Medicina

Psichiatria: a 40 anni dalla Basaglia, 800.000 italiani in cura ogni anno

La 180, 40 anni dopo. La depressione è il disturbo più frequente e riguarda principalmente le donne. Tra gli uomini invece primeggiano psicosi e alcolismo

di Lorenzo Zacchetti

A 40 anni dalla Legge Basaglia sono oltre 800.000 gli italiani che ogni anno fanno ricorso a cure per disturbi psichiatrici, con un totale di circa 12 milioni di prestazioni sanitarie.

E' quanto emerge dal Rapporto sulla Salute Mentale 2016 del Ministero della Salute, di cui si discute nel convegno in corso presso la sede milanese della Società Psicoanalitica Italiana (SPI),  che ad oggi associa oltre 900 specialisti tra medici chirurghi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e psicoterapeuti, svolgendo attività di formazione e supervisione.

Analizzando i dati, scopriamo che dei pazienti ospedalizzati circa 109.000 vengono reinseriti nella società.

Il disturbo più frequente è la depressione, con 37,5 casi ogni 10.000 abitanti; per una spesa di oltre 338 milioni di euro nell’acquisto di antidepressivi. 

Seguono la schizofrenia e altre psicosi, con un'incidenza di 31,5 casi ogni 10.000 abitanti.

La fascia d’età più colpita è quella tra i 45 e i 54 anni, con 38,5 casi registrati ogni 10.000 abitanti; più bassi invece i tassi registrati per i giovani dai 18 ai 24 anni (8,7 per 10.000 abitanti).

La depressione riguarda principalmente le donne: 28,7 casi ogni 10.000 abitanti contro i 20,8 degli uomini.

Nella popolazione maschile sono invece più diffuse le problematiche collegate ai disturbi psicotici di vario tipo (36,9 casi per 10.000 abitanti contro i 32,8 delle pazienti donne) e all’alcolismo (3,4 contro 2,2).

“Senza alcun dubbio la Legge ha rappresentato un passaggio rivoluzionario, scientifico e culturale, nella concezione della malattia mentale e del malato non più come recluso, ma come ricoverato, migliorandone le condizioni esterne e inserendolo in percorsi terapeutici mirati grazie al supporto di diverse figure professionali per favorirne il reinserimento attivo in società”, sottolinea la Società Psicoanalitica Italiana (SPI).

Molti degli psicoanalisti coinvolti nel convegno erano allora attivi nelle istituzioni, e, sulla base della loro esperienza, sarà possibile delineare le sfide per il futuro, per consentire progetti di inclusione e risocializzazione.