Esteri

Guerra Ucraina, rischio secondo fronte nel Pacifico. Le manovre della Cina

di Lorenzo Lamperti

Maxi esercitazione militare di Pechino. Non solo Taiwan, anche Giappone e Filippine in allarme. Xi espande anche la sua influenza sugli stati insulari

La Cina lancia maxi esercitazioni militari nel Pacifico. Incrocio pericoloso con gli Usa

Nelle acque settentrionali si muove la Corea del Nord. In quelle meridionali, invece, si muove la Cina. Il Pacifico è agitato. La guerra in Ucraina sta accelerando una serie di tendenze e il timore di molti è che proprio da Oriente si possa aprire un secondo, pericolosissimo fronte. Un fronte potenzialmente ancora più devastante visto il grado della contesa raggiunto tra Stati Uniti e Cina, con Washington che vede proprio nell'Asia-Pacifico il fulcro dei suoi interessi geostrategici. Forse più che in Ucraina o in Europa orientale.

In queste settimane, giorni, ore, le azioni contrapposte sul Pacifico stanno aumentando. Non c'è solo l'ennesimo test missilistico condotto dalla Corea del Nord. Contestualmente, la Marina cinese ha confermato la conduzione di massicce esercitazioni nel Pacifico Occidentale. Si tratta di maxi manovre militari, le prime in quell'area dall'inizio del 2022, che hanno visto impegnate una mole di forze maggiore del solito.

La portaerei cinese Liaoning ha infatti guidato un gruppo d'attacco imponente, del quale facevano parte cinque cacciatorpedinieri, tra cui un Type 055 (la più potente nave da guerra della marina cinese) così come una fregata e una nave da rifornimento.  La Liaoning è stata avvistata per la prima volta dai giapponesi nel Mar Cinese Orientale, a ovest di Nagasaki, domenica, accompagnata dal cacciatorpediniere Nanchang, il cacciatorpediniere a missili guidati Type 052D Xining, Urumqi e Chengdu, e la nave da rifornimento Type 901 Hulunhu. Il gruppo è stato poi raggiunto dal cacciatorpediniere a missili guidati Type 052C Zhengzhou e dalla fregata Type 054A Xiangtan nelle acque a ovest delle isole contese Senkaku/Diaoyu. La flotta è passata attraverso lo stretto di Miyako tra le isole giapponesi di Okinawa per entrare nel Pacifico occidentale prima di dirigersi verso sud, a non grande distanza da Taiwan e Filippine.

Così la Cina sta rafforzando la sua marina per sfidare gli Usa nel Pacifico

La Liaoning, la prima portaerei della Marina PLA, è stata lanciata nel 2012 come "piattaforma di addestramento" per le truppe per operare tale nave e per le altre navi da guerra per lavorare in un gruppo di attacco di portaerei. Una seconda portaerei cinese, la Shandong, è entrata in servizio attivo nel 2017, mentre una terza è in costruzione e dovrebbe essere lanciata più tardi quest'anno. Per quanto ancora in netto svantaggio, la Cina sta velocizzando l’espansione della sua flotta. Entro fine anno dovrebbe terminare la costruzione della terza portaerei cinese, mentre circolano indiscrezioni si stia già lavorando a una quarta. Ma presto Pechino potrebbe averne in servizio molte di più, dotate peraltro di nuove funzioni d'attacco che aumenterebbero le capacità di invadere Taiwan.

La mossa di Pechino non arriva in un momento banale. Il gruppo d'attacco della portaerei USS Abraham Lincoln è infatti attualmente schierato nel mar delle Filippine. Questo significa che i gruppi di portaerei cinesi e statunitensi non saranno probabilmente troppo lontani l'uno dall'altro. Nelle scorse settimane, peraltro, la tensione su Taiwan è in netto aumento. Negli scorsi giorni si sono svolte le maxi esercitazioni militari annuali di Taiwan. L'esercito di Taipei ha dichiarato di prendere ispirazione dal metodo di resistenza dell'Ucraina per rafforzare le proprie capacità di combattimento asimmetrico. Non solo. Pechino si è infuriata per il nuovo passaggio di una nave militare americana nello Stretto, la seconda del 2022. Per non parlare delle ripetute visite a Taiwan di delegazioni ufficiali statunitensi. 

Cina-Usa, potenziale crisi su Taiwan

Il governo cinese ha lanciato un avvertimento agli Usa: "Se prendiamo Taiwan con la forza non sarebbe un'invasione, esiste una sola Cina". E allo stesso tempo ha avvisato Taipei che se continuerà a comprare armi dagli Usa sarà trascinata in una guerra. Uno scenario a dir poco delicato, nel quale a Taiwan fa discutere il ritardo per la consegna di 40 obici, vale a dire sistemi di artiglieria, da parte di Washington. Il lotto di armi avrebbe dovuto arrivare a Taipei nel 2023, ma non arriverà a Taiwan prima del 2026.

Approvato lo scorso agosto, si tratta del primo carico dell’amministrazione di Joe Biden, e include 1.698 kit di guida di precisione per munizioni, pezzi di ricambio, formazione, stazioni di terra e obici di nuova generazione. Il Dipartimento statunitense ha approvato altre due commesse di armi per l’isola, compreso un contratto di supporto missilistico da 100 milioni di dollari, al fine di rafforzare la sua capacità difensiva e scoraggiare un’invasione da Pechino. I contendenti sembrano voler testare la rispettiva tenuta in merito alle svariate linee rosse strategiche e diplomatiche. 

La Cina proietta la sua influenza nel Pacifico meridionale

La maxi esercitazione militare di Pechino si è basata su un "realistico addestramento al combattimento", come affermato dal portavoce della Marina militare cinese, Gao Xiucheng, che ha definito i test come di "routine" garantendo che la mossa "non è diretta contro alcuna parte". Eppure, i movimenti cinesi nel Pacifico stanno allarmando non solo Taiwan. Anche perché avvengono poco prima dell'insediamento di Yoon Seok-yeol, presidente eletto in Corea del Sud che ha già promesso un riavvicinamento strategico agli Usa che potrebbe irritare profondamente Pechino. E lunedì prossimo si vota nelle Filippine, paese fondamentale per gli equilibri nel Sud-Est asiatico che con Duterte si era molto avvicinato alla Cina ma che ora sembra tornare in orbita americana.

Non solo. Poche settimane fa è stato annunciato un accordo di sicurezza tra Cina e Isole Salomone.  Il documento prevede la possibilità per la marina cinese di visitare i porti delle Isole Salomone per ragioni di logistica, rifornimento e rotazione del personale. Il timore di Stati Uniti e Australia, tradizionale epicentro diplomatico regionale, è che l’accordo possa essere usato per ragioni militari. Compresa la possibile apertura di una base sull’arcipelago. La novità sta avendo molto impatto in particolare a Canberra, dove il premier Scott Morrison rischia addirittura di perdere le elezioni del 21 maggio per le polemiche scaturite dall'accordo.

Il Pacifico è in grande movimento. Non per forza in futuro rispetterà quanto suggerisce il suo nome.

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