Esteri
Israele, il Knesset si 'autoscioglie': a settembre si torna alle urne
Israele, il campo conservatore una maggioranza l'avrebbe avuta, non fosse stato insanabile il dissidio su una legge che obbligava gli ultraortodossi alla leva
"Suicidio di massa politico", lo hanno definito a caldo alcuni giornalisti televisivi subito dopo il voto della mezzanotte che ha formalmente decretato il caos parlamentare israeliano. Sì, perché falliti gli ultimi, disperati, tentativi del premier incaricato Benjamin Netanyahu di mettere insieme una maggioranza di governo, la Knesset in tarda serata ha votato il proprio auto-scioglimento e, contestualmente, la convocazione di nuove elezioni per il 17 settembre. Non sono bastate a Netanyahu le sei settimane che gli erano state concesse per formare una maggioranza di almeno 61 seggi: e così - scaduto il termine ultimo della mezzanotte - per la prima volta nella storia d'Israele la Knesset si autoscioglie ad appena un mese dal proprio insediamento. Sono stati 75 deputati su 120 a votare a favore dell'inedito dispositivo di legge, presentato dallo stesso Likud di Netanyahu, mentre 45 hanno votato contro. Una situazione di stallo che era nata appena chiuse le urne lo scorso 9 aprile, quando il Likud ha conquistato 35 seggi su 120, esattamente lo stesso numero dell'opposizione capitanata da Benny Gantz, ex capo di stato maggiore generale delle forze armate dello Stato ebraico.
In realtà, il campo conservatore, con la somma dei partiti religiosi, una maggioranza l'avrebbe avuta, non fosse stato insanabile il dissidio su una legge volta a obbligare anche gli ultraortodossi al servizio militare. Una norma-simbolo sui cui è stato impossibile trovare un compromesso tra Avigdor Lieberman, leader del partito ultra-nazionalista russofono Yisrael Beitenu, e i partiti religiosi. Anzi, Liebermann ha accusato il premier ad aver "capitolato" di fronte al ricatto delle formazioni ultraortodosse. D'altronde non hanno portato ad alcun esito neanche le offerte di Netanyahu - definite "disperate" dagli osservatori - ai laburisti di entrare nell'esecutivo. Non solo: a quanto aveva scritto Maariv, alcuni esponenti politici israeliani avevano trasmesso al presidente americano Donald Trump la preghiera di contribuire alle pressioni su Lieberman. Lui si era limitato ad un messaggio generico su Twitter sui benefici della sua collaborazione con "Bibi" Netanyahu, messaggio che l'opposizione non ha esitato a definire una "ingerenza" negli affari interni israeliani. Il senso della battaglia di oggi del Likud era quella di evitare che il capo di Stato Reuven Rivlin desse a qualcun altro che non fosse Netanyahu l'incarico di formare il governo. Il premier incaricato, proprio per evitare questa eventualità, che lo lascerebbe 'scoperto' di fronte alle sue beghe giudiziarie (il procuratore generale Avichai Mandelblit ha annunciato l'intenzione di incriminarlo per frode, abuso di fiducia e corruzione in tre casi), da una parte inisteva su Lieberman per strappargli l'agognato compromesso, dall'altra ha fatto presentare la legge per lo scioglimento della Knesset. Determinanti sono stati i due partiti arabi Ra'am-Balad e Hadash-Ta'al: dopo essersi astenuti alla prima votazione di lunedì, avevano fatto sapere che avrebbero potuto sostenere la richiesta di scioglimento del Parlamento nella seconda e terza votazione. E così è stato.