quello denominato nei precedenti rapporti TAC 3.0, unitamente alla diffusione della quarta rivoluzione industriale, necessaria per supportare tale modello.
La valorizzazione in termini innovativi dei comparti manifatturieri tradizionali legati al made in Italy e lo sviluppo delle attività legate al territorio e al turismo, all'agricoltura e all'agroindustria, nonché alla cultura e alla creatività , possono rappresentare la frontiera dello sviluppo nel Mezzogiorno, senza ovviamente rinunciare alla razionalizzazione ed al potenziamento dei comparti industriali manifatturieri e di base, a tecnologia avanzata , già presenti nel contesto produttivo meridionale. L'avvio di un programma di sostegno agli investimenti nell'industria 4.0, deciso dal governo con la manovra finanziaria del 2016, ha messo a disposizione risorse importanti ma soprattutto ha indicato percorsi ineludibili per sviluppare la capacità competitiva e sul mercato interno e su quello internazionale. Così come il Masterplan per il Sud può ridare forza e vitalità al tessuto economico meridionale”. La crescita del Paese passa anche per il rilancio del sistema logistico con il recupero dei ritardi accumulati sul versante dei porti e della rete infrastrutturale terrestre, a cominciare da quella ferroviaria.