Uscire dall'euro? E' veramente possibile? A Mario Draghi sembra difficile
Mario Draghi ha però ammesso per la prima volta che l’euro non è un processo irreversibile
Dopo la riunione della Bce del 19 gennaio scorso, Mario Draghi aveva deciso di mantenere invariata la politica monetaria: tassi bassi (addirittura sono stati confermati allo 0%) e proseguimento del Quantitative Easing, a tutela dell'euro.
Ora Mario Draghi è improvvisamente intervenuto su un altro punto delicato: in risposta ala domanda di due europarlamentari italiani, Marco Valli e Marco Zanni, ha ammesso per la prima volta che l’euro non è un processo irreversibile. Aggiungendo logicamente che c’è un prezzo da pagare, al di là delle possibili turbolenze per un ritorno alla lira: il pagamento da parte dell'Italia di tutti tutti i debiti con la Bce stessa, che ammontano oggi a 312 miliardi di euro.
DRAGHI VORREBBE FARE TUTTO CIO' CHE SERVE PER SALVARE L'EURO
Non dimentichiamo che fu proprio lui, nel luglio 2012 quando tempesta finanziaria infuriava contro l’euro, a pronunciare la storica frase “whatever it takes” promettendo cioè di “fare tutto quello che serve” per salvare l’euro.
Stefano Mastria, imprenditore che si occupa principalmente di trading, in particolare sul forex, ha pubblicato sul suo sito italiaforextrading.com un interessante commento di Giuseppe Briganti a proposito di questo imprevedibile intervento di Mario Draghi: "Senza nominarla direttamente, Mario Draghi ha parlato della lex monetae, ossia della norma internazionale che prevede la ridenominazione dei titoli nella valuta del Paese in cui sono stati emessi, in caso di cambio della moneta.
MA SE L'ITALIA USCISSE DALL'EURO?
In estrema sintesi, se domani l’Italia uscisse dall’euro, i titoli di Stato italiani acquistati dagli stranieri verrebbero denominati in lire. Questa norma però si scontra con la pratica per almeno due motivi.
Uno, l’Italia è in debito con la Bce per 312 miliardi; questo debito però va ripagato in euro e non in lire, in quanto non soggetto alla lex monetae.
Due, i Paesi creditori accetterebbero un'uscita concordata solo a patto che il loro credito non venisse denominato in una valuta diversa dall'euro. Una mossa fisiologica, scontata, dal momento che la nuova valuta andrebbe incontro a una rapida svalutazione nei confronti dell’euro. Probabilmente, i “soldi” verrebbero chiesti prima ancora dell’uscita, come se fossero un lasciapassare. E sono altri 360 miliardi"
La sola Germania vanta un surplus di ben 754,1 miliardi. Sono crediti che le banche tedesche posseggono verso gli altri 18 partner dell’euro, verosimilmente in gran parte verso Italia e Spagna.
QUAL'E' IL MESSAGGIO DI DRAGHI?
E prosegue Giuseppe Briganti: "A parte l’ammissione della reversibilità dell’euro, certamente non scontata, notevole è il messaggio che Mario Draghi ha voluto lanciare a quelli che, attualmente, sono i più grandi nemici del sogno europeo: gli euro-scettici e i falchi tedeschi. Ai primi ha detto chiaramente che uscire è possibile, ma sarebbe un salasso di proporzioni immani. Ai secondi ha consigliato caldamente, per quanto tra le righe, di non tirare la corda. Se continueranno con a loro linea rigida, infatti, soffierebbero sui venti dell’euroscetticismo provocando di fatto un’uscita dell’Italia. Questa non potrebbe certo ripagare in poche settimane centinaia di miliardi di euro di debito, dichiarerebbe default e metterebbe così in crisi il sistema bancario tedesco. Un effetto domino niente male".