Nordest motore della ripresa. I piani di Messina, Minali, Benetton e Polegato
Dalle banche alle infrastrutture e dalle assicurazioni alle aziende della moda. A Nordest, si torna a scommette sulla ripresa. Le partite aperte
di Luca Spoldi e
Andrea Deugeni
Banche, assicurazioni, servizi, piccole, medie e grandi imprese: il Nordest ha voglia di lasciarsi definitivamente alle spalle la crisi e ripartire almeno a giudicare dalla ultime notizie che hanno coinvolto alcuni dei nomi più noti sia a livello aziendale sia manageriale. Al di là dei buoni dati macro che arrivano dall'area, da quali mani passa la ripresa del Triveneto? Nel settore finanziario, una partita importante se la giocano in queste ore Philippe Donnet e l'ex Generali Alberto Minali, due manager che fino a gennaio scorso sedevano nella stessa stanza dei bottoni della compagnia di Trieste.
Entro domani, infatti, dovranno giungere al Banco Bpm le offerte vincolanti per un accordo di bancassurance che consenta all’istituto guidato da Giuseppe Castagna di distribuire polizze assicurative, dopo lo scioglimento dei pregressi accordi con Aviva (per il segmento Danni) e Unipol (per il ramo Vita).
A sfidarsi per diventare partner del gruppo veronese-meneghino sono infatti Generali, che farebbe così il suo ritorno nel settore bancassurance da cui è sostanzialmente uscita anni addietro, e Cattolica Assicurazioni, quest’ultima data per favorita insieme al “terzo incomodo”, la francese Covea, già partner per quanto riguarda la rete di sportelli ex Bpm (grazie a un accordo che scadrà nel 2021) e pronta ad estendere la sua intesa a tutto il gruppo. Sempre in ambito finanziario, un altro ruolo importante potrebbe averlo Carlo Messina: il numero uno di Intesa Sanpaolo sarebbe secondo voci disponibile a gestire le posizioni di crediti deteriorati delle ex banche venete Bpvi e Veneto Banca finite alla Sga.
Per quanto riguarda gli incagli, ad esempio, occorre poter concedere nuova liquidità ad aziende in crisi che tuttavia hanno la possibilità, se aiutate, di risollevarsi e rimettere in ordine i propri conti e ripagare i debiti. La “bad bank” guidata da Marina Natale non essendo dotata di licenza bancaria dovrebbe chiedere ex novo le autorizzazioni necessarie, ma la procedura, pur se inizialmente ipotizzata, pare troppo lunga per le necessità delle aziende, così si sta pensando di affidarsi a Intesa Sanpaolo, che come noto ha già rilevato gli asset “sani” delle due ex popolari nordestine.
A proposito di ripresa, i dati che vengono dai gestori autostradali appaiono confortanti. Ogni giorno in media percorrono l’autostrada A4, che unisce Torino a Trieste, 230 mila mezzi pesanti che trasportano merci in buona parte sbarcata nei porti liguri, anche grazie alla capacità che il tessuto imprenditoriale del Nordest ha avuto di mantenersi agganciato alla “locomotiva” europea, l’area che ruota attorno alla Germania (e che comprende Romania, Slovacchia e Slovenia).
Ma la ripresa passa anche per infrastrutture come quelle gestite dal gruppo Save, che gestisce direttamente l’aeroporto Marco Polo di Venezia e controlla l’aeroporto Antonio Canova di Treviso (oltre a detenere partecipazioni rilevanti nell’aeroporto Valerio Catullo di Verona e nell’aeroporto di Charleroi, in Belgio). Su Save è in corso un’Opa a 21 euro per azione finalizzata al delisting del titolo (che tratta pochi centesimi sotto il prezzo dell’offerta) da Piazza Affari, resasi obbligatoria dopo che il controllo è passato dalle mani del tandem Enrico Marchi-Andrea De Vido a quelle della cordata composta dallo stesso Marchi, dai fondi di Deutsche Bank e da Infravia. All’Opa (che si concluderà il 13 ottobre prossimo) hanno deciso di aderire il Comune di Treviso, conferendo il suo 2,21%, e Fondazione di Venezia (col suo 1,53%), che dovrebbe così ricavare una plusvalenza di circa 11 milioni di euro che sarà reinvestita sul territorio, contribuendo all’ulteriore rilancio del Nord Est.
Non ha ancora deciso, invece, se aderire o meno all’Opa Atlantia, la holding dei Benetton che detiene il 100% di Autostrade per l’Italia e il 95,9% di Aeroporti di Roma e che solo lo scorso anno era salita al 21,3% di Save, avendo rilevato per 174 milioni (pari a 14,75 euro per azione) la quota fino a quel momento in mano al fondo Amber (che nel 2012 aveva rilevato per 50 milioni, ovvero 6,4 euro per azione, il 14% di Save ceduto dal Comune di Venezia). Sino ad agosto i Benetton erano sembrati propensi a valutare una contro-Opa, ma poi Atlantia ha preferito concentrarsi sull’Opa su Abertis, un affare da 16,3 miliardi, e colpi di scena sono improbabili.
Semmai la famiglia Benetton, che attraverso Edizione Srl controlla oltre al 30,25% di Atlantia, a Benetton Group, a Maccarese, a Olimpias Group e a Compagnia de Tierras Sud Argentino, anche il 50,1% di Autogrill, il 32,71% di Eurostazioni (che a sua volta controlla il 40% di Grandi Stazioni). In più, ha in portafoglio piccole ma importanti partecipazioni in Mediobanca, Generali, Caltagirone Editore, Il Sole 24 Ore, Banca Leonardo, L Brands, Hermes e Vinci. La potente famiglia di Ponzano Veneto potrebbe tornare a investire, anche nel Nordest, in ottica più da operatore di private equity che da gruppo industriale. Quello che, per intendersi, fa il rampollo Alessandro con la sua 21 Investimenti e per cui i fratelli Benetton hanno chiamato in Edizione a gestire la terza vita (dopo maglioncini, tlc e infrastrutture) della holding i manager Marco Patuano e Fabio Cerchiai.
Un’evoluzione che appare naturale e che trova riscontro in un incremento si operazioni tra cui quelle che hanno riguardato Stefanel, Isoclima o la catena di hotel Boscolo. Chi invece scommette ancora su una crescita anche di tipo industriale è Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente di Geox, impegnato nella riorganizzazione della rete di vendita (10 mila negozi multibrand e 1,141 negozi a insegna Geox in 110 paesi nel mondo) e nell’ammodernamento degli store, in una trentina dei quali già entro fine anno arriverà la possibilità per la clientela di pagare col proprio cellulare o di farsi vedere in negozio solo per ritirare merce scelta e acquistata online.
Il rilancio di Geox passa anche da un nuovo mix produttivo (con uno spazio maggiore per capi di abbigliamento come giacche e giacconi che finora rappresentano solo il 10% del fatturato) e dal rinnovo dello stile delle calzature “che respirano”. Insomma: dalle banche alle infrastrutture, dalle aziende ai grandi investitori, il Nordest è pronto a suonare nuovamente la carica, il resto del mondo (e d’Italia) è avvisato.